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27 MAGGIO 2012
Le cure palliative in pediatria
Fino a pochi anni fa, si pensava che il neonato e il bambino non provassero dolore con la stessa intensità dell’adulto. La letteratura al riguardo era, del resto, estremamente povera. Di conseguenza, la pratica clinica non prevedeva o relegava a un ruolo molto limitato l’analgesia e, in generale, qualsiasi cura nell’ambito del dolore per i piccoli pazienti.
Invece, come nell’adulto, anche in ambito pediatrico il dolore è un sintomo molto frequente in corso di malattia e, fra tutti, è quello che più pesa e impaurisce il bambino, oltre la famiglia. In ambito pediatrico, però, si evidenzia ancora un importante ipotrattamento del sintomo, con grave ricaduta sulla qualità della vita del paziente e della sua famiglia.
Alla luce di ciò la Federazione italiana dei medici pediatri(FIMP) ha ritenuto necessario, prima di iniziare qualsiasi progetto di formazione e/o abilitazione rivolto ai medici pediatri, di conoscere la realtà professionale, ponendosi l’interrogativo se il bagaglio terapeutico e conoscitivo a disposizione del pediatra di famiglia è sufficiente per la gestione della maggior parte di questi problemi. Per fare ciò ha somministrato un questionario, distribuito via internet, a tutti i pediatri di famiglia italiani iscritti alla FIMP: la distribuzione del questionario è avvenuta nell’arco temporale tra il 7 marzo 2011 al 20 giugno 2011, raggiungendo attraverso la posta elettronica 4900 pediatri di famiglia, con 642 risposte (13,1%).
Il risultato complessivo che si evince dalle risposte fornite al questionario è che la consapevolezza del sintomo dolore in età pediatrica è presente in oltre la metà degli intervistati e questo è vero in modo particolare tra i pediatri di famiglia.
Esaminando nel dettaglio i risultati, alla domanda “Quando secondo te bisogna credere ad un bambino che dice di avere dolore?”, il 63,55% ha risposto “sempre”. In relazione alla misurazione del sintomo dolore, obiettivo da raggiungere per tutti i pediatri di famiglia, risulta particolarmente rilevante che il 41,74% dei pediatri non utilizza nella propria pratica professionale un metodo per la rilevazione del dolore. Inoltre, il 31,3% dei pediatri non ritiene utile trattare il sintomo dolore prima di aver formulato una diagnosi e tra i farmaci che preferenzialmente i pediatri di famiglia utilizzano per il dolore la fanno da padrone il paracetamolo nell’83,8 %, seguito dall’ibuprofene nel 57,79%, mentre gli oppioidi vengono utilizzati nell’1,25%.
Il motivo per cui ciò si verifica è facilmente intuibile: ancora oggi i pediatri di famiglia hanno paura ad utilizzare farmaci oppioidi, per via dei possibili effetti collaterali. Proprio in relazione a questa ultima osservazione alla domanda “ti preoccupano gli effetti collaterali dei farmaci oppioidi?”, il 71,34% ha risposto in modo affermativo. Tra gli effetti collaterali che si temono di più sono la depressione respiratoria nel 84,74%, la dipendenza fisica nel 13,8%, la sonnolenza nel 20,72%.
La maggior parte dei pediatri (91,28%) ritiene, quindi, necessario promuovere dei progetti che mirino alla lotta contro il dolore ed al superamento del pregiudizio relativo all’uso dei farmaci per la terapia del dolore.
I pediatri si dichiarano disponibili a prendersi carico dei problemi legati alla gestione del dolore però ritengono indispensabile un approccio multidisciplinare (68,69 % si contro l’1,87% dei no).
Inoltre alla domanda “quale pensi che sia l’ostacolo di più frequente riscontro nella gestione del dolore pediatrico?” nel 68,07% delle risposte si ritiene sia dovuto alla scarsa preparazione durante il corso di studi.
Da questi risultati, anche se riguardanti solo il 13,1% dei pediatri di famiglia di tutto il territorio nazionale, omogeneamente distribuiti, si evince che è necessario ancora superare le diffidenze nei confronti di alcuni farmaci quali gli oppiacei, che si deve imparare a far entrare nella routine clinica la misurazione del dolore, che si deve favorire e cercare più frequentemente un approccio multidisciplinare sottolineando che l’aspetto più rilevante è di implementare la formazione e l’aggiornamento del pediatra di famiglia.
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