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Giovedì 30 GIUGNO 2022
Tra le falle del Ccnl la Contrattazione Integrativa aziendale si sfalda
“7 minuti” è un testo di Stefano Massini (vincitore italiano di un Tony Award, unico sinora, del Tony Award) e bel film curato da Michele Placido. La trama ruota intorno ad alcune operaie di una fabbrica che, per ristrutturazione da parte di una multinazionale, per evitare riduzioni di personale, vengono messe di fronte alla aut-aut di rinunciare, tutte loro, a 7 minuti della loro pausa pranzo. Il film si snoda lungo l’iniziale parere favorevole di una solo di loro per arrivare ad un ribaltamento finale: tutte saranno contrarie a tale rinuncia.
La protagonista Bianca (Ottavia Piccolo), infatti, farà notare che “7 minuti sembra niente” ma sommati per il numero giorni lavorati da tutte loro, diventano tantissime ore regalate al datore di lavoro senza alcun vantaggio lavorativo.
Perché la citazione? Anche nella Sanità Pubblica i Medici (e le altre categorie) stanno progressivamente sperimentando cosa vuol dire la perdita, in modo quasi impercettibile, delle garanzie meno visibili del Ccnl. La tattica è quella del “piano inclinato”: a mano a mano si rendono i dipendenti assuefatti e rassegnati, in una prospettiva sempre peggiore della valorizzazione del loro lavoro.
A fronte delle “granitiche” certezze del Contratto Nazionale, la Contrattazione Integrativa Aziendale si sfalda nei mille rivoli delle convenienze, dell’ignoranza contrattuale e della ricerca di settoriali tornaconti di scarso valore aggiunto. La logica del “Divide et Impera” la fa da padrone (è proprio il caso del termine usato...) sia tra le Organizzazioni Sindacali, sia tra gli stessi lavoratori Medici.
Sono tanti gli esempi da fare: il taglio dei minutaggio in entrata ed uscita dal lavoro, per fasce rigide, la decurtazione prefissata della pausa mensa (anche se magari di minor durata e nel rispetto dei 10 minuti della Legge Europea sull’orario di lavoro...), il mancato riconoscimento delle ore lavorate in eccedenza (con ipotesi di interpretazione dell’orario straordinario, talvolta, creative...). Non ultima, la richiesta di un debito orario forfettario e aggiuntivo a coloro che sono destinatari dei quote economiche “Fondo di Perequazione” per la Libera Professione: si tratta di richieste di lavoro aggiuntivo per quote economiche corrisposte per compensare l’oggettiva impossibilità di alcuni Medici di esercitare il diritto alla Libera Professione, per vari motivi, giustificati.
E ciò si verifica nonostante e contro interpretazioni della Aran che esclude la legittimità di questa richiesta, ritenendo la corresponsione delle quote come “indennitaria” e non come valorizzazione salariale o in motivati rilievi alle Aziende di alcune Sezioni della Corte dei Conti.
Sembrerebbe poca cosa, di fronte ai continui “Alti Lai” sullo stato di salute del Ssn e delle condizioni di lavoro dei Medici Pubblici: non lo è e nel modo più assoluto, poiché queste “microstrategie” minano profondamente alla base il calcolo reale e di ampio respiro del fabbisogno di personale, attraverso una rilevazione dei dati ampiamente travisata rispetto alla reale e attuale dotazione organica, peraltro spesso carente per altre ragioni (pensionamenti, turn over, limitazioni di salute, etc...).
Manca una ampia garanzia, nel Contratto Nazionale di Lavoro, che impedisca che su simili situazioni le Singole Aziende possano agire con mano libera e incontrollata, secondo il dogma della unicità decisionale di potere del datore di lavoro. Ciò si verifica spesso e anche come conseguenza di un confronto fra le parti insufficiente, non competente o addirittura nullo e causa di contenziosi legali costosi, sia per le Aziende (e carico della Finanza Pubblica) sia per I Medici: non ha gran senso ridurre corretta gestione del rapporto di lavoro ad una perenne querelle giudiziaria e meno che non si voglia farlo puntando sulla lentezza e sulla gravosità̀ dei costi da sostenere, con debolezza parte dei lavoratori.
Scriveva, amaramente, Giuseppe Prezzolini: “Non è vero, in modo assoluto, che in Italia, non esista giustizia. È invece vero che non bisogna chiederla al giudice, bensì al deputato, al Ministro, al giornalista, all’avvocato influente ecc. La cosa si può trovare: l’indirizzo è sbagliato”.
Appunto: c’è ancora molto lavoro da fare in questo senso.
Vice Presidente Vicario di Federazione Veterinari e Medici (Sindacato dei Medici Italiani) per Regione Lombardia
Segretario Aziendale per FVM presso la ASST del Garda
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