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Lunedì 03 GENNAIO 2022
Parlare ancora di Dad mi fa rabbrividire
Sono certamente stati fatti degli interventi, ma a distanza di due anni possiamo dire che chiunque ne abbia necessità ha a disposizione dispositivi e connessione? Ogni alunno ha l’opportunità di accedere alle lezioni a prescindere dal luogo dell’Italia in cui vive? Io non credo proprio, e quindi penso che sarebbe un enorme discriminazione culturale e sociale proporre nuovamente la dad
Anche solo sentir parlare di dad per gli scolari mi fa rabbrividire, e che il ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi affermi che a decidere sarà il Consiglio dei ministri e non lui, che è titolare di quel dicastero, mi fa arrabbiare. I ragazzi hanno bisogno, il più possibile, di una pseudo normalità, di uscire di casa, di andare a scuola non solo per apprendere ma per tessere le relazioni sociali che si generano all’interno della scuola di qualsiasi grado.
Dall’inizio della pandemia, da quando eravamo tutti chiusi in casa, la dad ha fatto emergere quelle diseguaglianze che erano state ignorate fino ad allora, che si conoscevano bene ma rispetto alle quai si andava ipocritamente oltre, senza che vi fosse alcuna politica pubblica mirata a ridurre il divario tra famiglie che avevano connessioni di rete eccellenti e quelle che non ne avevano proprio, tra chi poteva contare su un pc per componente famigliare e chi doveva utilizzare uno smartphone. Il nostro paese era già in ritardo rispetto alla rivoluzione digitale, e la pandemia ha evidenziato come solo l’élite abbia potuto far fronte alle necessità della didattica a distanza.
Sono certamente stati fatti degli interventi, ma a distanza di due anni possiamo dire che chiunque ne abbia necessità ha a disposizione dispositivi e connessione? Ogni alunno ha l’opportunità di accedere alle lezioni a prescindere dal luogo dell’Italia in cui vive? Io non credo proprio, e quindi penso che sarebbe un enorme discriminazione culturale e sociale proporre nuovamente la dad.
I genitori attendono con preoccupazione di conoscere quale decisione verrà presa in proposito, perché l’organizzazione familiare è sempre complessa. Chi resterà a casa per accudire i ragazzi, soprattutto i più piccoli? Sappiamo che le donne hanno pagato un prezzo alto in questa pandemia: su di loro hanno pesato licenziamenti o rinunce d’impiego e non credo che in futuro le cose andranno diversamente. Questo è avvilente, e c’è da scommettere che saranno ancora una volta loro a doversi occupare dei ragazzi in casa.
Dopo due anni dall’inizio della pandemia la sensazione è che non sia cambiato nulla, ma non è così, o almeno non lo è in tutti i settori, basti pensare ai vaccini che sono e saranno la nostra ancora di salvezza - ascolto con noia i molti che si lamentano continuamente perché, pur consapevole che il lamento sia parte dell’essere umano, è evidente che abbiamo uno strumento di difesa, e che dobbiamo usarlo -, ma proprio perché non siamo all’inizio della pandemia non possiamo tornare a usare strumenti restrittivi come la dad perché se così accadesse allora sì, in questo senso non sarebbe cambiato nulla e ostacoleremmo un cambiamento positivo. Non siamo nella stessa condizione di due anni fa, devono essere prese decisioni che si adeguano al tempo che stiamo vivendo.
Il Covid ci accompagnerà ancora per alcuni anni e non possiamo affrontarlo così, perché si rischierebbe di incorrere a continue chiusure coi relativi effetti collaterali di gestione. E sui vaccini: guai a chi voglia imporlo obbligatorio ai bimbi tra i sei e i dodici, prima si obblighino gli adulti e poi si apra la discussione sui più piccoli.
Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge
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