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Martedì 27 LUGLIO 2010
Quando lo Stato espropria il diritto alla difesa dei creditori

di Antonio Lepre (Magistrato) Il decreto legge n. 78/2010 vieta di intraprendere e proseguire azioni esecutive contro le ASL commissariate. Poche norme come questa rappresentano – a modesto avviso di chi scrive – l’immobilismo culturale italiano, atteso che il suo contenuto è stato proposto in diverse salse da varie maggioranze di diverso colore politico.

Persino la giunta Bassolino tentò in modo rocambolesco di bloccare le azioni contro le ASL e nel corso degli anni proposte simili sono pervenute anche da deputati con solide radici di sinistra. In definitiva, lo Stato espropria i creditori del diritto alla difesa. Anziché far scattare un sano e virtuoso meccanismo democratico e sanzionatorio, si opta per una soluzione francamente ai confini della civiltà giuridica. In una democrazia matura dovrebbero essere gli elettori a pagare – attraverso le tasse – la errata scelta dei loro amministratori; nel contempo, i manager della sanità dovrebbero rispondere di inadempimento contrattuale e i politici farsi giudicare dagli elettori. Infine, dovrebbero scattare meccanismi di responsabilità erariale incisivi e veloci. Invece, saranno i creditori a sopportare il tracollo finanziario delle ASL commissariate, almeno in prima battuta. E’ una vecchia abitudine illiberale del legislatore: a fronte di situazioni di emergenza di finanza pubblica si bloccano i pagamenti oppure si pagano alcuni creditori al posto di altri (ci si riferisce ai c.d. servizi indispensabili degli enti locali). Scelte legislative che – in tutta umiltà giuridica – si ritengono difficilmente compatibili con l’art. 24 Cost., art. 6 CEDU, anche se  hanno sempre ricevuto l’avallo pur se obtorto collo della Corte Cost.
I danni sono enormi: piccole imprese, laboratori di analisi, farmacie chiudono o sono costrette a rivolgersi ad esosissime società di factoring; molti lavoratori perdono il posto, lavorano senza stipendio in attesa che il proprio datore abbia i soldi per pagarli oppure, nella peggiore delle ipotesi, subiscono veri e propri ricatti dai quei (pochi) imprenditori che utilizzano in modo strumentale e prevaricatore  i ritardi nei pagamenti. Infine, i tribunali sono sommersi da ricorsi per decreti ingiuntivi e da contenziosi di notevole complessità.
Non ha, poi, senso dire che l’“esproprio” del diritto di difesa è temporaneo, cioè fino al dicembre 2010: è un tempo sufficiente perché tutti questi effetti distorsivi si producano. E poi, sarebbe bene ricordare che il diritto di difesa è un diritto inviolabile dell’uomo, il che dovrebbe essere di per sé già sufficiente ad impedire norme siffatte, ove veramente esistesse nel nostro paese una reale cultura liberale rispettosa dell’individuo e non ossequiosa verso uno Stato sempre più in affanno per difetti strutturali che non vuole eliminare.

Antonio Lepre

Magistrato

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