quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Giovedì 09 DICEMBRE 2021
Cara compianta guardia medica…
Gentile Direttore,
che saremmo arrivati al punto di chiudere servizi essenziali come la Guardia Medica o gli ambulatori di Medicina del Territorio era evidentissimo già da almeno cinque anni fa. Quando lo scrivevo in tempi passati, non era una molesta profezia o la sclerotica litania del mio essere quasi pensionato davanti all’ennesimo cantiere di lavori pubblici, era la constatazione amara ed evidentissima di quanta disaffezione c’era, allora come adesso, per la Sanità Pubblica da parte dei governi e, con maggior mio malessere, da parte della mia Azienda.
Sottolineo che l’aspetto più amaro di questa vicenda, è aver scritto a chiare lettere che si andava verso lo sfacelo dell’assistenza sul territorio ed essere stato non solo inascoltato, ma anche verbalmente redarguito dai piani alti dell’allora direzione, per quella denuncia pubblica.
Tre anni fa, chiedevo per i medici che lavorano in montagna il riconoscimento di una indennità di disagio per far fronte alle maggiori spese sostenute dai colleghi che devono affrontare le mille difficoltà della montagna: riscaldamento, dotazioni per ghiaccio, neve, gestione di più ambulatori per una popolazione dispersa su tanti piccoli comuni, contributi che non ci avrebbero penalizzato rispetto ai colleghi della pianura, in quella occasione mi era stato risposto che tale indennità di disagio sarebbe stata riconosciuta solo per poche zone disagiatissime. In sostanza, l’Azienda ha messo in campo dei distinguo: paghiamo di più i medici scalognatissimi, quelli scalognati e basta, si arrangino.
Profetizzavo che a queste condizioni nessun collega avrebbe voluto entrare nel girone dei dannati, sia pure con l’elegante distinzione tra sfigati al cubo e sfigati al quadrato. La Montagna si sarebbe spopolata nel giro di pochi anni, di medici e servizi, soprattutto. Non era una previsione di alto spessore socio-economico ma la semplice constatazione dei conti della serva: se in pianura mi pagano lo stesso stipendio e spendo meno e non rischio la pelle ogni volta che mi sposto in macchina su piste da bob, vado in pianura. La Montagna è bella, splendida per i turisti, una disgrazia per chi deve lavorare con qualsiasi condizione meteo. Saluti e baci, vado in pianura.
Se poi i medici sono già scarsi per la schizofrenica strategia dello Stato che continua a tenere le Facoltà di Medicina a numero chiuso, ecco servita una frittata maestosa con tanti chef, tutti amministrativi del governo e locali. Teste fine che fanno i conti a tavolino senza aver visto un sentiero di montagna in vita loro e senza conoscere nemmeno di striscio la realtà dell’assistenza del territorio.
Ancora più raccapricciante è l’ipocrisia di tutti quelli che hanno indicato la medicina del territorio come elemento fondamentale, come ha tristemente evidenziato la pandemia, per poi abbandonare ogni iniziativa di aiuto e riforma, pensando di gabbare il Santo, passata la Festa.
La Regione Veneto, a nome di Zaia aveva promesso mille euro di premio ai medici di base che avevano innestato la baionetta contro il Covid. Qualcuno ha visto un euro? Non è la pecunia l’argomento centrale ma semplicemente la dimostrazione che dai piani alti si continua a ignorare cosa si fa in trincea.
Per carità, non battiamoci il petto ogni giorno gridando allo scandalo per servizi che gettano la spugna, prima o poi i nodi vengono al pettine ma chissà perché, tocca sempre ai cittadini pagarne le spese, dopo aver pagato anche le tasse. Sulle porte degli ambulatori non ci sarà scritto chiuso per ferie ma semplicemente: il medico si è stancato delle ciaspe, è andato alle Bahamas a fare surf…, costa meno.
Enzo Bozza
Medico di base a Vodo di Cadore
© RIPRODUZIONE RISERVATA