quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 24 AGOSTO 2022
Mancano i medici? Provate a trattarli meglio e poi magari ne riparliamo



Gentile Direttore,
la notizia riguarda l’annunciato reclutamento di circa 500 medici cubani da parte del Presidente della regione Calabria con l’obiettivo di superare le gravi carenze di organico e garantire la normale attività ospedaliera, quasi che il problema di una sanità pubblica che denuncia pesanti problemi di funzionamento sia dovuto esclusivamente al numero dei medici.

In realtà in Calabria ci sono 388 medici ogni 100.000 abitanti, molti di più rispetto ad altre Regioni. Ad esempio la regione Veneto ne denuncia qualcuno di meno (345) e tuttavia sembra in grado di garantire un migliore funzionamento della sanità pubblica, anche nei confronti di pazienti provenienti da altre regioni, magari proprio dalla Calabria. Sempre a proposito del numero di medici, vale la pena di segnalare che in Sicilia ci sono 441 medici ogni 100.000 abitanti, a fronte dei 372 della Lombardia e dei 425 dell’Emilia Romagna.

E’ evidente allora che la qualità del servizio sanitario non dipende esclusivamente dal numero di medici, al punto che, ragionando su numeri concreti (dati OCSE aggiornati al 10 gennaio 2022; dati Eurostat aggiornati al 31 dicembre 2021), alcune Regioni non sono in grado di garantire una soddisfacente assistenza sanitaria (che comunque i cittadini pagano con le loro tasse) indipendentemente dal numero dei medici.

Un po' come avere a disposizione un esercito sufficientemente numeroso comandato però da ufficiali poco preparati, con una dotazione tecnologica inadeguata, senza alcuno spirito di corpo, privo di motivazione e di coinvolgimento del personale e che magari utilizza il vecchio metodo delle “decimazioni”….D’accordo, la sanità non è un esercito ma comunque in qualsiasi organizzazione di lavoro è difficile ottenere buoni risultati se il personale è demotivato, malpagato, sfruttato sino allo stremo, alla mercé di una burocrazia tanto opprimente quanto eccessiva, preso a legnate dalla “clientela” ed escluso da qualsiasi aspetto decisionale e organizzativo. E però, a fronte della  situazione appena descritta, l’unica giustificazione addotta è la scarsità del numero di operatori, senza che nessuno si ponga il problema del perché di un vero e proprio esodo dei medici dalla sanità pubblica.

Lo scarico delle responsabilità è una vera e propria arte del tutto italiana e tuttavia, alla luce dei dati, forse non tutta la colpa della situazione attuale deve venire attribuita al numero chiuso di Medicina e delle Specializzazioni, anche perchè, se è vero che  l’Italia ha un numero di medici inferiore alla Germania, ne ha invece molti di più rispetto a Francia, Olanda, Belgio.

Sempre da noi la percentuale di specialisti raggiunge uno tra i livelli più elevati tra tutti i  Paesi UE: il 78% dei nostri medici è costituito da specialisti, mentre i medici di medicina  generale sono appena il 18%. Ci troviamo quindi di fronte ad una narrazione non del tutto corretta: i numeri ci raccontano che in realtà i medici ci sono e gli specialisti ci sono. Allora probabilmente il problema non è nel loro numero bensì nell’organizzazione della loro attività, in un contesto, quello delle sanità regionali, sottoposto a pochissimi controlli e scarse verifiche. Tutto il resto è noia, come diceva Franco Califano, uno che di narrazioni se ne intendeva.

Se quindi i medici ci sono e se gli specialisti non mancano, allora si potrebbe allargare il discorso e riflettere anche sulla recente proposta dell’Assessore al Welfare di regione Lombardia a favore di una sperimentazione per utilizzare “Infermieri come supplenti dei medici di famiglia per affrontarne la carenza” oppure sulla contestuale abilitazione delle farmacie per integrare l’attività del medico prevista dal DM 71. Il tutto potrebbe anche servire a porre un temporaneo rimedio alla modestia di una gestione diffusa della sanità pubblica, che però sembra non avere compreso che la mancata valorizzazione del personale, non solo medico, non è certo la maniera migliore per conservare una forza lavoro indispensabile ed evitare le conseguenze di un esodo sempre più preoccupante.  In fondo perché stupirsi delle sempre più numerose dimissioni dei medici dalla sanità pubblica? Provate a trattarli meglio e poi magari ne riparliamo.

Pietro Cavalli
Medico

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA