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Martedì 17 GIUGNO 2014
I documenti congressuali/8. Sistema Emergenza - Pronto Soccorso
Premesse
I Lea in materia di Emergenza sanitaria, pur nella riconosciuta autonomia regionale e delle aziende, dovrebbero essere caratterizzati dall’indispensabile miglior uniformità nazionale, con una previsione legislativa che declini con la più accurata precisione gli elementi minimi del contesto organizzativo e della qualità complessiva; a tal proposito sarebbe utile una revisione della normativa vigente ormai datata a quindici anni fa, che meglio accolga i mutamenti sociali professionali e tecnologici avvenuti in questi anni, ma che al contempo tenga conto dei vincoli di bilancio aggravatisi progressivamente e della cronica carenza degli organici.
Osservazioni
1) Sovraffollamento aree di Ps
L’obiettivo su cui concentrare le azioni di miglioramento non possono ridursi alla sola collocazione dei “codici minori”.
Il principio che la riduzione degli accessi in Ps possa essere ottenuto solo con l’incrementando dell’azione di filtro da parte del Territorio lascia inalterati tutti gli altri gravi problemi, primo fra tutti quello dei pazienti “barellati” costretti, una volta deciso il ricovero, a sostare per ore o giorni in attesa di destinazione nel posto letto appropriato, occupando tutti gli spazi e le professionalità disponibili in Pronto Soccorso,riducendo la sicurezza delle cure, influenzando negativamente la prognosi e trasformando, del tutto impropriamente, il Ps in area di degenza: questa è la vera causa del sovraffollamento e dell’aumento del Rischio Clinico.
Questi fenomeni sono legati principalmente a cambiamenti demografici (aumento dell’età media e della sopravvivenza in malattia), al ridimensionamento degli Ospedali per acuti ed allo scarso sviluppo dell’accoglienza per le post acuzie.
Un ruolo fondamentale è svolto anche dalla corretta determinazione della quota di posti letto per acuti rispetto alla popolazione: i limiti posti dalle recenti normative di legge di giungere ad un rapporto di 3x1000 posti per letto per acuti, più 0,7 x1000 post. acuti, appare molto pericolosa; la definizione a priori di una quota non rende ragione delle enormi diversità che delle diverse esigenze di ciascuna regione ed area in base a tipologia, età media della popolazione ed ai dati epidemiologici.
In merito al ruolo del Territorio, le linee di indirizzo sulla riorganizzazione del “sistema emergenza urgenza” sono state il primo atto legislativo nazionale a distanza di 17 anni dall’ultimo "Atto di intesa tra Stato e Regioni” che recepiva il Dpr del 1992 e rappresentano un passo avanti fondamentale per quanto riguarda gli aspetti di organizzazione delle Cure Primarie.
Laddove già operative, strutture che garantiscono h24 una risposta sul territorio ai bisogni dei cittadini, hanno dimostrato di incidere positivamente nel regolamentare gli accessi inappropriati alle strutture ospedaliere ed in particolare al Pronto Soccorso.
Purtroppo malgrado il calo di accessi registrato negli ultimi anni nei Ps, l’aumento di complessità dei pazienti, la diminuzione e la precarietà delle risorse professionali e la riduzione di posti letto continuano a costituire le principali cause del sovraffollamento e dei lunghi tempi di permanenza in Ps.
Lo stazionamento anche per giorni di pazienti in barella in Ps sempre più affollati, in condizioni igieniche e sociali insostenibili, lo stravolgimento della missione del Ps che deve essere luogo di stabilizzazione e pronto invio alle strutture di ricezione e non luogo di degenza e cura, rappresentano la più grave criticità della sanità italiana degli ultimi anni.
Sarebbe pertanto assai pericoloso e colpevole considerare queste linee di indirizzo risolutive dei gravi problemi della rete dell’emergenza. Esse, al contrario, devono rappresentare il “primo atto” di una più ampia ed organica opera di riorganizzazione dell’intero settore dell’emergenza urgenza, che a suo volta non può prescindere da una riorganizzazione più complessa e completa dell’intero Ssn.
Il settore delle Cure Primarie rappresenta un tassello rilevante di quanto il “territorio” dovrebbe poter offrire come integrazione ed alternativa all’ospedale, soprattutto per la vasta e complessa problematica legata alle patologie croniche, alle patologie invalidanti, all’aumento dell’età media della popolazione, alla carenza di servizi di assistenza domiciliare. Ma, un sistema sanitario di fatto suddiviso in 20 sistemi regionali non garantisce che gli standard previsti trovino omogenea applicazione su tutto il territorio. Adattamento alle diverse politiche regionali, confronto con le reali disponibilità economiche non fanno ben sperare sulla possibilità che i “buoni esempi” di Cure Primarie oggi operativi in alcune regioni, possano diventare una realtà su tutto il territorio.
2) Governo del sistema
Si rendono necessari oggi riferimenti nazionali che vadano oltre le Lg del 1996 e che indirizzino le Regioni sull’organizzazione dei Dipartimenti d’emergenza urgenza, dei PS ai vari livelli operativi, delle Obi, delle Medicine d’Urgenza, dell’emergenza pre-ospedaliera, compreso il sistema d’allarme sanitario (118) e delle reti hub & spoke.
