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Mercoledì 07 SETTEMBRE 2022
Psichiatria infantile abbandonata



Gentile Direttore,
qualche giorno or sono ho posto su Quotidiano Sanità il problema del silenzio sulla massiccia delega ai privati nell’ambito della salute mentale. Un’altra questione di cui non si parla è il problema del ricovero dei minori con problemi psichiatrici. Nonostante numerosi documenti, linee di indirizzo e protocolli vari sottolineino la necessità di una particolare attenzione da dedicare agli esordi psichiatrici in età infantile, quest’ambito rimane di fatto un’area con ampi aspetti grigi. A fronte di un incremento delle problematiche, ampiamente indicate già in epoca pre-Covid, molto poco è stato fatto in generale ed anche in tema di degenza.

Il problema della carenza di posti di NPI e la difficoltà nel ricoverare tante situazioni in Pediatria è stato risolto in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome nel 2019 (Rep. Atti n.70/CU del 25 luglio 2019) suggerendo la possibilità di ricoverare negli SPDC degli adulti ”“purché a fronte della presenza di specifiche condizioni strutturali e organizzative aggiuntive”.

Il documento chiariva in una nota quali siano queste condizioni, rimandando a due documenti peraltro di difficile reperibilità, di cui uno prodotto dalla Regione Lombardia che esplicita la possibilità del ricovero in SPDC solo per minori over 16 anni; ed un altro della Regione Toscana che specifica che le condizioni strutturali ed organizzative aggiuntive sono "spazi e personale specificamente dedicati” che fra l’altro vengono individuati solo in taluni SPDC esplicitamente citati nel documento.

Di fatto il documento della Conferenza viene invece considerato un’autorizzazione più generale al ricovero dei minori di qualunque età, una volta che non vi siano posti NPIA disponibili e le Pediatrie non possano accogliere i pazienti, descrivendo in modo molto meno selettive le condizioni aggiuntive. Per quanto riguarda il Veneto poi i reparti di NPI sono in previsione dal 2012, ma di fatto mai attuati con la eccezione di 6 posti, soprattutto per patologie neurologiche, ubicati a Padova e Verona. 

E probabilmente non è la sola Regione in questa situazione. Come troppo spesso accade, è difficile trovare dati precisi ed aggiornati.  Il “Documento di sintesi del Tavolo tecnico Salute Mentale” del 2021 indica che nel 2018 vi sono stati 43.863 ricoveri di minori per motivi psichiatrici di cui solo 13.757 in reparti NPIA, con il 20% ricoverati negli SPDC per adulti. Si tratta di circa 8.800 minori che vengono ricoverati in spazi di fatto senza autorizzazione al ricovero di minori e con personale senza specifiche competenze in materia. Molto spesso le difficili situazioni presenti in reparto e la necessità di protezione confinano il minore in una stanza per tutta la degenza, spesso tutt’altro che breve.  Questo dato peraltro non viene evidenziato nei Report annuali del SISM che indicano solo i ricoveri per maggiorenni.

Il problema si ripropone poi per quanto riguarda la gestione della urgenza al Pronto Soccorso, dove le consulenze neuropsichiatriche sono affidate al neuropsichiatra infantile o in sua assenza allo psichiatra dell’adulto. Considerati però la scarsa diffusione di reparti NPI coperti 24/24 e gli orari limitati di apertura dei servizi territoriali (40 ore settimanali nella migliore delle ipotesi) dove peraltro non vi è sempre la possibilità di un neuropsichiatra pronto correre in Pronto Soccorso, emerge con chiarezza come nell’arco della settimana (168 ore) più di 3/4 del tempo di consulenza sia in genere affidato alla psichiatria dell’adulto che - è bene chiarirlo - non ha poi le specifiche competenze in materia di neuropsichiatra infantile.

Altra area grigia strettamente collegata al problema infanzia-adolescenza è quella della gestione degli esordi entro i 24 anni nell’ambito dei servizi psichiatrici per l’età adulta. Anche su questa problematica sono numerosi i documenti nazionali e regionali, concordi nel sottolineare l’importanza di un intervento intensivo e pluriprofessionale. Ed anche in questo caso il SISM non ci fornisce i dati ed il Ministero si ferma a valutare se le Regioni hanno emanato o meno indicazioni in merito.

Se ricorriamo ai dati del Veneto, in regola con le necessarie indicazioni documentali, quello che emerge è però un intervento sostanzialmente indifferenziato rispetto alle diagnosi e comunque attestato su livelli minimalisti, con una vistosa assenza di interventi a carattere psicoterapico (presente solo nel 66% dei disturbi di personalità e dal 21% al 25% nelle altre diagnosi)  e con una media che, con la eccezione dei DCA, oscilla fra 3,2 e 4,6 interventi all’anno per paziente. Le stesse visite psichiatriche non sono presenti in tutta la utenza degli esordi e comunque, con la eccezione dei disturbi affettivi e dei disturbi di alimentari oscillano fra 2,9 e 4,2 in un anno per paziente all’esordio. Inevitabile porsi dubbi sulla possibilità di attuare quella  particolare attenzione indicata dai documenti di indirizzo.

Quello che soprattutto emerge, come sfondo per i problemi nella Salute Mentale (ma forse non solo per questi) è la frequente esistenza di documenti di programmazione e linee di indirizzo a carattere nazionale e regionale che sembrano seguire un percorso comune: una ampia introduzione teorica, che richiama la importanza del problema e la sua ingravescenza (talvolta senza tuttavia portare dati), una cornice teorica ispirata ai migliori principi della psichiatria di comunità nello spirito della riforma, cui seguono però indicazioni ampiamente slegate da una effettiva realizzabilità, non indicando le risorse necessarie e dove attingerle, rimandandole talvolta ad un qualche futuro o suggerendo quasi sempre la importanza della invarianza della spesa. In genere questi documenti si concludono con le indicazioni per verificare lo stato di attuazione che però non vengono seguite, o i cui dati non vengono comunque resi pubblici. 

Esiste cioè un completo scollamento fra i modelli indicati e le effettive prassi attuate ed attuabili che alla fine lascia i servizi in un pura sopravvivenza del quotidiano.

Credo che sia un aspetto che richieda una riflessione.

Andrea Angelozzi
Psichiatra

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