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Venerdì 28 GENNAIO 2022
Passaggio a dipendenza dei Mmg: quello che non viene detto

Il discorso sulla medicina di base dice per non dire e la sua più significativa ripartizione è quella che occulta quella parte di verità che non deve emergere: le aspirazioni dei vertici, giuste o sbagliate ma pur sempre legittime, di acquisire uno status sociale e un ruolo che con la medicina non ha più a che fare ma che ha bisogno della medicina liberale per raggiungerlo

La “questione” aperta della medicina di base
Il proliferare di discorsi sul destino della medicina generale, con il coinvolgimento di soggetti non direttamente coinvolti dall’eventuale modifica contrattuale del rapporto di lavoro, è il segno della complessità delle relazioni che il tema sottende.
 
Come inquadrare infatti l’intervento di Cittadinanzattiva, privo di contributi di merito, diversamente da un ribadire quella tradizionale alleanza e a prescindere da tutto con la FIMMG?
Come definire l’entrata in campo della nave ammiraglia della medicina convenzionata, l’ENPAM che, pur di sostenere la posizione dei sindacati contrari alla dipendenza, evoca quadri catastrofici come l’impossibilità di garantire la pensione in essere ai medici.
Esiste in questi discorsi una netta ripartizione di vero/falso o si evoca il potere di verità di quanto risolutamente sostenuto solo per deprivare di plausibilità ogni discorso di segno contrario?
 
Problema antico e per certi versi irrisolvibile perché ogni discorso non mette in luce una verità priva di ombre ma nasce da complessi meccanismi di interdizione che dicono senza dire.
 
Il contratto di lavoro
Abbiamo già sostenuto con Saverio Proia che i contratti sono costrutti sociali; norme e istituti che disciplinano il rapporto di lavoro finalizzandolo al raggiungimento di obbiettivi riconosciuti come validi dal campo istituzionale.
 
Abbiamo anche sostenuto che dovrebbe esistere per tutto il personale che opera nel SSN un unico contratto di filiera, articolato al suo interno in funzione di alcune peculiarità.
 
Il contratto di filiera dovrebbe a mio giudizio essere di dipendenza, ma se qualcuno mi chiedesse se l’idealtipo sia l’attuale contratto in vigore risponderei di no.
 
Il contratto della dipendenza attualmente in vigore ha confinato in un ruolo passivo il personale medico e sanitario; col tempo c’è stato un trasferimento di poteri verso il management che è un ostacolo insormontabile per lo sviluppo di quel general intellect che è il prerequisito per creare innovazione in sanità e implementazione della qualità professionale.
 
Il personale medico e sanitario ha subito un processo di spoliazione di possibilità professionali precipitando nel ruolo del semplice salariato specializzato; piccolo ingranaggio in un’organizzazione del lavoro che lo trascende e lo travolge. Questo dimostra la fuga dagli ospedali e in modo particolare dai reparti dall’area critica.
 
E dunque il contratto dei MMG non può essere un semplicemente riassorbimento in un modello contrattuale che genera bornout in un personale che oramai subisce il rapporto di subordinazione, impropriamente chiamato di dipendenza, come un castigo biblico .
 
Ripartire dagli attori
Un contratto di filiera dunque non può essere la semplice estensione dell’esistente, ma deve nascere ridando centralità, autonomia e dignità alla componente professionale, oggi schiacciata dall’autoritarismo del management delle strutture sanitarie.
 
Il passaggio a dipendenza dei MMG deve essere allora l’apertura di una vera stagione contrattuale in cui si rimuovono le scorie di un sistema che non funziona e che non genera il valore aggiunto derivante dalle reti cliniche botton up fondate sulle relazioni tra strutture e soprattutto tra professionisti.
 
Le contraddizioni non palesate
Chi sostiene il mantenimento del rapporto di convenzione ripartisce il discorso non sulla base dell’antinomia vero/falso ma su quella della titolarità del diritto di parola e della sua interdizione.
E’ titolato a parlare chi di questo sistema detiene il potere con annesse utilità; le vecchie generazioni di MMG che ignorano le esigenze, le speranze e le attese delle giovani; medici oggi sopraffatti dal carico burocratico indotto dal COVID che temono che la riforma in fieri possa peggiorare le loro condizioni di lavoro, non essendo stati coinvolti nel processo decisionale; professionisti, spesso di sesso femminile,  che si sentono emarginati, abbandonati dalle vecchie guardie e che temono di non reggere alla pressione crescente dei pazienti.
 
Per la vecchia guardia invece il mantenimento del regime convenzionale è un generatore di potere che nulla ha a che vedere con il ruolo e la qualità del servizio reso; e che di fatto è indifferente sia nei confronti dei medici giovani che dei pazienti.
 
Il rapporto convenzionale e le sovrastrutture professionali
Il rapporto convenzionale apre le porte alle cariche ordinistiche, quasi tutte in mano dei medici convenzionati, e poi delle sovrastrutture della professione: ideologiche (FNOMCEO) e finanziarie (ENPAM).
 
L’abolizione del regime convenzionale farebbe franare questo bel mondo appannaggio dei medici-fatti, dei ben navigati tra norme e codicilli. In tutto questo, senza fondamento il richiamo ai diritti negati dei cittadini (fatti propri da Cittadinanzattiva) a partire dal rapporto fiduciario che verrebbe annullato dal rapporto di dipendenza.
 
Esattamente il contrario di quanto avevamo proposto in un lavoro collettivo pubblicato tempo fa su QS in cui spiegavamo la compatibilità tra libera scelta e contratto di filiera.
 
Questa è la vera ripartizione nel discorso sulla MMG; l’esclusione delle nuove generazioni da ogni contesto decisionale e la difesa dello status degli “arrivati” ai vertici degli apparati della medicina liberale.
 
Il ruolo delle Regioni e del Ministro Speranza
Un'ulteriore ripartizione, ancora più incomprensibile, quella tra le diverse regioni; una rottura del fronte in cui quella tradizionalmente più statalista l’Emilia Romagna difende il rapporto di lavoro più lontano dalle sue tradizioni centralistiche, quello libero-professionale di tipo convenzionale.
 
Una posizione “controtendenza” di questa regione che del resto non è nuova perché già manifestata dai suoi vertici quando il Ministro Turco propose il modello di Casa della salute.
 
In questo caso odierno l’assonanza è totale con il Ministro Speranza ed è difficile non vedere in questo la linea di continuità politica che lega il ministro ai dirigenti del suo partito che di quella regione sono stati i presidenti.
 
La forza del non detto
Il discorso sulla medicina di base, dunque, dice per non dire e la sua più significativa ripartizione è quella che occulta quella parte di verità che non deve emergere: le aspirazioni dei vertici, giuste o sbagliate ma pur sempre legittime, di acquisire uno status sociale e un ruolo che con la medicina non ha più a che fare ma che ha bisogno della medicina liberale per raggiungerlo.
 
Un esercizio dialettico intorno al quale si rinserrano i ranghi di diversi attori, tradizionalmente tra loro alleati, che così si rafforzano a vicenda nel ruolo di stakeholder.
 
Roberto Polillo

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