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Venerdì 25 MARZO 2022
Dissezione arteria coronarica: possibile implicazione dei geni del collagene fibrillare
Uno studio USA avanza l’ipotesi che dissezione spontanea dell’arteria coronarica potrebbe essere provocata da mutazioni a carico dei geni che controllano la produzione di collagene fibrillare. I ricercatori hanno identificato – nei pazienti con questa patologia - rare varianti genetiche tra 10 geni del collagene che sarebbero presenti a un livello 17 volte superiore rispetto ad altri 2.506 geni espressi nelle arterie coronarie.
(Reuters Health) – Mutazioni a carico dei geni che controllano la produzione di collagene fibrillare potrebbero essere causa di dissezione spontanea dell’arteria coronarica (SCAD). A suggerirlo è una ricerca pubblicata da JAMA Cardiology e guidata da Mark Lindsay, del Massachusetts General Hospital di Boston (USA).
Il collagene fibrillare è la proteina più abbondante nella matrice extracellulare e dà forma, forza e stabilità ai vasi sanguigni. La SCAD è causata da uno strappo della parete dell’arteria che blocca parzialmente o completamente il flusso sanguigno al cuore e di solito si presenta come un attacco cardiaco. Spesso, però, non viene adeguatamente diagnosticata e si verifica più comunemente in donne sane, sotto i 50 anni.
I ricercatori americani hanno identificato – nei pazienti con SCAD - rare varianti genetiche tra 10 geni del collagene che sarebbero presenti a un livello 17 volte superiore rispetto ad altri 2.506 geni espressi nelle arterie coronarie. Rispetto ai controlli senza SCAD, quelli con SCAD hanno una probabilità 1,75 volte maggiore di essere portatori di varianti del collagene fibrillare.
“I nostri risultati supportano l’uso di test genetici nei pazienti con SCAD e altre dissezioni delle arterie, magari aggiungendo geni in più per alcune isoforme di collagene agli attuali panel di test”, ha affermato Lindsay, secondo il quale è importante “avere informazioni su esoma o genoma tra individui e familiari con disturbi delle dissezioni delle arterie, tra cui SCAD”.
Fonte: JAMA Cardiology
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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