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04 OTTOBRE 2015
Liberalizzazione farmaci fascia C. Dagli sconti di Storace, alle liberalizzazioni di Monti e Bersani. Bilancio e prospettive

Il tema dei farmaci di Fascia C con ricetta è tornato al centro dell’attenzione a pochi giorni dal voto in Aula alla Camera sugli emendamenti all’articolo 32 del disegno di legge sulla concorrenza che ne chiedono la libera vendita, anche al di fuori della farmacia. Prima di esaminare le tesi a favore e quelle contrarie alla liberalizzazione di questo settore, passiamo in rassegna gli interventi normativi più significativi succedutisi in questi ultimi dieci anni, dagli sconti di Storace, passando per le lenzuolate di Bersani fino agli ultimi provvedimenti di Monti e Balduzzi.

Il Decreto Storace interveniva su un aspetto relativo alla determinazione del prezzo. Il prezzo fissato dai produttori sui medicinali senza obbligo di prescrizione medica (Sop) e sui farmaci di automedicazione diventava il prezzo massimo di vendita al pubblico e su quello le farmacie pubbliche e private potevano operare uno sconto fino al 20%. Lo sconto poteva variare da medicinale a medicinale e doveva essere applicato a tutti i clienti della farmacia.

Il Decreto Bersani (le famose ‘lenzuolate’) ha invece apportato una profonda modifica alla normativa riguardante la distribuzione dei farmaci dispensabili senza obbligo di prescrizione medica, consentendo l’attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica anche al di fuori delle farmacie, previa comunicazione al Ministero della Salute e alla Regione in cui ha sede l’esercizio. La vendita doveva essere in ogni caso effettuata alla presenza e con l’assistenza di un farmacista iscritto all’ordine. Infine, la determinazione dello sconto praticabile rispetto al prezzo diventava libera e, quindi, non più vincolata a un massimo del 20%.

A queste misure, più di recente, si è aggiunto anche il Decreto Salva Italia attuato dal Governo Monti, che ha allargato la possibilità di praticare liberamente sconti sui prezzi al pubblico su tutti i medicinali di fascia C, quindi anche per quelli soggetti a ricetta medica (C-op), purché tali sconti siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e siano praticati a tutti gli acquirenti.

Infine, con il Decreto Cresci Italia, tale possibilità è stata poi estesa a tutti i prodotti e medicinali venduti in farmacia e pagati direttamente dai clienti (quindi anche medicinali di fascia A purché venduti in regime privato), dandone adeguata preventiva informazione alla clientela e praticando le medesime condizioni a tutti gli acquirenti.
 
Non è invece a tutt’oggi consentito:
- realizzare sistemi di fidelizzazione dei clienti che comportino discriminazioni fra gli stessi nell’applicazione degli sconti sull’acquisto dei farmaci (es. carte di fedeltà);
- applicare alla vendita di farmaci modalità promozionali quali la vendita “3x2” (cfr nota Ministero della Salute 23.2.2012- circolare federale 7930).
 
Questo dunque il quadro normativo. Quanto alle prese di posizione sull’esistenza o meno di possibili vantaggi per il cittadino di un allargamento delle liberalizzazioni anche ai farmaci soggetti a ricetta medica, sono queste le tesi più accreditate.

L’analisi dell’Aifa: "Con le libearlizzazioni i cittadini non hanno risparmiato, anzi la spesa è aumentata"
L’Agenzia del farmaco ha di recente pubblicato un’analisi nella quale, partendo dal 2006, anno di emanazione del cosiddetto “Decreto Bersani”, viene passato sotto la lente d’ingrandimento l’andamento dei consumi e dei prezzi dei farmaci di fascia C fino ad oggi. Per l’Ente regolatorio dal 2006 al 2010 si sono registrati consumi totali stabili. Successivamente, “probabilmente per effetto della crisi economica, il consumo (ma non i costi) di questi medicinali ha visto una progressiva flessione fino al 2013, attestandosi ad una riduzione dell'11,5%, rispetto al 2006”, scrive l’Aifa.
“Tale contrazione dei consumi rispetto al 2006 ha riguardato in particolare i medicinali di fascia C con ricetta medica, dispensati esclusivamente attraverso le farmacie aperte al pubblico (-15,7% vs. 2006). Al contrario, la riduzione dei consumi dei Sop/Otc (medicinali da banco e di fascia senza ricetta medica), dispensabili anche attraverso le parafarmacie e la Gdo, è stata più contenuta (-7,4%), probabilmente, sia per effetto dell'ampliamento del numero dei punti di dispensazione di questi medicinali legati al Decreto Bersani, sia per gli effetti del Decreto del Ministero della Salute 18 aprile 2012 (Attuazione delle disposizioni dell’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sulla vendita dei medicinali previsti dall’articolo 8, comma 10, lettera c) , della legge 24 dicembre 1993, n. 537) che ha riclassificato da C-RR in C-Sop (senza obbligo di ricetta) diverse specialità medicinali”, si legge nel documento.

