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Gentile Direttore, La collega ritiene che se l’Ordine avesse difeso il “legittimo” atteggiamento antivaccinale di alcuni medici “qualificati e esperti” avrebbe contribuito a arrestare il declino anzi la disfatta della professione medica. Le carenze di organico, si afferma, sono esplose con queste sospensioni (in realtà una percentuale inferiore al 10%) che avrebbero inciso pesantemente sulla mortalità per Covid. La collega si dispiace che l’Ordine non abbia aperto un dibattito di alto profilo sulle criticità emerse con la pandemia e con la campagna vaccinale cosicché “se l’infermiere svolgerà un’attività surrogatoria della medicina generale oppure bioingegneri e fisici programmatori gestiranno la trasformazione high tech della clinica, quale destino attende la medicina?” La collega, che pur vanta titoli bioetici, elude un’osservazione: può un medico, dal punto di vista etico e scientifico, ignorare il rischio clinico e diminuire la tutela dei pazienti per un’idea personale? Inoltre, tutto si può dire contro la scienza moderna tranne che non vi sia stato un dibattito internazionale di altissimo profilo. I risultati sono pubblicati ovunque e i più importanti organismi scientifici si sono pronunciati. Il vero problema è tutt’altro. Questa decisione governativa è stata gestita malissimo porgendo il fianco a critiche più che giustificate: l’anagrafe vaccinale ha fatto una pessima figura. Era del tutto ovvio affidare al SSN la sanzione prevista per il personale sanitario renitente al vaccino in quanto l’obbligo vaccinale non è altro che un onere di servizio. Chi non si vaccina non può stare a contatto con i pazienti e subirà la sanzione prevista. È una semplice procedura di medicina del lavoro e gli Ordini non c’entrano per nulla. Mentre gli Ordini avrebbero dovuto avere informazioni e giudicare sul piano disciplinare quei medici che sconsigliano di vaccinare e mettono a rischio la salute dei propri pazienti. Insomma con questa procedura improvvida e improvvisata si è impedito agli Ordini di fare il proprio lavoro, la difesa del cittadino attraverso la deontologia professionale. I vaccini sono una delle grandi conquiste della medicina sociale come la potabilizzazione delle acque o l’igiene degli alimenti e non si può difendere i medici renitenti al vaccino a meno di mettere in dubbio la scientificità della pratica medica. Anni fa, proprio a partire da un documento della Federazione degli Ordini, si aprì un grande dibattito che portò alla legge sull’obbligo vaccinale scolastico. Un momento alto della professione che ne sancì il compito: tutelare la salute degli individui e della collettività. A questo punto, tra guerra e pandemia, non mancano gli spunti per una riflessione deontologica che, di fronte a siffatte pseudo difese di una surrettizia libertà, sembra urgente. Antonio Panti
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Mercoledì 06 LUGLIO 2022
Chi non si vaccina non può stare a contatto con i pazienti
ieri su QS è apparsa una tesi assai discutibile. La Dottoressa Becarelli afferma: “aver accettato di infliggere ai colleghi un’ingiusta misura discriminatoria (la sospensione per il rifiuto di vaccinarsi ndr.) ha suscitato il legittimo dissenso di una parte della categoria: ben più pesante responsabilità graverà sugli Ordini se non si arresta l’ingloriosa disfatta della professione”.
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