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Gentile Direttore, Tuttavia, giova evidenziare come il personale nell’organizzazione sanitaria pubblica rappresenti uno snodo fondamentale sul quale si giocano importanti partite e dal quale dipendano anche le possibilità di successo o meno in termini di salute collettiva. Infatti possiamo affermare che la disponibilità di un numero di professionisti qualitativamente e quantitativamente adeguato garantisce in larga parte la “bontà” del Servizio reso al cittadino. Negli ultimi anni decisioni “miopi” sulla programmazione formativa e una generale scarsa attrattività del settore pubblico (fondamentalmente retributiva) hanno contribuito a delineare una situazione, quasi drammatica, di carenze professionali sia di tipo medico in senso lato sia di tipo specialistico, carenze che sono di ostacolo e impediscono di fatto una gestione “lineare” dei servizi Ospedalieri e Territoriali. In alcune aree specialistiche come quelle dell’Emergenza e dell’Urgenza e ancora della Ginecologia, dell’Anestesiologia, della Psichiatria e storicamente dell’Ortopedia, la possibilità di mantenere équipe adeguate alle reali necessità operative e alle normative è ormai diventato un problema praticamente irrisolvibile. L’Azienda si trova così a dover affrontare chiusure e/o al ridimensionamenti forzati dei Servizi (soprattutto dopo la Pandemia Covid), a ricorrere ad appigli contrattuali e normativi o a rivolgersi a Cooperative di settore. Lungi da me voler intervenire sulla professionalità della singola organizzazione o del singolo professionista, certamente di massimo livello, vorrei però soffermarmi sul “circolo chiuso” verso il quale il sistema sanitario si sta avviando. Infatti è ormai assodato come il ricorso ai professionisti esterni, oltre a generare costi nettamente superiori e ai quali le singole Aziende sono sottoposte, conduce a un impoverimento del concetto di “rete professionale interna” sia del singolo servizio sia a livello aziendale. Entro nel merito con un esempio. Il lavoro del Medico dell’Emergenza non è solo “coprire il turno” ma si compone di diversi elementi come l’integrazione con i reparti, con il territorio, con la conoscenza dell’Azienda e delle sue risorse e possibilità. Conseguenza è la diminuzione di efficienza ed efficacia del servizio reso che va di pari passo al fatto che retribuzioni “diverse” e più vantaggiose per i singoli professionisti portano inevitabilmente a una ulteriore migrazione all’esterno del Servizio Pubblico anche in un settore che mai ha destato particolare interesse nel settore “privato”. Quindi la cosiddetta toppa in questo caso, risulta, a mio avviso, peggiore del buco. Le Direzioni Aziendali sono prese tra due fuochi, da una parte il rischio di interrompere il servizio, dall’altra di entrare nel “circolo” sopradescritto. Urge quindi che politica e comunità si rendano conto che è tempo di avere il “coraggio” di cambiare e di progettare insieme una nuova organizzazione sui territori tenendo conto dell’attuale “status quo” e cioè che ci vorranno almeno quattro/cinque anni per vedere i primi effetti della programmazione formativa. Se l’atteggiamento non sarà responsabile e proattivo inevitabilmente la Sanità Pubblica continuerà a costare sempre di più, a perdere professionisti verso il privato, e in ultima analisi non riuscirà più a fornire “almeno” quelle prestazioni che da sempre garantiscono il sistema universalistico di assistenza. Luigi Carlo Bottaro
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Venerdì 17 GIUGNO 2022
Sempre meno medici nel Servizio Pubblico
gestire la Sanità è da sempre considerata una attività di non facile governo in quanto interconnessa a innumerevoli variabili e criticità che ne condizionano pesantemente l’efficienza operativa. Spesso e volentieri l’integrazione tra pubblico e privato ha dato buona dimostrazione di sinergia operativa, una collaborazione che ha portato indubbiamente anche a risultati significativi per il miglioramento dell’offerta sanitaria.
Direttore Generale Asl 3 Liguria
Presidente Federsanità Liguria
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