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Venerdì 04 MARZO 2022
Medicina generale. Tutto dipende dal sindacato...
Gentile Direttore,
su QS Proia e Polillo paventano il rischio che la Missione 6 del PNRR faccia la fine della riforma Balduzzi, che doveva introdurre su tutto il territorio nazionale le aggregazioni dei medici di MG, vale a dire quelle funzionali monoprofessionali e le unità complesse multiprofessionali. In realtà solo una minoranza delle regioni ha attivato le AFT mentre la situazione delle UCCP è ancor più carente.
Prima di affrontare il tema è necessaria una premessa concettuale circa l’applicazione delle politiche pubbliche. Due sono i modelli “standard” di implementazione delle decisioni di policy: quello di una riforma “calata dall’alto” con norme applicate in modo “istruttivo” (top down) e la soluzione del cambiamento promosso dal basso per iniziativa degli attori interessati (bottom-up).
Abitualmente i due modelli vengono ritenuti alternativi. In realtà una riforma per avere successo deve innescare un’interazione virtuosa tra il dispositivo normativo e il sistema sociale di implementazione, composto dagli esecutori e dai beneficiari della riforma. La metafora botanica della semina, forse un po’ scontata, può rendere l’idea: anche la migliore semenza non può attecchire su un terreno arido o poco soleggiato e se le radici non trovano nel suolo il necessario alla crescita della pianta.
La vicenda della Balduzzi è un esempio dei limiti del modello top down, che fa riferimento ad una concezione giuridico-formale ancora prevalente, basata sull'idea che per indurre il cambiamento basta produrre un dispositivo legislativo, applicato in modo puntuale dagli “esecutori”, a mo’ di uno spartito musicale. In realtà senza la promozione delle risorse cognitive ed organizzative della base, senza la condivisione del percorso con attuatori e portatori di interessi e senza adeguati finanziamenti la riforma rischia di produrre esiti insoddisfacenti, per quello che viene definito implementation gap tra obiettivi e risultati empirici.
É il caso della Balduzzi, che pretendeva a costo zero di cambiare l'organizzazione territoriale senza un articolato programma di implementazione e di incentivi ad hoc. Ad onor del vero le AFT sono aggregazioni a costo praticamente zero ma con rendimenti potenzialmente elevati in quanto strumento di promozione della comunità professionale e di buone pratiche. Ciononostante le risorse del AFT, nella “filosofia” programmatica della Balduzzi, sono state sotto utilizzate in molte regioni. Analogo è il caso delle UCCP, strutture che necessitano di una governance pubblica di coordinamento della rete interprofessionale che difficilmente può sorgere in modo spontaneo.
Ora il Pnrr garantisce le infrastrutture dove le aggregazioni della Balduzzi potranno esprimere le loro potenzialità rimaste tarpate per il disinteresse di molte amministrazioni. Tuttavia i muri non bastano, come dimostra il naufragio di altri investimenti pubblici, ma possono essere l'occasione per attivare processi di cambiamento che coinvolgano i medici del territorio, specie i giovani, motivati e disponibili al cambiamento, alla sperimentazione di nuove pratiche e collaborazioni professionali. Il dispositivo tecnico normativo privo di un sistema sociale di implementazione è condannato all’inefficacia, come dimostra il decennale impasse della Balduzzi e l’esperienza della PiC in Lombardia. L’altra leva del cambiamento può venire dall’ACN 2016-2018 che finalmente ha recepito le aggregazioni della riforma in un’ottica di professionalismo organizzativo.
Insomma il Pnrr pone le basi infrastrutturali per attuare la “rifondazione” della MG promessa a suo tempo, anche se lo standard demografico delle CdC sembra scoraggiare l’effettiva partecipazione indispensabile per il successo dell’iniziativa. E’ questo il nodo problematico e la principale criticità che potrebbe inficiare il successo della Missione 6. Tuttavia proprio le UCCP potranno colmare lo jato tra le case della comunità hub e gli studi isolati dei MMG nei piccoli comuni, sopperendo alle case spoke di cui non si intravvede a breve la realizzazione per mancanza di finanziamenti, se non nelle regioni già dotate di una solida rete territoriale.
Sta al sindacato cogliere l'occasione e non rimanere ancorato a logiche difensive e alla controparte di proporre programmi condivisi a livello territoriale e non imposti in modo burocratico o gerarchico dal centro, che badano più al controllo del cartellino che alla qualità assistenziale e ai risultati di salute.
Dott. Giuseppe Belleri
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