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Martedì 20 DICEMBRE 2016
"In Italia sono 58 mila gli apparecchi obsoleti. Solo il 30% ha meno di 10 anni"

Hanno in media più di dieci anni di vita le apparecchiature di diagnostica per immagini e di elettromedicina degli ospedali italiani. Un’età troppo avanzata che fa piazzare l’Italia in vetta alla classifica europea delle strumentazioni obsolete: in Francia, Danimarca e Svezia 7 apparecchi su 10 hanno meno di cinque anni, in Italia le soglie si invertono con solo il 30% di angiografi sotto questa soglia di età. Questa situazione riguarda risonanze magnetiche, PET, TAC, angiografi, mammografi, ventilatori per anestesia e terapia intensiva che insieme costituiscono una dotazione di circa 58mila apparecchiature.
Questi sono alcuni dei dati che emergono dal nuovo Rapporto sullo stato di obsolescenza del parco istallato di diagnostica per immagini e da quello sull’elettromedicina in Italia, entrambi curati dal Centro studi di Assobiomedica, presentati nell’ambito della IX Conferenza nazionale dei dispositivi medici.

“Su 100.000 apparecchiature censite – ha dichiarato Marco Campione, Presidente dell’Associazione Elettromedicali di Assobiomedica - circa il 60% sono obsolete, avendo superato notevolmente la soglia di adeguatezza tecnologica con costi di gestione enormi che potrebbero essere abbattuti, sostituendole gradualmente con tecnologie di ultima generazione. Si tratta di apparecchiature meno sicure, con qualità clinica diagnostico-terapeutica al limite dell’appropriatezza. Abbiamo troppe apparecchiature, troppo vecchie e troppo poco usate. È indifferibile un’azione urgente d’investimento su tecnologie innovative a fronte di un disinvestimento di quelle obsolete, che sono ben 58.000 in Italia”.

“Lo si può fare con tariffe modulate – ha concluso Marco Campione - come nel caso di successo della Francia che da anni prevede meccanismi di rimborso variabili delle prestazioni, che penalizzano pesantemente e progressivamente l’utilizzo di apparecchiature oltre le soglie di vetustà stabilite, incentivando l’adozione dell’innovazione tecnologica. Lo si può fare con leve fiscali, come avviene con successo da anni nel Regno Unito, dove si applica un’aliquota IVA agevolata. Lo si può fare con leggi ad hoc come avviene in Italia con successo da molti anni in altri settori, prevedendo ad esempio di incentivare la ‘rottamazione’ dell’obsoleto a fronte dell’acquisto del nuovo. Lo si può fare con strumenti moderni di acquisizione come ‘Managed Equipment Services’, come avviene con successo da anni nella maggior parte dei Paesi anglosassoni e di quelli del Nord Europa. Questi sono solo alcuni ingredienti di una ricetta necessaria per una cura shock che si deve mettere in pista da subito a invarianza di bilancio”.
 

 

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