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22 LUGLIO 2012
A Washington la 19ª International Aids Conference. Ecco i temi e le aspettative 

Al via l'edizione 2012. Parola d’ordine: procedere uniti. Gli sforzi, che siano volti nella direzione della prevenzione, del trattamento dei sintomi, o della ricerca di una cura definitiva, vanno fatti a livello globale. Ecco le idee che verranno discusse nel corso della più importante convention mondiale sull'Aids.

“Turning the tide together”, ovvero “Invertiamo la marea insieme” è lo slogan di quest’anno, che accompagnerà la XIX International Aids Conference, il più grande e partecipato convegno internazionale  su Hiv e Aids, che per l’edizione 2012 si svolgerà a Washington dal 22 al 27 luglio. Il significato del tema scelto è immediato: tanto è stato fatto nel trattamento della malattia e nella prevenzione dal contagio, ma per cambiare il corso della lotta alla patologia e sconfiggerla definitivamente istituzioni, centri di ricerca e società devono lavorare in maniera coordinata. Ecco perché se da una parte si deve continuare per la via già intrapresa, molti accarezzano l’idea di riuscire finalmente a trovare una cura definitiva all’Aids/Hiv.
 
Prevenzione e trattamento
In particolare, l’attenzione dell’evento sarà rivolta allo sviluppo di nuove strategie per la diffusione dei farmaci antiretrovirali, capaci di ridurre significativamente la trasmissione del virus. “Ogni anno oltre un milione di nuovi pazienti, che provengono sia da stati ricchi che poveri, iniziano a prendere gli antiretrovirali”, ha commentato Margaret Chan, direttore generale dell’Oms. “Ma per ogni persona che inizia il trattamento, altre due vengono infettate: per sconfiggere definitivamente l’Aids dobbiamo lavorare tutti insieme per cambiare questo. In particolare oggi abbiamo prova che le stesse medicine che usiamo per salvare la vita delle persone sieropositive e mantenerle in salute per quanto possibile, possono essere usate per evitare che queste trasmettano il virus, limitando le probabilità che questo accada”. L’anno scorso, infatti, uno studio internazionale ha dimostrato come gli stessi antiretrovirali riescano a limitare la trasmissione dell’Hiv ai partner sani di persone sieropositive addirittura del 96%. Per l’importanza di questa scoperta, la ricerca è stata anche eletta da Science come studio dell’anno per il 2011.
 
“Quando i pazienti assumono i farmaci, i livelli di virus nel sangue diminuiscono, tanto che è più improbabile che riesca a trasmettersi da persona a persona”, ha spiegato Gottfried Hirnshall, direttore dell’Hiv Department all’Oms. “Se riuscissimo a raggiungere con gli antiretrovirali più persone sieropositive e riuscissimo a mantenerli sotto trattamento, potremmo dunque ridurre i contagi”. Per raggiungere questo obiettivo, l’Oms ha già alcune idee: lo sviluppo di nuove linee guida specifiche per le coppie cosiddette “sierodiscordanti”, ovvero in cui un partner è infetto e l’altro/a no; la diffusione delle pratiche attualmente in uso per la prevenzione del contagio da madre a figlio durante gravidanza o parto; la discussione della possibilità di fornire i farmaci antiretrovirali alle persone sieropositive prima che la conta dei loro linfociti T scenda sotto il livello di guardia, come invece si fa al momento.
Tutte iniziative che vanno però nella direzione di aumentare il numero di persone da trattare con i farmaci, e dunque nella direzione di aumentare i costi, si direbbe. Invece, l’Oms assicura che a fronte di una spesa maggiore a breve termine, i benefici economici di un trattamento precoce potrebbero ripagare entro appena 10 anni.
 
E la cura?
Nel frattempo però, sebbene la discussione su come ottimizzare l’uso degli antiretrovirali sia importante, alcuni scienziati pensano ad un approccio diverso. “Lo sviluppo della terapia antiretrovirale contro l'Hiv è stato sicuramente uno dei più grandi risultati della medicina moderna. Tuttavia, oggi meno della metà delle persone che necessitano di questo trattamento vi hanno accesso, spesso le medicine salva-vita hanno effetti collaterali pesanti, e in più devono essere prese quotidianamente perché funzionino, senza contare che il virus può sviluppare resistenze”. Parole di Françoise Barré-Sinoussi, presidente eletta dell'International Aids Society che promuove la conferenza, scritte in un commento su Nature insieme a Steven Deeks della University of California di San Francisco. E allora la soluzione non può essere che cercare una cura definitiva.

Una sfida che la società internazionale lancerà proprio a Washington, dove verrà presentata un’agenda piuttosto ambiziosa per i prossimi anni di ricerca. Tra le priorità, ad esempio, c’è quella di determinare il meccanismo che permette la latenza del virus nell'organismo e quello di controllo naturale dell'infezione osservato in alcuni pazienti, i cosiddetti élite controllers, nei quali, pur presente, il virus è naturalmente controllato dall'organismo e il rischio di progressione e trasmissione dell'infezione è minimo. Ma anche: sviluppare test per misurare la persistenza dell'infezione; sperimentare strategie terapeutiche per eliminare l'infezione latente; trovare metodi per migliorare la capacità dell'organismo colpito di controllare la replicazione virale. 
Di nuovo, il problema potrebbe essere economico. “È chiaro che molte più risorse, forse centinaia di milioni di dollari annui, saranno necessari per trovare una cura. Questi finanziamenti però non possono essere tolti ad altri ambiti di ricerca prioritari come lo sviluppo di un vaccino o programmi di trattamenti salvavita che sono già sotto finanziati", scrive ancora Barré-Sinoussi su Nature, oltre agli oltre venti miliardi di dollari ogni anno almeno fino al 2020 per aumentare l'accesso alla terapia antiretrovirale e diminuire il numero di nuove infezioni nei paesi a basso e medio reddito, come da programma Oms. Finanziamenti che potrebbero forse arrivare da fondazioni private o dai governi come quelli della Cina, dell'India e del Brasile, che in questi anni fanno fronte ad un aumento dei contagi.
 
Cosa ci aspetta per il futuro
Sicuramente il lavoro da fare è molto, e come ricorda correttamente lo slogan 2012 la strada va percorsa a livello globale. “Le nuove strategie di intervento devono avere le loro fondamenta nella ricerca scientifica e nell’esperienza di lavoro delle diverse”, ha ricordato Hirnschall. “Ma oltre alla risoluzione di problemi come il rifornimento di farmaci a tutti i paesi che ne hanno bisogno, in modo che arrivino a tutte le persone sieropositive, perché si abbia il massimo impatto sull’epidemia una delle chiavi è la comunicazione: dobbiamo saper spiegare quando, come e dove usare i farmaci antiretrovirali”.
 
Un lavoro complicato, così come quello per la cura definitiva, che non è detto porterà a breve alla risoluzione del problema Hiv/Aids. "Le barriere che ci separano da una cura definitiva per l'Hiv sono reali e potrebbero rivelarsi insormontabili", concludono anche Françoise Barré-Sinoussi e Steven Deeks nel loro commento su Nature. "È responsabilità anche delle organizzazioni internazionali incoraggiare e rendere possibile la ricerca in questa area. Ma tutto questo deve essere fatto senza creare false promesse".  
 
Laura Berardi

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