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Giovedì 02 DICEMBRE 2021
Malattie sessualmente trasmissibili, a Torino accesso ai servizi sempre più difficile



Gentile Direttore,
il 1° dicembre ricorre la giornata internazionale della lotta all’AIDS e alle Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST). La cura e la diagnosi delle IST si accompagnano ancora oggi a pregiudizi e paure, purtroppo non solo da parte della popolazione generale, ma anche da parte degli operatori sanitari e di chi amministra risorse e mette in piedi i servizi sanitari.
La pandemia ha peggiorato ulteriormente la situazione: i servizi, già provati da tagli al personale, blocco delle assunzione e riduzione delle risorse, si sono visti sottrarre quel poco che rimaneva per l’emergenza Covid.

Gli ospedali specialistici sono stati improvvisamente sommersi dai casi Covid, che hanno a fatica mantenuto le cure per i pazienti già noti e presi in carico ma, di fatto, sono mancate tutte le energie economiche, di tempo, di formazione e professionalità destinate a prevenzione e alla diagnosi precoce di nuovi casi.

È nota, in letteratura, la difficoltà della popolazione generale ad accedere ai servizi dedicati alla salute sessuale, anche quando questi servizi garantiscono accesso diretto e facilitato. Da inizio pandemia in poi, da più parti, ci segnalano come l’accesso ai servizi di salute sessuale sia diventato una vera e propria corsa a ostacoli, in barba a tutte le acquisizioni scientifiche e lotte politiche degli ultimi decenni, orientate a una sempre maggiore attenzione a diagnosi precoce e campagne di prevenzione.

A Torino nel 2019 i “vecchi” centri dedicati alla salute sessuale sono stati centralizzati nel nuovo Centro Multidisciplinare per la Salute Sessuale - Ce.Mu.Ss. La solita retorica di efficienza delle risorse e di centralizzazione nasconde in realtà personale non più sufficiente a coprire le precedenti sedi. Un numero ridotto di medici specialisti (infettivologi, dermatologi e ginecologi) ma anche mediatori culturali, assistenti sociali, psicologi, infermieri e altre figure professionali e volontarie per rispondere alle esigenze di salute di tutta la città di Torino e provincia.

La realtà che ci viene segnalata da diversi nostri pazienti e che anche alcuni di noi hanno sperimentato direttamente, sia come professionisti che accompagnano i propri pazienti nei percorsi di salute, sia come utenti del servizio, è che da quando esiste il Ce.Mu.Ss. le modalità di accesso sono meno inclusive, meno facile ottenere appuntamenti per screening (si passa attraverso una segreteria telefonica, la mail non è presente sul sito e il sito della regione piemonte dedicato ai centri di salute sessuale - perlasalutesessuale.it - non risulta ancora aggiornato).

L’arrivo della pandemia ha complicato ulteriormente le cose. Durante il primo lockdown è stato praticamente impossibile ottenere appuntamenti, anche se con contatti a rischio o se sintomatici. è seguito, poi, un momento di relativa apertura: chiamando il servizio (o i vecchi servizi, seguendo le informazioni del sito regionale dedicato alla salute sessuale) si veniva indirizzati a una segreteria telefonica. Il messaggio invita a prendere appuntamento chiamando in una stretta fascia oraria giornaliera, poco compatibile con impegni di studio o lavoro. Abbiamo sperimentato e ci è stato segnalato da più parti che, anche nelle fasce orarie indicate e con le modalità indicate, è stato finora impossibile prendere appuntamento, trovando il telefono perennemente occupato o, secondo alcuni, staccato - e nelle altre fasce orarie il solito messaggio in segreteria.

Continuiamo a denunciare da anni l’attacco alla salute delle persone che passa dai tagli, dalla carenza cronica di spazi, risorse e personale formato. Si continua a lavorare in perenne emergenza, soprattutto nei campi di minore interesse politico e minore interesse per il privato / privato convenzionato (consultori, medicina delle dipendenze, medicina del benessere sessuale…). In questa visione miope ci si limita a tamponare i sintomi quando sono evidenti, ma c’è pochissimo spazio per diagnosi precoce e politiche sanitarie di prevenzione, ritenute forse poco remunerative o di scarso interesse sociale.

Ad esempio, in Italia siamo anni luce indietro rispetto al counseling per l’eventuale prescrizione del protocollo di terapia preventiva HIV PreP o di campagne vaccinali epatite.
Chiediamo che la situazione cambi, nel nostro territorio come in tutta Italia. I servizi di salute sessuale devono essere aperti, devono intercettare bisogni sanitari e psicosociali e devono lavorare non solo sulla cura dei sintomatici, ma anche sulla prevenzione e l’educazione sessuale.

Chi si cura di te? - Torino

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