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Lunedì 27 GIUGNO 2022
Pensare al privato con un’ottica di sistema



Gentile Direttore,
non possiamo che condividere le affermazioni di Claudio Maria Maffei quando, coraggiosamente, identifica il DM 70 quale strumento programmatico - e non mero atto amministrativo - per la definizione di standard di qualità e di efficienza. Uno strumento, il DM 70, che se opportunamente strutturato, sarebbe utile a governare, non solo, come riportato dall’autore, l’integrazione tra le componenti di diritto pubblico e di diritto privato del SSN, ma l’intero sistema di identificazione delle strutture chiamate a erogare prestazioni sanitarie di provata efficacia clinica.

Per analizzare di cosa stiamo parlando, tuttavia, occorre partire dalle premesse, ovvero dall’interesse fondamentale tutelato nel nostro ordinamento, che è la salute delle persone: un bene che deve essere garantito a tutti gli individui, in condizioni di equità, qualità, sicurezza e appropriatezza.

L’identificazione delle strutture chiamate a erogare le prestazioni sanitarie in nome e per conto del SSN deve, quindi, rispondere a requisiti di efficacia clinica e terapeutica e di efficienza nell’impiego di risorse pubbliche e non essere, in alcun modo, condizionata dalla natura giuridica dei soggetti erogatori.

In altri termini, nella riflessione in corso si dovrebbe definitivamente superare lo steccato ideologico che vede, genericamente, contrapposti “pubblico e privato”, per arrivare a riconoscere il principio discriminante della qualità dell’assistenza. 

Alla domanda di fondo che pone Maffei - “il privato va messo in condizioni di operare simili a quelle del pubblico?”– la risposta non può che essere

E’ tuttavia opportuno soffermarsi sulla corretta e necessaria identificazione di quei requisiti di partenza, ovvero di quelle regole e di quei vincoli comuni in grado di equiparare la componente di diritto pubblico e quella di diritto privato in termini di potenzialità e, parallelamente, di funzionalità, sempre che la scelta sia quella di optare verso un sistema, realmente concorrenziale, dove la competizione sana - in termini soprattutto qualitativi, ma, inevitabilmente, anche di virtuosa gestione economico-finanziaria - deve, necessariamente, passare per una assimilazione del trattamento economico prestazione-specifico.

Fin quando il sistema di classificazione DRG, assunto come riferimento ai fini della remunerazione dell’attività ospedaliera per acuti, troverà applicazione esclusivamente per le strutture di diritto privato e fin quando non si affronterà il tema dell’inefficienza di alcune strutture di diritto pubblico – stimata per decine di miliardi di euro - e del fenomeno dei ripianamenti di bilancio ex post, sarà difficile realizzare un modello sanitario dove le Regioni, in qualità di soggetti committenti, acquistano le prestazioni, per nome e per conto dei pazienti-utenti, presso gli erogatori con livelli di qualità comparativamente più alti e con una gestione più efficiente delle risorse pubbliche. 

Ma sarà difficile, anche, immaginare il coinvolgimento della componente di diritto privato, nel pieno delle sue potenzialità oggi largamente inespresse, fino a quando la tutela della natura pubblica della proprietà resterà prevalente rispetto alla tutela del diritto alla salute: è sufficiente pensare che per le strutture private accreditate la remunerazione sulla base dei DRG ricomprende non solo i costi di esercizio, ma la stessa spesa per investimenti, centrale nella pianificazione interna di un servizio di qualità e adattivo rispetto all’evoluzione delle conoscenze e competenze cliniche e tecnologiche.

Desidero a questo punto evidenziare come il sistema di rimborso basato sui DRG faccia riferimento, per la definizione delle tariffe, alla tipologia della casistica trattata e del trattamento assistenziale offerto per valutare l’impatto in termini di consumo di risorse e quindi di costi sostenuti dalle strutture per erogare le prestazioni appropriate. 

La supposta selezione di linee produttive più convenienti è, in realtà, l’esito della programmazione regionale, nel momento in cui la Regione sceglie - nei limiti degli attuali e anacronistici vincoli di spesa- di acquistare presso strutture di diritto privato determinate prestazioni, a un valore che è definito ex ante sulla base del costo di produzione e delle risorse, quindi, necessarie a offrire quel determinato trattamento o intervento. 

