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Martedì 10 MAGGIO 2022
Per la sanità arriverà di nuovo il tempo della “micragna” e senza un piano B di riforme sarà la fine

Dopo il pieno di finanziamenti durante la pandemia, con la guerra in corso e lo spettro di una nuova recessione in arrivo non è difficile ipotizzare che per la sanità il gioco del finanziamento al rialzo di Speranza abbia i giorni contati e senza una riforma vera a vincere sarà solo la sanità privata

Vorrei introdurre un concetto, poco usato se non sconosciuto almeno da parte di coloro che scrivono abitualmente su questo giornale  che è “con-significanza”.

Se discorsi diversi  fatti da persone diverse hanno lo stesso significato di fondo allora essi sono con-significanti. Per questa ragione la con-significanza  è un importante criterio empirico di verità.

Personalmente fin dall’inizio sul PNRR ho espresso  un giudizio politico  negativo (QS 26 aprile 2021) prendendo le distanze dai suoi tanti apologeti e dalle loro, almeno per me,  insopportabili semplificazioni.

Ho affermato  che, in realtà, con il PNRR avevamo a che fare  con una politica  fortemente regressiva, quella di una sinistra che non è più di sinistra perché  senza idee,  che nel tempo avremmo pagato a caro prezzo perché dopo una pandemia  rifiutarsi a priori di riformare il sistema per limitarsi, a contraddizioni invarianti, a potenziarlo, avrebbe portato  il nostro sistema sicuramente ad una crisi pubblica per insostenibilità e quindi a dare un altro colpo mortale all’art. 32.

La regressività della sanità ne causa la de-qualificazione favorendone   la privatizzazione. Il privato cresce solo se il sistema pubblico è regressivo.

Torniamo alla con-significanza. Ieri su questo giornale ho letto due interessanti articoli scritti rispettivamente da Fabrizio Starace sullo stato della salute mentale e da Fabrizio Bianchi e Mauro Valiani sui problemi  della prevenzione primaria.

La loro “con-significanza”  pur essendo sanitariamente settori molto diversi è impressionante.

La cosa che mi ha subito colpito è che questi due importanti settori ognuno per proprio conto, in questi anni, per salvarsi dall’ignominia economicistica, hanno tentato entrambi, in competizione con gli altri settori, di trovare protezione attraverso un vincolo di spesa nel tentativo di obbligare  le regioni ad assegnare loro tassativamente  rispettivamente il 5% e il 6% del fondo.

Le cose evidentemente sono andate storte al punto che Fabrizio Starace nel suo articolo parlando di un “cedimento strutturale”  della salute  mentale sollecita con forza   “la necessità di uno straordinario intervento ordinario”. In parole povere perfettamente  in linea con la logica dell’invarianza del PNRR a sistema dato ci dovete dare più soldi.

Dal canto loro sia Bianchi che Valiani, pur sollecitando addirittura un cambio di paradigma, alla fine dicono sostanzialmente la stessa cosa lamentandosi del fatto che sono scomparse le risorse per il potenziamento dei dipartimenti di prevenzione  e che è stato cancellato lo stanziamento di 50.190.000 euro.

A scanso di equivoci dico che sui soldi  neanche io sono disposto a sputarci sopra. So bene  che senza soldi al massimo  si fanno le nozze con i fichi secchi.  Anzi facendo il verso al vecchio  Baumol so bene  che la sanità  è inevitabilmente “cara come suonare Mozart”.

Ma detto ciò e constando che a sistema invariante,  in questa fase, tutti chiedono soldi, quindi tutti sollecitano una crescita della  spesa sanitaria,  per altro già cresciuta in modo abnorme   a causa della pandemia, faccio una semplice domanda tanto a Starace che a Bianchi e a Valliani:   e se i soldi non ci sono che si fa? Cioè oltre il rifinanziamento che chiedete almeno per salvare il salvabile  avete o no un piano B?

Se non ce l’avete preparatevi al peggio cioè preparatevi ad essere seriamente ridimensionati dal teorema assurdo di Speranza che però anche voi  avete accettato senza battere ciglio, sulla possibilità di potenziare il sistema a sistema invariante contando sulla possibilità di un rifinanziamento infinito.

Oggi siamo come dicono gli analisti quasi in recessione e  secondo me il problema politico più grande che ha la sanità si chiama Speranza,  vale a dire un ministro di sinistra che però sulla sanità non ha nessuna strategia efficace all’altezza delle sfide reali e che ci propone  una politica che si basa solo ed esclusivamente sulla possibilità impossibile di  rifinanziare all’infinito  quello che c’è.

Esattamente quello che, in modo con-significante, chiedono Starace, Bianchi e Valliani. Rifinanziare quello che c’è in modo straordinario fregandosene dell’economia e senza ridiscutere l’ordinario.

La difesa dell’ordinario  mi ricorda l’onorevole Grillo cioè un ministro  della salute che parlava di cambiamento  ma priva di una strategia di riforma e convinta alla fine  che per risolvere i problemi della sanità bastava solo agire  sulla leva del finanziamento. Cioè bastava per la salute mentale o per la prevenzione per esempio fissare dei vincoli di allocazione delle risorse.

Il presupposto del potenziamento quindi del rifinanziamento infinito del sistema di Speranza è sbagliato e del tutto implausibile. Esso è semplicemente un modo per spalancare le porte al privato.

Al momento della nascita del governo Draghi scrissi su questo giornale(QS 15 febbraio 2021)  che Speranza  non andava rinominato  perché non era il ministro giusto  né per Draghi né per la sanità. Nessuno fiatò compresi i miei amici con-significanti, compresi i tanti apologeti del PNRR, compresi i tanti guardiani a parole dell’art. 32.

La miopia  di questo ministro e della sinistra che egli rappresenta  la pagheremo cara, ma non solo la sua, anche quella di chi pensa che con una pandemia, una guerra, una recessione economica oggi sia possibile finanziare l’ordinario nelle sue varie forme in modo straordinario e senza dare in cambio nessuna contropartita di cambiamento  di nessun tipo. Cioè a contraddizioni invarianti.

Mi permetto di suggerire ai miei amici con-significanti  di cominciare a porsi il problema di un eventuale piano B.

Datemi retta, presto per la sanità arriverà il tempo della micragna.

Ivan Cavicchi

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