quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Giovedì 22 OTTOBRE 2015
La ricerca in Italia tra successo e criticità
“Nella ricerca manca in Italia, a differenza di molti Stati, una cabina di regia di tipo strategico. Pensiamo agli Usa dove Obama ha deciso di portare avanti una strategia sulle biotecnologie”.
A fare il punto su elementi di forza e criticità di Ricerca&Sviluppo in Italia è Andrea Lenzi, presidente del Cun, a margine del Convegno “Il valore della ricerca, la creazione di opportunità. Pubblico e privato uniti per la ricerca made in Italy” organizzato a Catania da Ely Lilli.
“La ricerca italiana è quantitativamente significativa e apprezzata a livello internazionale – ha detto – siamo ottavi al mondo per numero di pubblicazioni scientifiche e la media di citazioni ottenute da questi lavori è comparabile a quella di Germania e Francia, ed è particolarmente elevata nelle aree dell’ingegneria e della medicina. E i ricercatori italiani sono un asset di grande valore”.
Ma quante sono le persone impiegate in attività di R&S? Secondo emersi nel corso dell’evento nella città siciliana, sono più di 240mila, un numero troppo basso rispetto al fabbisogno e al confronto europeo, ma in crescita del 5,3% (2012 su 2011, dati Istat 2014). I ricercatori, e gli investimenti pubblici in ricerca in generale, si distinguono per una produttività molto superiore alla media degli altri Paesi, espressa sia in termini di quantità di pubblicazioni scientifiche che di citazioni ricevute.
Inoltre le piccole e medie imprese italiane sono tra le più innovative d’Europa: la percentuale delle Pmi che hanno introdotto innovazioni di prodotto e di processo, o innovazioni strategiche e organizzative è superiore alle media UE e il contributo alla bilancia commerciale delle esportazioni di prodotti a media e ad alta tecnologia è superiore alla media Ue.
Ma non mancano anche punti di debolezza, è basso il rapporto tra spesa per Ricerca e Sviluppo e Pil: nel 2012 la spesa R&S è stata di 20,5 miliardi di euro (+1,9% rispetto al 2011), ed è pari all’1,26% del Pil, lontano dall’obiettivo italiano del 1,53% e dall’obiettivo Eu del 3% entro il 2020.
È inoltre particolarmente bassa la spesa R&S delle imprese, che investono lo 0,68% del Pil contro una media Eu dell’1,27%.
E ancora - secondo i dati Istat 2014, Report ricerca e sviluppo e quelli della Commissione europea 2015 Innovation Union scoreboard - è limitata la presenza di ricercatori, soprattutto nel privato: in Italia, nel 2011, si rilevano 4 addetti alla R&S ogni mille abitanti (nel 2010 erano 3,7) rispetto ad una media europea di 5,3. Quasi il 60% dei ricercatori è nel settore pubblico, solo il 37% è impiegato in imprese. E la quota di laureati sulla popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni (21,7%) rivela un forte ritardo nazionale rispetto alla media europea (35,8%.
È bassa l’attrattività internazionale di studenti, ricercatori e investimenti privati in R&S: in Italia è presente solo il 2% degli studenti stranieri che decidono di studiare all’estero e il 24,2% della spesa italiana in R&S delle imprese arriva da multinazionali straniere, con un calo significativo negli ultimi cinque anni (-3,8% dal 2007 al 2012).
© RIPRODUZIONE RISERVATA