Si ritiene che qualunque sia il modello organizzativo prescelto, elemento determinante è l’individuazione dei livelli di governo clinico e organizzativo della rete che dovrà coordinare Mmg, Pls, Medicina Specialistica, attuale CA, CO 118 e Dea.
Uno dei limiti emerso più di frequente nei tentativi di “integrazione” tra le numerose figure professionali è sempre stato la mancanza di un chiaro ruolo di coordinamento. Tale ruolo deve essere definito ancor prima di sviluppare modelli organizzativi assistenziali, in base ai diversi contesti territoriali.
È importante che l’emergenza pre-ospedaliera sia integrata con quella ospedaliera, intendendo come appartenenza, almeno funzionale, ad un’unica organizzazione dell’emergenza (Dipartimento d’emergenza urgenza) che permetta di svolgere attività sia sul territorio che in ospedale, con modalità organizzative adattate ad ogni realtà (rotazione, progressione, etc.).
È opportuno che il personale dell’emergenza pre-ospedaliera sia personale dipendente del Ssn. Occorre accelerare la possibilità del passaggio alla dipendenza dei Medici del 118 in convenzione, nelle regioni in cui ciò non è ancora avvenuto, con l’inquadramento nella disciplina di Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza. Nelle more del passaggio alla dipendenza di tutto il personale dell’emergenza, si ritiene essenziale che vengano stabiliti degli standard organizzativi per l’inquadramento delle diverse figure mediche.
3) Organici
In conseguenza della mancanza, fino a quattro anni fa, della scuola di specializzazione di disciplina, per sostenere gli organici si è negli anni fatto ricorso ad un numero elevato di equipollenze, per cui in Ps si trovano ad operare specialisti di varie discipline: medicina interna, chirurgia, cardiologia, pneumologia, geriatria, ecc. L’appartenenza a specialità diverse induce molti medici a considerare il posto a ruolo in Ps un passaggio verso la disciplina in cui sono specializzati, anche in conseguenza del carico di lavoro e dell’usura da elevata pressione di attività e stress lavoro correlato con rischio elevato di “burn out”.
Per la stessa ragione sono stati inseriti nel sistema emergenza anche medici provenienti da settori convenzionati e con contratti libero professionali, rendendo il settore uno dei più colpiti dal fenomeno del precariato medico. Il ricorso al precariato ed ai contratti cosiddetti atipici (co.co.co, co.co.pro) arriva a situazioni locali dove il personale precario supera in percentuale quello con contratti istituzionali, specie nelle regioni con piani di rientro e blocchi del turn-over.
La stabilizzazione degli organici è, pertanto, un elemento prioritario da perseguire. Uno dei primi provvedimenti necessari dovrebbe essere la modifica dell’art. 8 comma 1 bis del Dlgs 229/99, oppure un provvedimento con analoghi effetti, finalizzato al transito del personale in servizio nell’emergenza pre-ospedaliera dal rapporto in convenzione a quello della dirigenza medica dipendente dal Ssn.
Tale azione, insieme all’aumento, appropriato alle esigenze nazionali, dei contratti di scuola di specializzazione, dovrebbe favorire in tempi medi, il completamento degli organici con personale qualificato.
Proposta di modifica:
Testo originale: “Le regioni adottano le procedure per l’instaurarsi di un rapporto di impiego nell’ambito del Sistema Integrato territorio-ospedale di Emergenza Sanitaria, al fine del miglioramento dei servizi.
Modifica: Evidenziato che l’emergenza sanitaria territoriale è una area di attività che ai fini del miglioramento del servizio richiede l’instaurarsi di un rapporto di dipendenza, le Regioni che hanno già adottato provvedimenti ai sensi dell’ art. 8 comma 1 bis del D.lgs 229/99, attivano le procedure affinché i medici in servizio in emergenza alla data di entrata in vigore del presente atto legislativo, i quali operino con incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni o al compimento dinamico del quinto anno oppure con incarico determinato rinnovato da almeno cinque anni, siano inquadrati a domanda nel ruolo sanitario, nel rispetto delle dotazioni organiche e dei finanziamenti utilizzati dalla Regioni per garantire gli organici del Sistema Integrato di Emergenza Sanitaria intra ed extra ospedaliero nei limiti dei posti delle dotazioni organiche definite dalle aziende unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere.
4) Formazione
Scuola specializzazione: dalla sua attivazione in poi sono stati stanziati ogni anno 50 contratti ministeriali e lo scorso anno 46; altri 50 contratti circa sono arrivati da finanziamenti regionali. Una goccia nell’oceano di un fabbisogno stimato di più di mille medici/anno. I primi cento specialisti saranno diplomati nel 2014. Il fabbisogno espresso dalla Conferenza Stato-Regioni italiana (Rep. N. 60 del 15 marzo 2012) per quanto riguarda gli specialisti in Medicina d’Emergenza-Urgenza, nell’anno 2013-2014, è di 245 specialisti annui a fronte dei 46 contratti (circa il 18% del fabbisogno) garantiti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur). Ciò significa che ogni anno l’82% dei posti di lavoro nell’ambito dell’emergenza (118, Pronto Soccorso-Obi e Medicine d’Urgenza) saranno assegnati a personale non specialistico o proveniente da altre specializzazioni.
