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Giovedì 06 OTTOBRE 2022
Pnrr. “Ecco cosa fare per non sprecare questa grande opportunità di rilancio per il Ssn”. Il position paper di Asiquas
L’ Associazione Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria e Sociale ha redatto un documento di analisi e proposta sul Pnrr soffermandosi in particolare sugli ambiti di riforma e riorganizzazione della medicina del territorio e dell’ospedale. Nel documento si trattano i diversi ambiti di applicazione del Pnrr e si indicano alcune soluzioni per la sua rapida e corretta attuazione. IL DOCUMENTO.
ASIQUAS, Associazione Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria e Sociale, ha redatto un position paper sul Pnrr sottolineando in primo luogo come il Piano Nazione di Rinascita e Resilienza, “sia una grande e irripetibile occasione per implementare, innovare e riqualificare i servizi sia ospedalieri che della medicina territoriale e le reti di cure primarie, nonché le cure domiciliari in un approccio di integrazione e di “one health””.
Nel suo position paper tratta i diversi ambiti di applicazione del Pnrr e indica alcune soluzioni per la sua rapida e corretta attuazione.
Per l’Associazione ci sono innanzitutto sei possibili obiettivi “immediati” in linea con quanto previsto nel DM 77, attuabili nell’arco di 6 mesi (quindi entro il 2022):
- Programmazione regionale basata sulla coincidenza tra Distretti sociosanitari e Ambiti Territoriali dei Comuni e basata su un approccio “integrato” delle azioni sociali e sanitarie con valorizzazione degli apporti degli enti locali e con l’adozione di strumenti di valutazione multidimensionale dei bisogni dei cittadini e dei pazienti condivisi a livello nazionale e/o almeno regionale;
- Dotare ogni Distretto sociosanitario delle Unità Operative previste dal DM77 e precedentemente nello stesso DM “Balduzzi”;
- Realizzare le Centrali Operative Territoriali – COT, una per ogni Distretto, coordinate e “integrate” con COA, CUP e RECUP;
- Implementare, in coordinamento con le COT, dei Punti Unici di Accesso a carattere Sociale e Sanitario (PUA) in ogni Distretto e, in previsione, presso ogni Casa della Comunità contestualmente alla loro attivazione;
- Creazione di equipe multiprofessionali della medicina territoriale e delle reti di cure primarie a partire dal necessario coinvolgimento delle forme associative strutturate dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta, per far fronte all’attuale carenza di professionisti, con possibilità di valorizzare esperienze innovative di assistenza primaria, multiprofessionali, adatte alle cure di prossimità, attente al proprio territorio.
- Progettare e realizzare percorsi formativi multiprofessionali a livello di ogni Distretto e, dove già attivate, in ogni Casa della Comunità, propedeutici allo sviluppo del lavoro in equipe multiprofessionali, anche avvalendosi di collaborazioni con Università e altre agenzie formative.
ASIQUAS propone che tali obiettivi, già normati, vengano implementati in tutte le Regioni, che il Ministero della Salute ne monitori puntualmente l’attuazione per il tramite della Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) e che, riscontrandone eventuali inadempienze, eserciti i poteri sostitutivi (Articolo 120 della Costituzione).
Asiquas indica poi sottolinea l’importanza di un monitoraggio “indipendente” della attuazione dei modelli previsti nel PNRR (Distretti, COT, Case della Comunità, Ospedali di Comunità, Assistenza Domiciliare) che l’associazione di impegna a svolgere in rapporto con l’Alleanza per le Riforma delle Cure Primarie, Cittadinanzattiva e alcune sedi Universitarie, si impegna a promuovere l’attivazione da subito di un percorso di monitoraggio indipendente pluriennale.
Ci poi altre proposte che Asiquas definisce in “progress” basate sull’expertise di anni di impegno nel campo della qualità delle cure e dei servizi sanitari. “Basandoci sul nostro approccio scientifico – si legge infatti nel position paper - riteniamo che siano prioritari in questa situazione i seguenti quattro temi:
PNRR: uno strumento di cambiamento o di soli investimenti?
- Il PNRR è un’irrepetibile occasione di rinnovamento e qualificazione della sanità nel nostro Paese a condizione che vi sia una volontà politica di ridare centralità alla sanità pubblica come riferimento per la gestione dei servizi a fronte di una analisi in progress dei bisogni di salute della popolazione.
- È necessario affrontare il tema delle risorse umane della sanità e trovare le dotazioni finanziarie adeguate al loro inserimento nei SSR, risolvendo criticità legate al precariato, al lavoro in “outsourcing”, al “conto terzismo” e a tutte le atre forme e contratti “atipici” esistenti in sanità e nel sociosanitario.
- Le dotazioni finanziarie per il SSN e i SSR devono essere riportati, dopo anni di tagli e di ridimensionamenti strutturali e di personale, a importi congrui, tenendo conto anche dei livelli di spesa di altri Paesi UE con cui ci confrontiamo sui livelli di performance dei rispettivi sistemi sanitari, vedi Germania e Francia, che sono oltre l’8% del loro PIL.
