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Giovedì 28 MARZO 2013
Con i soli farmaci di Fascia A farmacie in "rosso". La sintesi della ricerca
La ricerca “Analisi e prospettive del mercato della distribuzione al pubblico dei farmaci”, realizzata da Health Innovation per conto di Federfarma, ha cercato di fornire un quadro complessivo di conoscenza degli elementi che caratterizzano il settore della distribuzione al pubblico del Farmaco. L’analisi è stata suddivisa in quattro parti sostanziali: una analisi delle caratteristiche peculiari del bene distribuito; una analisi della Farmacia, considerando la sua natura di impresa e anche di presidio del Ssn; una disamina del ruolo del farmacista, come professionista del farmaco, ma anche valutandone gli aspetti occupazionali; infine si è voluto analizzare il settore da un punto di vista empirico, partendo dai margini effettivi sulla distribuzione, per simulare i profitti effettivi della Farmacia.
Ed è su quest’ultima parte che si sono concentrati i risultati dell’analisi. Un aspetto molto dibattuto è sicuramente quello relativo alla modulazione dei margini di ricavo per gli operatori del mercato farmaceutico, in particolare per la Farmacia. Per la Farmacia si tratta di margini lordi, in quanto la quota di spettanza teorica è ridotta dallo sconto che le Farmacie stesse sono tenute a concedere obbligatoriamente al Ssn. Con la recente approvazione del testo di legge della Spending Review, lo sconto in cifra fissa è passato dall’1,82%, fissato dalla L n. 122/2010, al 2,25%. Questo implica, di conseguenza, una maggiorazione delle quote di sconto per fasce di prezzo e una contrazione del margine netto spettante alla Farmacia. Inoltre, si deve considerare che il Ssn, nel procedere alla corresponsione di quanto dovuto alle farmacie trattiene, a titolo di sconto, una ulteriore quota pari allo 0,60% del prezzo al pubblico, questa quota deriva dalla mancata riduzione dei prezzi del 5%.
Nello studio si analizza come, scomponendo la quota di spettanza lorda del farmacista prevista dalla normativa, ovvero applicando gli sconti e le trattenute, il margine netto risulta ridotto di circa il 6% rispetto a quello lordo. Per i farmaci generici di fascia A è prevista una diversa ripartizione delle relative quote di spettanza che varia tra il 26,70%-34,70% per il farmacista; mentre per quanto riguarda i margini relativi ai farmaci di classe C il R.D. n. 478/1927, ad oggi ancora in vigore, stabilisce un margine per il farmacista non inferiore al 25% del prezzo di vendita al pubblico.
Le farmacie possono, inoltre, praticare sconti su tutti i farmaci e prodotti direttamente pagati dai clienti, dandone adeguata informazione. In pratica si estende a tutti i farmaci per i quali è necessaria la prescrizione obbligatoria del medico, non a carico del Ssn, venduti in Farmacia, la possibilità di sconto già prevista per i farmaci senza obbligo di prescrizione. Prima dell’entrata in vigore della L. n. 27/2012, la possibilità di applicare sconti era prevista solo per i farmaci senza obbligo di prescrizione medica, purché lo sconto fosse esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e fosse praticato a tutti gli acquirenti, come stabilito dal Decreto Bersani. Il Decreto estendeva tale possibilità a ciascun distributore al dettaglio (farmacie e non).
In Italia gli sconti sono progressivi rispetto alla fascia di prezzo, e di conseguenza all’aumentare del prezzo al pubblico il margine netto è via via decrescente. Nell’indagine è emerso che una percentuale considerevole dei consumi (64,76%) si concentra nella fascia di prezzo 0-25,82 €.
Un approccio non ideologico alla valutazione dell’efficienza complessiva del settore suggerito nello studio, propone di affrontare la questione ragionando sui margini effettivi delle farmacie; la competizione sui prezzi di fatto è già presente per i farmaci senza obbligo di prescrizione, che non è altresì implementabile sui farmaci di classe A; di fatto tutto si riduce al segmento della fascia C con prescrizione. Per la classe A quello che può essere oggetto di negoziazione è la quota di spettanza della distribuzione, che andrebbe però valutata alla luce dei costi sostenuti e quindi dei margini che garantisce.
A questo punto, per esplicare meglio il concetto, nell’indagine è stata proposta una simulazione avente l’obiettivo di analizzare il conto economico di una Farmacia urbana “tipo” con un fatturato medio di circa € 1.500.000. In questo caso “base” l’utile dell’esercizio, sommato alla remunerazione del lavoro prestato, è risultato essere sostanzialmente equivalente alla retribuzione lorda di un professionista apicale del Ssn.
Inoltre, se la Farmacia dovesse erogare solo i farmaci di classe A, non riuscirebbe a conseguire un utile, tale da coprire i costi della Farmacia stessa e a remunerare adeguatamente la prestazione del professionista farmacista. Sempre dalle simulazioni effettuate neppure una farmacia medio grande riuscirebbe a realizzare un utile significativo con la sola distribuzione della classe A.
Ma non finisce qui. Anche aggiungendo la classe C la situazione non cambia radicalmente; solo le farmacie medio grandi riuscirebbero ad ottenere un utile, per altro molto modesto; quindi l’extra farmaco risulta fondamentale per la generazione dell’utile.
A riprova di ciò farmacie piccole (nella simulazione di dimensione pari a metà di quella media) risulterebbero avere un utile irrisorio (€ 24.167 prima delle tasse).
L’utile si riduce ancora più drasticamente per una farmacia rurale sussidiata tipo con fatturato inferiore a 387.342,67 € (19.292 €).
Solo per farmacie grandi (nella simulazione di dimensione pari al 50% in più di quella media) gli utili diventerebbero complessivamente significativi, e in larga misura per effetto dell’extra farmaco.
In conclusione la gestione della sola distribuzione dei farmaci per conto del Ssn sembra solo marginalmente redditizia, così che la quota di mercato libero di fascia C e l’extra farmaco assumono un ruolo fondamentale nella formazione degli utili.
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