La seconda parte dell’interrogativo che pone Maffei è incentrata sull’opportunità di coinvolgere la componente di diritto privato nella rete dell’emergenza-urgenza alla stregua delle strutture di diritto pubblico.

Se è vero che il SSN è stato, sin dalla nascita, concepito come composto di due anime, è vero, anche, che la componente di diritto privato e il suo contributo sono stati sempre identificati come apporti di natura compensativa e integrativa rispetto alle strutture di proprietà pubblica e ai servizi da esse erogati.

E’ partendo da questa considerazione che vanno lette le numerose operazioni di rifunzionalizzazione delle reti, determinate, nel corso del tempo, in ambito di programmazione regionale. Operazioni che hanno determinato una riconversione eterodiretta dei posti letto della componente di diritto privato da acuti in post-acuti o residenziali, sulla base di esigenze “di sistema” e non certo imprenditoriali.

Tale impostazione di complementarietà - confermata nel DM70 al paragrafo 2.5 - ha introdotto un equilibrio sistemico che deve essere letto in termini di collaborazione tra le due componenti, che si compenetrano e si compendiano, sfruttando le differenti caratteristiche strutturali e di dotazione delle varie tipologie di strutture sanitarie presenti nei diversi territori. 

Tipologie che – occorre sottolinearlo -, superano la distinzione basata sulla natura giuridica delle strutture, facendo, piuttosto, riferimento a classificazioni ministeriali, a caratteristiche regionali e a specificità strutturali che – per il bene complessivo del Servizio – andrebbero valorizzate e non costrette verso rigidi modelli ospedalieri.

Del resto, gli stessi bisogni di salute dei pazienti sono eterogenei e tali da richiedere modalità assistenziali differenti: l’attività elettiva richiede percorsi ospedalieri clinico-organizzativi diversi rispetto alle prestazioni in emergenza-urgenza, così come le malattie croniche richiedono una risposta assistenziale preferibilmente extra-ospedaliera. 

Di fronte alla realtà delle necessità di cura dei singoli e dei territori, la divaricazione sulla base della natura giuridica viene, quindi, completamente meno, allorquando, guardando al mondo del privato accreditato, prendiamo atto della sua eterogeneità e dell’assoluta assimilabilità - a livello di complessità organizzativa e di coinvolgimento nella rete dell’emergenza-urgenza - ad esempio di policlinici universitari privati o di IRCSS privati.

Non è forse questa la filosofia di fondo che, almeno nelle premesse, accompagna tutto il Dm70 e il correlato Dm71?

Concludo ricordando che - lungi dall’aver avuto uno scarso coinvolgimento durante l’emergenza Covid-19 - le strutture di diritto privato AIOP hanno contribuito, grazie a una forte e importante sinergia con il Ministero della Salute e con tutti i Governi regionali, alla gestione dell’urto pandemico mettendo a disposizione 1.000 posti letto di terapia intensiva e subintensiva e 9.400 posti letto per acuti e post-acuti.

Sottolineo, anzi, che proprio la gestione della crisi pandemica è stata l’esempio più alto, nobile ed efficace della natura solidale del nostro SSN - internamente tra erogatori ed esternamente tra cittadini-utenti -, e della sua capacità adattiva, grazie, anche, a uno stravolgimento completo dell’organizzazione delle strutture di diritto privato, in funzione di esigenze sistemiche e congiunturali.

“Mettere a fattor comune” e “fare fronte comune” sono state le due linee strategiche ed operative che hanno visto la componente di diritto privato del SSN a fianco di quella di diritto pubblico, non solo nella presa in carico di pazienti Covid, ma anche nel decongestionamento delle strutture di diritto pubblico maggiormente colpite dai ciclici picchi emergenziali e nel ridimensionamento del grave impatto pandemico sull’assistenza in emergenza e in elezione dei pazienti non-Covid.

Ottica di sistema, quindi.  Quella stessa ottica di sistema che ha orientato la formulazione delle riflessioni Aiop sugli standard di volume e di esito, i quali coinvolgono le strutture di diritto pubblico in modo almeno altrettanto incisivo di quanto coinvolgano le strutture di diritto privato e dei quali, certamente, non si chiede una applicazione “elastica”, ma ragionata e supportata da evidenze scientifiche, in modo da mettere al primo posto la garanzia e l’equità dell’accesso alle cure, a prescindere dall’area di residenza del paziente.

Barbara Cittadini
Presidente Aiop (Associazione italiana ospedalità privata)

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