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Giovedì 13 GENNAIO 2022
Riforma sanitaria Lombardia. Una petizione popolare per fermarla
Promossa dal Coordinamento lombardo per il diritto alla salute - Campagna Dico 32, la petizione ha raccolto quasi 10 mila firme in 4 giorni. “La sanità lombarda necessita da anni di una revisione profonda”, ma la riforma Moratti/Fontana, per i promotori della petizione, “conferma la deriva rispetto ai principi della riforma sanitaria del 1978, di universalità, l'uguaglianza e l'equità, con un approccio ospedalocentrico e sbilanciato a favore delle strutture private”.
Sono già quasi 10.000 le firme raccolte a quattro giorni dal lancio dalla Petizione al Ministro della Salute affinché blocchi la “non-riforma” sanitaria della Lombardia: “Il riscontro immediato che abbiamo avuto con la nostra petizione ci conferma nella fondatezza delle nostre richieste e delle nostre preoccupazioni sul futuro della sanità lombarda e sul diritto alla salute dei cittadini, soprattutto delle fasce più deboli e svantaggiate: chiediamo che il Ministro Speranza restituisca al mittente la legge regionale 22/21 sulla cosiddetta riforma sanitaria Moratti/Fontana, in quanto in contrasto con le richieste dello stesso Ministro fatte tramite Agenas “, dichiarano in una nota Marco Caldiroli e Angelo Barbato a nome del Coordinamento Lombardo per il diritto alla salute – Campagna Dico 32, che hanno promosso la petizione
“La sanità lombarda - sottolineano Marco Caldiroli e Angelo Barbato - necessita da anni di una revisione profonda, per le ragioni da tempo denunciate, e che la pandemia ha fatto esplodere, con gravi conseguenze che tutti stiamo pagando". Occorre, per Caldiroli e Barbato, "disporne una revisione sostanziale: occorre ribaltare il modello proposto, che penalizza gravemente le fasce più deboli della popolazione i redditi più bassi”. Tuttavia la legge approvata, per i promotori della petizione, conferma “la deriva lombarda rispetto ai principi della riforma sanitaria del 1978, di universalità, l'uguaglianza e l'equità, con un approccio ospedalocentrico e sbilanciato a favore delle strutture private. Un modello definito “eccellente” ma fallimentare nell’affrontare la pandemia e nell’incrementare le lista d’attesa per chi non può pagare di tasca propria i servizi. Insistere su questa direzione, facendo finta di accogliere le indicazioni del PNRR sulla medicina territoriale, è un cattivo esempio per tutte le altre regioni : mostra dove potrà portare la “autonomia regionale differenziata”.
Le proposte del Coordinamento sono “un forte governo pubblico della sanità con una chiara programmazione; la medicina territoriale organizzata in bacini d’utenza limitati per rispondere in modo mirato ai problemi di salute dando priorità alla prevenzione della malattia e garantendo la partecipazione della cittadinanza; le Case e gli Ospedali di Comunità devono essere esclusivamente pubblici e finalizzati a risultati reali di salute e non su utili economici; le liste d’attesa devono essere trasparenti e il loro contenimento un obiettivo primario anche attraverso l’assunzione straordinaria di personale presso le strutture pubbliche; la libera professione all’interno delle strutture pubbliche va eliminata; le RSA devono essere parte integrante del servizio sanitario nazionale”.
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