La mancanza di un adeguato numero di contratti di formazione specialistica in Medicina d’Emergenza-Urgenza o, peggio ancora, un’eventuale riduzione metterebbe a rischio la presenza – omogenea – dello specialista formato specificamente per lavorare nell’ambito del 118, nei Pronto Soccorso e nelle Medicine d’Urgenza italiane, determinando una copertura a macchia di leopardo rispetto alle reali esigenze professionali e, di conseguenza, una minor efficienza del sistema favorendo lo spreco delle scarse risorse.
È imperativo sensibilizzare le istituzioni a tutti i livelli (Governo, Parlamento, Ministeri, Regioni, Province e relativi assessori competenti) riguardo le implicazioni legate alla mancanza di un adeguamento o peggio di un’eventuale riduzione dei contratti della formazione specialistica in Medicina d’Emergenza-Urgenza e sollecitare i Ministeri competenti ad adeguare i contratti riservati alla Specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza al fabbisogno nazionale stimato dalla Conferenza Stato-Regioni nel prossimo Bando di attribuzione dei contratti di formazione specialistica di area sanitaria.
Formazione medicina emergenza pre-ospedaliera: la commistione di varie forme di contratto di lavoro rende difficile uniformare la formazione e i modelli organizzativi. I medici possono essere dipendenti, convenzionati, con contratto Lp, a seconda della regione in cui operano e del periodo di reclutamento. Ogni Regione ha strutturato modalità di formazione di questo personale e sarebbe importante tracciare un modello unico a cui fare riferimento, o comunque requisiti minimi di formazione dai quali non si può derogare.
5) Strumenti incentivanti
Le varie forme di compenso legate al disagio, usura e burn out appaiono del tutto insufficienti: il lavoro dei medici di emergenza si svolge per il 45% dell’orario in turni notturni e festivi. Il disagio non si esprime in questo tipo di attività solo come numero di turni di guardia: pensiamo alla tipologia di lavoro peculiare multitasking, ad elevata pressione assistenziale, al livello di stress, al rischio infettivo, al rischio di subire atti di violenza da pazienti agitati, al rischio di salire su ambulanze ed auto mediche.
Per tali motivi occorrono strumenti incentivanti e premianti “ad hoc”, da ricercare anche nei livelli di trattativa decentrata, con gli attuali strumenti contrattuali, stante il blocco dei contratti nazionali.
Conclusioni
1. Sovraffollamento PS
Per decongestionale i PS non è sufficiente “spostare” i codici a bassa priorità ma avere risposte “alternative” alle richieste di cure della popolazione, evitando che l’ospedale sia l’unico punto di riferimento e soprattutto l’unico di cui il cittadino ha fiducia. È importante altresì che l’Ospedale si faccia carico delle necessità di ricovero dei pazienti, evitando che il Ps diventi un grande “deposito” di pazienti in attesa di ricovero.
2. Standard Organizzativi
a. Formalizzare standard di riferimento organizzativi e di personale
b. Potenziare il ruolo organizzativo e di coordinamento del Dea nell’ambito dell’emergenza sia pre-ospedaliera che ospedaliera, facendo afferire a questo il Pronto Soccorso, l’Obi e la Medicina d’Urgenza ove presenti, il 118 e i punti di primo intervento.
3. Risorse
La previsione che maggiori investimenti economici sul Territorio si traducano in uno sgravio dei carichi di lavoro dei PS in questi anni si sono dimostrate inefficaci: occorre un duplice, parallelo impegno di risorse sui Dea: adeguamento e formazione degli organici, adeguamenti strutturali, adeguamento agli standard organizzativi sia per il sistema preospedaliero che intraospedaliero.
4. Organici:
• Superamento del blocco del turnover in area emergenza / T.I.
• Incentivazione economica del personale in servizio:
i. Integrazione del personale medico che opera nel sistema di emergenza pre ed intra ospedaliero.
ii. adeguata retribuzione dei carichi di lavoro, rischio,
iii. riconoscimento lavoro usurante
iv. totale passaggio alla dipendenza del personale medico convenzionato.
5. Formazione
a. Esigenza di un numero di Contratti di Specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza adeguato al fabbisogno nazionale stimato dalla Conferenza Stato-Regioni (calcolato in 245/annui) nel prossimo Bando di attribuzione dei contratti di formazione specialistica di area sanitaria.
b. Inserimento degli specializzandi già dal quarto anno, nelle strutture di emergenza urgenza.
c. Adeguamento a standard formativi diffusi sul territorio nazionale.
A cura del Gruppo di lavoro: Sandro Petrolati, Adelina Ricciardelli, Anna Maria Ferrari, Cinzia Barletta
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