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Mercoledì 07 NOVEMBRE 2012
NET. Con Everolimus sopravvivenza raddoppiata
Come per molte altre patologie, i farmaci a bersaglio molecolare costituiscono anche la nuova frontiera della lotta contro i tumori neuroendocrini (NET, Neuroendocrine Tumours), agendo direttamente a livello di specifici bersagli cellulari. In particolare, everolimus, raccomandato dalle Linee Guida internazionali per il trattamento dei tumori neuroendocrini di origine pancreatica in stadio avanzato, è l’unico farmaco indicato e rimborsato in Italia per la terapia dei pazienti con pNET (tumori neuroendocrini pancreatici).
Sebbene considerati neoplasie indolenti, a crescita lenta, i pNET tendono a essere aggressivi e il 65% dei pazienti presenta alla diagnosi una malattia che non può essere trattata chirurgicamente o già in fase metastatica: richiedono quindi, insieme a un accurato programma di follow-up, la pianificazione di una strategia terapeutica adeguata.
I pazienti con tumori NET hanno poche opzioni terapeutiche: nessun nuovo farmaco è stato approvato negli ultimi 30 anni.
Everolimus è un inibitore selettivo della proteina mTOR, la cui attivazione aberrante è correlata all’oncogenesi e alla progressione dei pNET. La via mTOR gioca un ruolo centrale nella regolazione dei principali meccanismi che portano alla formazione e alla progressione del tumore: angiogenesi, proliferazione, crescita e metabolismo cellulare.
L’elevata efficacia dello specifico meccanismo d’azione di everolimus è stata dimostrata nell’ambito dello studio RADIANT3, i cui risultati sono stati pubblicati su una delle più prestigiose riviste scientifiche, The New England Journal of Medicine1.
RADIANT3 è uno studio internazionale di Fase III, multicentrico, prospettico, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, che ha coinvolto oltre 400 pazienti con pNET avanzato trattati con everolimus in somministrazione oralmente in dose di 10 mg al giorno.
Nei pazienti trattati, everolimus ha raggiunto risultati importanti: ha raddoppiato il tempo di sopravvivenza libero da progressione della malattia; ha dimostrato una buona tollerabilità, tale da permettere il mantenimento della qualità di vita del paziente nel lungo termine.
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