Per l’Agenzia del farmaco dunque “gli effetti di tali provvedimenti di liberalizzazione in realtà non sembrerebbero aver portato alcun vantaggio ai pazienti, a parte la comodità di avere una più facile disponibilità di punti vendita che però potenzialmente li espone alle conseguenze di consumare più farmaci che non sono una merce simile a qualunque altra. Non vi sono stati risparmi per i cittadini visto che la spesa a loro carico ha avuto una crescita del +2,2% dal 2006 al 2013. In altri termini, a fronte di un paziente che per effetto della crisi tendeva a contrarre il volume dei propri acquisti di medicinali di fascia C, il sistema produttivo e distributivo ha ‘compensato’ sfruttando la nota attitudine al consumo del mondo occidentale con un costante incremento dei prezzi di questi medicinali”.

“In realtà, se l'obiettivo della liberalizzazione della vendita dei medicinali di fascia C-Sop/Otc era quello di rappresentare un vantaggio per i pazienti, con una riduzione dei prezzi tramite una vera concorrenza e un complessivo risparmio a loro vantaggio, i dati obiettivi e certificati evidenziano il completo fallimento di tale presupposto, perlomeno nel settore dell'assistenza farmaceutica. Infatti l'effetto economico di provvedimenti, nell'intento pro-concorrenziali, ha paradossalmente determinato un complessivo aggravio per i cittadini di circa 200 milioni di euro (2.298 vs. 2.094, pari a +9,7% nel 2013 vs. 2006), nonostante la contrazione dei consumi”, spiega nell’analisi l’Aifa che così conclude: “Tale scenario non ha caratterizzato i medicinali di fascia C con ricetta che, oltre ad aver subito una rilevante riduzione del consumo (soprattutto dopo il 2012, ovvero dopo la riclassificazione da DM 18 aprile 2012), hanno avuto anche una contrazione della spesa a carico del cittadino del -3%”.
 
L’analisi di Reforming.it: "Con la fascia C con ricetta fuori dalle farmacie risparmi possibili da 450 a 890 milioni di euro"
Di tutt’altro tenore, invece, l’analisi sui potenziali vantaggi a favore dei cittadini che deriverebbero dalla libera vendita dei farmaci con ricetta medica elaborata da Nicola Salerno (Reforming.it)
In questo studio Salerno fotografa in prima battuta la situazione riguardante i canali distributivi. A quasi dieci anni dalla riforma “Bersani” che ha permesso la vendita dei prodotti Sop (senza obbligo di ricetta ) nelle parafarmacie e nella Gdo (Grande distribuzione), oltre il 90% del mercato, sia in volumi che in valori, continua a passare per il canale delle farmacie tradizionali. Sui Sop non da automedicazione (i Sop non appartenenti alla sottocategoria degli Otc ossia i cosiddetti prodotti da banco o di automedicazione), nel 2013 le farmacie hanno coperto il 93% delle vendite in volumi e il 94,5 in valore. Sugli Otc le percentuali si riducono un po’ ma restano sempre preponderanti: poco meno di 91% in volumi e poco meno di 92% in valore.
 
Il secondo canale per importanza, anche se ben staccato dalla distribuzione tradizionale, è quello delle parafarmacie: sui Sop-non-Otc le parafarmacie hanno realizzato una quota di mercato pari a 4,5% in volumi e 4% in valore, che sugli Otc diventano, rispettivamente, poco meno di 5,6% e quasi 5,4%.
 
È rimasto circoscritto e sotto le attese l’impegno della Gdo: sui Sop-non-Otc circa 2,1% del mercato in volumi e circa 1,6% in valore, che sugli Otc diventano, rispettivamente, 3,7% e poco più di 2,9%.
 
“Se si analizza l’andamento delle quote di mercato tra il 2007 e il 2013 (dati di fonte Anifa) – si legge nel documento - emerge che, dopo un primo impatto di rilievo (tra il 2006 e il 2007 3,5 p.p. di mercato passati al di fuori del canale delle farmacie, altri 3,3 p.p. tra il 2007 e il 2008), i successivi progressi sono stati molto più lenti (tra il 2011 e il 2012 c’è anche un lieve recupero della canale tradizionale a scapito della Gdo)”.
 
Questo, invece, lo scenario prospettato da Salerno in caso di possibile liberalizzazione dei farmaci di fascia C con ricetta medica: “Se i farmaci di fascia C-Op divenissero dispensabili - come tra l’altro auspicato ormai da anni dall’Agcm - anche al di fuori del canale tradizionale (nelle parafarmacie e nei corner della Gdo purché sempre con la salvaguardia della presenza in loco di un farmacista abilitato), e se su di loro fosse praticabile il libero sconto, la spesa a carico dei cittadini potrebbe ridursi di un ammontare annuo compreso tra 450 e 890 milioni di Euro”.
 
Come spiegato dall’esperto, questi ordini di grandezza risulterebbero dall’applicazione della forchetta di sconto 15%-30% alla spesa di fascia C-Op (2.966 Euro/mln., dato ultimo del 2013). “Su canali di vendita che fanno dell’efficienza e della concorrenza à la Bertrand (concorrenza di prezzo) i loro punti di forza, l’aumento dei volumi è condizione necessaria per poter funzionare bene, con effetti positivi che si estenderebbero anche alla vendita dei farmaci Sop che già può avvenire al di fuori delle farmacie. Se avessero intermediato volumi più ampi, probabilmente le parafarmacie avrebbero potuto praticare sconti medi superiori al 15%, collocandosi su valori intermedi della forchetta 15%-30% (un po’ più vicino allo sconto medio praticato dei corner della Gdo)”. 
 
Giovanni Rodriquez

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