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Venerdì 07 OTTOBRE 2022
Malattia renale cronica. Dall’Università di Firenze una strategia per prevenirla

Ad oggi non esistono strategie efficaci per prevenire la perdita di funzione renale a seguito di danno renale acuto. Una ricerca condotta da un team internazionale, coordinata dall’Università fiorentina e pubblicata su Nature Communications, propone per la prima volta una potenziale terapia per portare una nuova speranza ai pazienti colpiti da danno renale acuto

Il danno renale acuto è una patologia molto frequente ma spesso sottovalutata che colpisce circa l’8% della popolazione mondiale e predispone allo sviluppo di malattia renale cronica.

La malattia renale cronica può portare col tempo ad una progressiva ed irreversibile perdita di funzione renale condannando il paziente alla dialisi o al trapianto di rene. Ad oggi non esistono strategie efficaci per prevenire la perdita di funzione renale a seguito di danno renale acuto.

Un team di ricerca internazionale, coordinato da Paola Romagnani, docente di Nefrologia del Dipartimento di Scienze biomediche, sperimentali e cliniche “Mario Serio” e responsabile della SOD di Nefrologia e Dialisi all’Azienda ospedaliero universitaria Meyer, e dal suo gruppo – in particolare dalle ricercatrici Letizia De Chiara ed Elena Lazzeri -, ha messo a punto una nuova terapia che previene lo sviluppo di malattia renale cronica legata al danno renale acuto.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications con un articolo dal titolo “Tubular cell polyploidy protects from lethal acute kidney injury but promotes consequent chronic kidney disease”.

Il team ha scoperto che, in risposta ad un danno renale acuto, le cellule del rene vanno incontro ad ipertrofia: le cellule aumentano il loro contenuto di DNA parallelamente alle loro dimensioni incrementando la loro capacità funzionale.
Questa risposta adattativa, detta poliploidia, è rapida e necessaria per permettere la sopravvivenza. L’inibizione di questo meccanismo, durante la fase acuta, porta ad un aumento della mortalità legata ad insufficienza renale acuta.

I ricercatori hanno però scoperto che col tempo le cellule poliploidi diventano senescenti promuovendo lo sviluppo di fibrosi, la perdita di funzione renale ed infine la malattia renale cronica.

Lo studio ha tuttavia evidenziato una finestra temporale in cui è possibile intervenire sulla risposta poliploide senza compromettere la sopravvivenza e prevenendo allo stesso tempo lo sviluppo di malattia renale cronica. In particolare il team ha testato diverse strategie e farmaci che agiscano bloccando la continua risposta poliploide e che si sono rivelati efficaci nel prevenire la perdita della funzione renale.

“La scoperta – spiega Paola Romagnani – rivoluziona completamente la visione della risposta adattativa del rene al danno e propone per la prima volta una potenziale terapia che permetta di mantenere la funzione renale residua, portando una nuova speranza ai pazienti colpiti da danno renale acuto”.

Lo studio è stato finanziato con il programma Marie Sklodowska-Curie della European Commission “ROAR” e L’Oréal-Unueco for Women in Science a Letizia De Chiara, con un advanced grant dell’European Research Council “SIMPOSION” e con un PRIN 2017 a Paola Romagnani.

 

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