- Il PNRR deve essere gestito con trasparenza e con un monitoraggio condiviso tra stakeholder istituzionali e società civile. Bisogna evitare assolutamente che gli investimenti previsti vengano gestiti da soggetti privati profit in una logica di accentuazione delle diseguaglianze sociali e di salute nel Paese.
- Il tema salute richiede policy integrate su ambiente, lavoro, imprese, servizi, clima, agricoltura e ambiente in una logica di “one-health” ormai imprescindibile.
Ospedale e territorio: una separazione impossibile con una necessaria integrazione attorno al paziente
- Centrale è il tema della integrazione trasversale dei servizi ospedalieri, sociosanitari e sociali. La centralità del paziente vuol dire garantire la sua “presa in carico”, la sua “continuità relazionale”, la sua “continuità informativa”. I diversi “setting assistenziali” devono collegarsi e integrarsi tramite PDTA, PAC, PAI e quant’altro utile a garantire la “centralità del paziente”.
- Altri approcci a silos o verticali aumentano la separatezza dell’ospedale e dei territori e impediscono processi di ottimizzazione e di “Lean management”.
- Ospedali a “intensità di cure” possono essere “flessibili e agili” in attività istituzionale e ancor di più a fronte di emergenze pandemiche e/o batteriche e possono dialogare e integrarsi con una sanità territoriale di popolazione, di prossimità e di comunità basata su livelli di “complessità assistenziale”, superando separatezze e incomprensioni.
- Bisogna formare insieme operatori sanitari, sociosanitari e sociali e darsi sistemi comuni di valutazione dei pazienti come “persone” nella loro complessità clinica e sociale.
La realtà dei professionisti: task shifting, formazione (nuovi percorsi universitari), nuove figure.
- Per gestire tutto questo abbiamo bisogno di più medici, più infermieri, più operatori sociosanitari e sociali tornando ad investire sulla loro formazione in base a nuovi profili professionali orientati allo sviluppo delle nuove competenze tecniche e relazionali necessarie per dare gambe al rinnovamento e alla qualificazione del sistema sanitario pubblico.
- È necessario mettere mano ai programmi dei corsi di laurea, in specie di medicina, per aprirli a competenze gestionali di “qualità” e “sicurezza” delle cure in un approccio di multi professionalità e interdisciplinarietà e di lavoro di gruppo in equipe e team “integrati”.
- Occorre ripensare le competenze tecniche e relazionali dei professionisti in un approccio necessariamente di “one health”.
- La centralità della sanità pubblica vuol dire anche costruire percorsi di carriera, attività di aggiornamento e di ricerca, di implementazione digitale e tecnologica, di ridefinizione dei ruoli, delle mansioni, delle competenze garantendo non solo il “turn over” del personale, ma anche il suo sviluppo e la sua qualificazione.
- Bisogna far crescere le motivazioni di scegliere la sanità pubblica ai giovani professionisti ed operatori in una logica di appartenenza ad un sistema riconosciuto e apprezzato dal resto del sistema Paese.
Verso un nuovo paradigma assistenziale: dalla logica dei DRG al Value Based
- I sistemi di valorizzazione delle prestazioni vanno rapidamente cambiati passando dai DRG, che comunque devono basarsi su “costi standard italiani”, verso un approccio “value based” legato ai PDTA, ai PAC, ai PAI e quant’altro possa essere utile “per seguire il percorso del paziente” nei servizi del sistema. Nel nostro SSN, questo implica iniziare a confrontare:
-
- I risultati di salute, outcome clinici,
- “Quanto vale” per il paziente, ad esempio in termini di qualità di vita,
- Le risorse impiegate, gli investimenti e la formazione del capitale umano delle organizzazioni.
- Centralità del paziente diventa, quindi, un paradigma clinico assistenziale, ma anche economico e finanziario. Il paziente deve essere il “centro di costo” del sistema sanitario e per aiutarlo nei suoi bisogni occorre dare “the right things, to the right patient at the right time in the right place, and getting it right first time”. (Freedman 2004).
- Il tutto in un approccio “Prudent Healthcare”, ovvero in grado di:
- Traguardare Salute e Benessere della collettività, dove pazienti e professionisti sono come partner alla pari attraverso la compartecipazione;
- Presa in carico in primo luogo di coloro che hanno maggiori e stringenti bisogni di salute, con efficiente impiego di tutte le abilità e risorse;
- Fare solo ciò che è necessario, né più, né meno, evitando rischi inutili e danni al paziente;
- Ridurre la variabilità ingiustificata e le diseguaglianze nei trattamenti, utilizzando pratiche basate sull'evidenza in modo coerente e trasparente.
- Declinare la centralità della persona, partendo da sperimentazioni mirate, modelli organizzativi, di valutazione e di finanziamento basati sul valore (value based healthcare) può portare a programmare l’allocazione delle risorse in modo utile ed equo, dando nuovo senso e sostanza al nostro “universalismo”.
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