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Lunedì 18 GIUGNO 2012
Mons. Caffarra: “Reintrodurre il paradigma antropologico personalista nella gestione dell’infermità”

“Il vocabolario medico è andato progressivamente cambiando: i pazienti sono diventati ‘clienti’ o ‘consumatori’, i medici e gli infermieri sono ‘provider’ o ‘fornitori’, i posti letto vanno considerati ‘capacità produttiva’ di un ospedale”. Un vocabolario che proviene da una certa interpretazione di una fondamentale esperienza umana, l’infermità. Un’interpretazione che è “antropologica utilitaristica”. Per questo l’aspetto fondamentale su cui riflettere “è quello di poter custodire o reintrodurre il paradigma antropologico personalista nella gestione dell’infermità umana”.

Ad affermarlo, nel corso del suo intervento al convegno promosso dall'Ufficio per la pastorale della sanità della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) dal titolo "Un nuovo paradigma per la sanità in Italia. La Chiesa a servizio del cambiamento”, è stato il Cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, citando un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine. Che nell'affermare la necessità di ridare via a "una profonda opera di pensiero e di impegno educativo che riconduca la persona a comprendere se stessa e il suo destino in verità", ha evidenziato come, "dopo un processo stodico plurisecolare, la scristianizzazione della coscienza europea può dirsi compiuta" e "un paradigma anti-cristiano ha sostituito il paradigma cristiano". Oggi l'uomo è "un soggetto costitutivamente asociale che diventa sociale per contrazione (visione utilitaristica), che p mosso ad agire solo dal proprio bene individuale (visione utilitaristica)". E così è cambiato il modo di vivere ogni esperienza umana. "Ma se l'evento cristiano è stato delegittimano come evento che rende possibile una buona vita, si impongono le seguenti conseguenze: non bastano più le 'buone pratiche' (di solidarietà, di carità...) e quindi il compito principale non è la trasmissione di valori". E' necessaria, appunto, "una profonda opera di pensiero e di impegno educativo" che però, secondo Caffarra, "può avvenire solo a una condizione: uscire dalla crisi della fede in cui oggi versa la Chiesa".

“La vita economica – ha aggiunto il porporato citando l’enciclica Caritas in Veritas – ha senz’altro bisogno del contratto per regolare i rapporti di scambio tra valori equivalenti. Ma ha altresì bisogno di leggi giuste e di forme di ridistribuzione guidate dalla politica e, inoltre, di opere che rechino impresso lo spirito del dono. È la simultanea coniugazione della logica dello scambio contrattuale, della logica politica e della logica del dono che vi è chiesto di introdurre nel mondo della sanità”. Ricordando, ha sottolineato il cardinale Caffarra, che “è necessario distinguere tra il bene comune e il bene pubblico. Il bene pubblico è un bene di cui tutti gli associati hanno diritto di usare, è il bene a disposizione. Il bene comune è la bontà, il valore insito nella relazione interpersonale, è la preziosità etica che dimora in ogni buona relazione personale. È il bene relazionale”. E la realizzazione del bene comune, “esige un’attitudine spirituale: la solidarietà”. E quindi la sussidiarietà. Che, ha sottolineato il porporato, “è il vero principio architettonico del sociale cristianamente inteso” e anche quello a cui la sanità e il welfare devono ispirarsi per realizzare il bene comune.
 
Giovanni Rodriquez
 

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