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Martedì 27 NOVEMBRE 2012
Artrosi della mano. Dal Congresso SIR arriva il Consensus Paper
Si tratta della prima malattia reumatica in Italia per numero di soggetti colpiti: l’artrosi della mano colpisce circa 4milioni di italiani, pari al 50% della popolazione tra i 40 e gli 80 anni, prevalentemente donne. Per fronteggiare il problema posto da questa patologia, sono state aggiornate le raccomandazioni che la riguardano: il nuovo Consensus paper per il trattamento dell’artrosi della mano è stato presentato in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia (in programma a Milano dal 21 al 24 novembre 2012). Il documento è stato elaborato dalla SIR e da altre importanti società scientifiche nazionali quali SIOT - Società di Ortopedia, SINFER - Società di Medicina Fisica e Riabilitativa, SICM - Società Italiana di Chirurgia della Mano, FIMMG - Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, SIMG - Società Italiana di Medicina Generale, SIICP - Società Italiana Interdisciplinare per le Cure Primarie e SIMT - Società Italiana di Medicina Termale. Sono quindi il frutto di un ampio lavoro interdisciplinare.
“L’elaborazione della Consensus per il trattamento dell’artrosi della manoha tenuto conto della necessità di un aggiornamento delle Raccomandazioni europee sviluppate dall’Eular nel 2007”, ha spiegato Alberto Migliore, Coordinatore del gruppo di studio SIR sull’artrosi e promotore del progetto. “Il primo step è stata dunque la revisione sistematica della letteratura scientifica dal 2007 ad oggi in modo da proporre anche le più recenti novità nell’ambito del trattamento. Le nuove raccomandazioni non rappresentano solo una sicurezza in più per i pazienti, ma vanno considerate quale investimento sociale in grado di abbattere gli elevati costi di questa malattia degenerativa e invalidante il cui impatto, in termini di costi diretti ed indiretti, è elevatissimo.”
La patologia si manifesta dopo i 40 anni e si sviluppa lentamente ma progressivamente.La fascia di età più colpita è quella sopra i 60 anni e negli ultrasettantacinquenni la malattia è pressoché costante. L’artrosi della mano, in particolare, riguarda circa 430.000 persone. I sintomi più caratteristici sono il dolore, la rigidità e la riduzione della mobilità articolare, talvolta anche calore e tumefazione. Le raccomandazioni prevedono diversi ambiti di intervento, dalla correzione degli stili di vita e dei fattori di rischio modificabili, agli interventi di tipo farmacologico, fisioterapico e riabilitativo.
In primo luogo viene stabilito che il trattamento ottimale dell’artrosi della mano richiede una combinazione di trattamenti farmacologici e non farmacologici il più personalizzato possibile. È necessario tener presente non solo il tipo di artrosi (nodale, erosiva, traumatica) ma anche tutti quegli elementi che incidono sulla malattia quali la presenza di fattori di rischio, l’età e il sesso, l’abitudine ad eseguire atti meccanici dannosi, la localizzazione ed il grado del danno osseo, la presenza di infiammazione, il grado di dolore e la limitazione della funzione e della qualità di vita. A questi va aggiunta la presenza di altre malattie e trattamenti, così come le aspirazioni e le aspettative del paziente.
“Non deve mancare la corretta educazione del paziente sulle azioni in grado di proteggere l’articolazione evitando sforzi e movimenti meccanici dannosi e rafforzare la capacità di movimento ed uso della mano – ha proseguito Migliore – Tutori e ortesi possono essere utili per prevenire o correggere l’angolazione laterale e la deformità in flessione dell’articolazione del primo dito della mano, caratteristica di questa malattia e che causa dolore ed impaccio funzionale”.
Particolare attenzione viene rivolta ai trattamenti.“L’impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti e sulla spesa sanitaria non dipende solo dalla malattia ma anche dagli effetti collaterali, specie quelli gastroenterici, dei vecchi FANS, farmaci anti-infiammatori tradizionalmente impiegati per il controllo dei sintomi della malattia”, ha sottolineato Marco Matucci Cerinic, Presidente della Società Italiana di Reumatologia, Professore Ordinario di Reumatologia e Direttore Struttura Complessa di Reumatologia della Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi (AOUC). “Le nuove raccomandazioni definiscono, quindi, l’approccio terapeutico tenendo conto anche di questi aspetti, considerando ad esempio nelle forme dolorose di grado lieve e moderato, o quando sono coinvolte solo poche articolazioni, gli antiinfiammatori ad uso locale rispetto a quelli sistemici e suggerendo gli antiinfiammatori orali alla dose minima efficace e per la durata più breve possibile nei pazienti che non rispondono adeguatamente all’analgesico di prima scelta, ovvero il paracetamolo, con una particolare attenzione alla risposta clinica del paziente che va valutata periodicamente.”
Nei pazienti con aumentato rischio gastrointestinale,può essere opportuno utilizzare gli antiinfiammatori di ultima generazione, noti come COXIB, altrettanto efficaci rispetto ai vecchi antinfiammatori ma dotati di minore effetto grastro-lesivo. I farmaci “condroprotettori”, protettori cioè della cartilagine quali glucosamina e condroitin solfato arrecano un beneficio sintomatico lento ma con un profilo di sicurezza molto elevato. In particolare, nell’ambito della condroprotezione per via intrarticolare, si confermano anche nell’artrosi della mano gli effetti favorevoli dell’acido ialuronico, già impiegato con successo nell’artrosi dell’anca e del ginocchio, sia nella formulazione tradizionale, sia in quella particolarmente innovativa denominata MO.RE (tecnologia a reticolo mobile). Le iniezioni intrarticolari di cortisone a lunga durata d’azione possono essere presidi efficaci e utili nelle fasi di particolare intensità dolorosa, specie a livello del primo dito della mano. Il trattamento chirurgico deve essere considerato nelle forme gravi, avanzate, estremamente dolorose e resistenti agli altri trattamenti.
“Quello che ci attendiamo è che la conoscenza e la applicazione poi di queste raccomandazioni possano aiutare i pazienti a controllare meglio la malattia, riducendone i sintomi dolorosi, migliorandone le capacità funzionali e ostacolandone la progressione”, ha concluso Matucci Cerinic.
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