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Mercoledì 01 DICEMBRE 2021
Infermieri & C. La Svizzera corre e noi fermi



Gentile Direttore,
quanto si vede concretizzarsi oggi negli scenari d’oltralpe per le “Cure infermieristiche” è uno scenario che in linea di principio risulta assai simile a quello qui ipotizzato quasi un anno fa. La casualità vuole anche si sia nel medesimo periodo dell’anno e quindi con una nuova legge di bilancio alle porte, su cui è iniziato il classico confronto tra le forze politiche, con ben 6.290 emendamenti che vedremo ridimensionarsi, anche questa volta, in modo forse sorprendente.
 
Ciò che invece non sorprende affatto è che, malgrado quanto (un po’ vanamente) recitato nell’ultimo CCNL sanità in tema di riconoscimento e valorizzazione: della professionalità, delle competenze avanzate, nonché del possesso del titolo di laurea magistrale specialistica, le informazioni al momento disponibili riguardo le principali misure previste in ambito socio sanitario, anche malgrado i tanti miliardi di euro stanziati per il PNRR, sembrano non annoverare nulla di nemmeno confrontabile, neanche ad un livello propedeutico, con quanto validato dal dispositivo Elvetico.
 
Ciò che invece dovrebbe sorprenderci è che da una parte il livello legislativo Italiano per le professioni sanitarie, se confrontato con quello d’oltralpe, sembra decisamente avanzato: con professionisti laureati e non più diplomati, con specifici dispositivi normativi che inquadrano il campo di azione e responsabilità e con Ordini professionali che nell’esercizio della tutela dei propri rappresentati possono svolgere compiti amministrativi in nome e per conto dello Stato; ma dall’altra che comunque permangano forti limiti ad un concreto sviluppo delle professioni non mediche; limiti già inquadrati lo scorso anno, pure non esaustivamente, con le denominate “anacronistiche farse” dello scenario socio-politico Italiano già a più riprese descritte, che quindi qui possiamo dispensarci dal riproporre noiosamente.
 
A tutto ciò si aggiunge la meraviglia che anche la classe politica Italiana ha già in passato espresso – diversamente da quella Confederativa-Cantonale – un orientamento bipartisan favorevole, soprattutto a riguardo dell’esercizio della libera professione da parte del personale sanitario di cui alla l. 43/06, dipendente da amministrazioni pubbliche (Ssn).
 
Cosa manca allora in Italia, per poter essere i primi precursori di un progresso ritenuto dai più scontato, che invece dobbiamo guardare realizzarsi altrove, dove forse i presupposti nemmeno erano all’altezza di quanto pure in Italia riusciamo – ma solo a chiacchiere – a professare?
 
Sicuramente il semplice – e per questo geniale, nella sua pragmaticità – dispositivo del “Decreto federale” che ci consente di estrapolare gli elementi di base che vanno effettivamente a creare quella «pari dignità» cui ipotizzavamo l’anno scorso:
1. L’adeguata remunerazione;
2.Un impiego conforme alla formazione e competenze (segnatamente per i laureati magistrali);
3.L’esercizio libero-professionale (sia intra che extra moenia).
 
Il tutto trasversalmente: sia nell’ambito pubblico che privato.
Ciò cui gli Svizzeri non hanno pensato – che invece noi annoveravamo – è di indirizzare il provvedimento non ai soli infermieri, ma a tutte le professioni sanitarie non mediche.
 
Un ultimo rimando, da dedicare in particolare alla FNO TSRM PSTRP ed al governo, sarebbe la risoluzione di quel “su prescrizione medica” che in Italia ancora continua a discriminare – caso unico – i professionisti TSRM, su cui negli ultimi 20 anni si è accanita una produzione normativa che in nome di una pur legittima e per nulla in discussione radioprotezione, ha operato una mera dequalificazione professionale.
 
Un anno fa immaginai una legge di iniziativa popolare per cercare di espugnare uno dei soliti muri di gomma che in Italia siamo bravissimi a costruire; di fatto qualcuno si era anche ispirato a quella visione; ma della raccolta delle firme necessarie a concretizzare quell’idea ancora, dopo un anno, nulla si è visto; quello strumento necessita di una seria organizzazione degli stessi stakeholder, che a quanto pare non sono riusciti ad avvantaggiarsi nemmeno di un suggerimento che invece altrove sta funzionando benissimo ed anche a dispetto delle condizioni politiche.
 
Quindi mentre nella vicina Svizzera si opera un autentico governo delle professioni sanitarie, in Italia non stiamo assistendo alla contrapposizione di un moto popolare che asfalta la “farsa politica” ma ad una farsa popolare che si sta uniformemente aggiungendo a quella politica.
 
Se alla Svizzera serviranno solo quattro anni per la messa in atto della legge, sembra che per l’Italia l’iter sarà ben più lungo.
 
Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale

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