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Giovedì 24 GENNAIO 2013
La sostenibilità del Ssn non dipende solo dall'abbattimento degli sprechi
Salvaguardare e rendere sostenibile l’impianto universalistico del nostro sistema sanitario nazionale alla luce dell’attuale crisi economica. Un progetto tanto ambizioso quanto necessario, e che non può ridursi a un dibattito sull'abbattimento degli sprechi, ma che deve prendere in considerazione altri elementi e strategie, come lo sviluppo del pilastro dei fondi integrativi o investimenti in grado di fare della sanità un volano per lo sviluppo del Paese. Questi, in sintesi, i temi affrontati nella tavola rotonda organizzata nell'ambito dell'incontro promosso oggi dalla Fimmg per illustrare le proprie proposte e considerazioni al mondo politico e che ha visto protagonisti i rappresentanti del mondo delle associazioni, dell’industria e dell’università.
Un’analisi di ampio respiro sul contesto di “fibrillazione” che a livello europeo stanno vivendo i sistemi sanitari nel tentativo di conciliare la scarsità dei fondi disponibili con la tutela del diritto alla salute dei cittadini è stata proposto da Grazia Labate, professoressa di Economia sanitaria presso l'Università di York in Inghilterra, nonché ex sottosegretario alla Sanità all'epoca del secondo Governo Amato. “Il nostro Ssn ha ricevuto nell’ultimo triennio tagli per 32,5 mld di euro, una situazione che ha messo in grave rischio la sua sostenibilità considerando il problema di prospettiva riguardante l’aumento della vita media dei cittadini e l’aumento delle cronicità – ha spiegato Labate – il nuovo Governo dovrà inserire tra le sue priorità un confronto con le Regioni che, partendo da un quadro chiaro dell’attuale situazione, studi la possibilità di evitare ulteriori aggravi come quello di 2 mld di euro previsti dai ticket per il 2014 e la forte presa in considerazione di uno sviluppo della sanità integrativa, che prenda spunto dai circa 30 mld di euro di spesa out of pocket già attualmente sostenuti dai cittadini italiani”. “Questo è un tema concreto con il quale potremo riuscire a salvaguardare le caratteristiche del nostro Ssn – ha concluso l’esperta – altrimenti, con promesse o posizioni ideologiche, non andremo da nessuna parte”.
A favore di questa soluzione si è espresso anche Guido Riva, presidente del Comitato tecnico sanità di Confindustria. “I fondi integrativi sanitari – ha detto – funzionerebbero bene anche in un’ottica di benchmarking pubblico-privato, farebbero emergere il sommerso e costituirebbero un flusso di finanziamento per il Sistema sanitario nazionale”. Per Riva il Ssn costa al Paese il 7% del Pil, “al quale però dobbiamo sommare un 2% di spesa privata ed un ulteriore 2,5% di debiti verso fornitori”. “In questo modo – ha sostenuto l’esponente di Confindustria – si arriva a poco meno di un 12 punti sul Pil, cifra dunque non più bassa rispetto a quella di altri Paesi europei”. Per Riva la sanità, però, non può limitarsi ad essere un costo ma deve essere “sfruttata al meglio come un’importante opportunità di sviluppo per il Paese, si tratta di un asset con un grande potenziale”.
Potenzialità che per Federico Spandonaro, professore di Economia e coordinatore del Ceis Sanità, Università Tor Vergata Roma, dovrebbero essere sfruttate “rafforzando quel sistema che ha per protagonisti il Ministero della Salute e quello dell’Economia, allargando il tutto ad un terzo attore che deve essere il Ministero dello Sviluppo economico”. Per Spandonaro quello della sanità è un sistema “complesso” che ha bisogno di semplificazioni e non di ulteriori nuove regole per funzionare al meglio. Il tema della sostenibilità per l’economista non può ridursi ad un dibattito sugli sprechi, “questi ci sono ma non possono poi farci risparmiare troppo”. “Servirebbero a questo punto tre cose – ha proseguito Spandonaro – che i partiti facessero chiarezza sui conti dello Stato e sulle loro intenzioni di finanziamento nei diversi settori; che si faccia chiarezza sul concetto di universalismo senza necessariamente confonderlo con quello di egualitarismo; e che, infine, si spieghi se debba esserci necessariamente un unico erogatore dei servizi con tutti i problemi di autoreferenzialità del Ssn che ne conseguono”.
Sul tema degli sprechi è intervenuta Francesca Moccia, vice segretario generale di Cittadinanzattiva, che ha sottolineato come “ogni cittadino è costretto a pagare circa 1.000 euro l’anno per la corruzione nella Pubblica amministrazione”. Per Moccia bisogna “lottare per una vera trasparenza della PA in Italia perché si tende ancora troppo spesso a nascondere quanti soldi si spendono, come lo si fa e quali risultati vengono raggiunti. In tal senso – ha proseguito – anche la legge Brunetta non è stata applicata”.
Il presidente di Legacoop, Giuliano Poletti, ha infine invitato i cittadini ad una partecipazione attiva poiché “non può ridursi tutto ad un dibattito tra pubblico o privato, non esistono solo queste due categorie, tra loro opera una vasta area di ‘comunitario’ dove i beni comuni vengono amministrati in maniera collettiva”. Poletti ha dunque portato ad esempio il “progetto salute” che ha visto la sinergia della lega dei Mmg con gli oltre 7 mila soci di lega cooperative al fine di rendere fruibili tutta una serie di prestazioni a costi accessibili per i soci.
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