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Mercoledì 02 MAGGIO 2012
Taglio cesareo: proporzione su parti primari (media nazionale esiti 28,34%)
La proporzione di parti effettuati con taglio cesareo è uno degli indicatori di qualità più frequentemente usato a livello internazionale per verificare la qualità di un sistema sanitario. Questo perché il ricorso inferiore al cesare risulta sempre associato a una pratica clinica più appropriata, mentre diversi studi suggeriscono che una parte dei tagli cesarei è eseguita per “ragioni non mediche”. Eppure il numero dei parti con taglio cesareo è andato progressivamente aumentando in molti Paesi. In Italia, in particolare, si è passati da circa il 10% all’inizio degli anni Ottanta al 37,5% nel 2004, la percentuale più alta d’Europa, che in media si assesta a una quota inferiore al 25%.
Per non distorcere il confronto tra ospedali, è necessario tenere in considerazione le possibili variabili di rischio cesareo delle pazienti che si recano nelle diverse strutture: il taglio cesareo è, infatti, indicato in molte situazioni cliniche, come, ad esempio, complicanze a carico della placenta o del cordone, distress fetale, infezione da Hiv, sproporzione feto-pelvica; inoltre differenze socio-demografiche o nella disponibilità dei servizi per le gravidanze ad alto rischio aumentano la probabilità di un cesareo.
L’indicatore viene calcolato come proporzione di parti con taglio cesareo primario (primo parto con taglio cesareo di una donna), essendo altissima la probabilità (superiore al 95%) per le donne con pregresso cesareo di partorire di nuovo con questa procedura.
In Piemonte, tutte le prime cinque strutture con performance ottimali presentano dati statisticamente certi. La percentuale più bassa di ricorso al cesareo si osserva all’Ospedale S. Andrea di Vercelli (10,9%) seguita dall’Ospedale M. Vittoria di Torino (12,1%) dal Civile di Ivrea (12,7%) tallonato dall’Ao S. Croce e Carle di Cuneo (12,9%). Chiude la rosa delle aziende con la proporzione di cesarei inferiore alla media italiana, l’Ospedale Maggiore di Savigliano (13,4%). Il più alto ricorso al cesareo si registra invece all’Ospedale Umberto I di Torino (31,3%) al S. Biagio di Domodossola (29,4%) e al S. Spirito di Casale Monferrato 29,2%. Tutte strutture in fascia grigia, come le ultime due che chiudono il gruppo ossia l’Ospedale Civile di Susa e il S. Antonio e Margherita di Tortona entrambe però con percentuali inferiori alla media italiana (rispettivamente 28,2% e 28,1%).
Sopra la media, ma in fascia grigia, anche l’Ospedale U. Parini di Aosta con una proporzione di cesarei del 31,1%.
È basso il ricorso ai cesarei nelle prime cinque strutture della Lombardia (tutte in fascia blu): si va dal 4,4% del Vittorio Emanuele III a Carate Brianza, al 6,8% dell’Ospedale Civile di Vimercate fino al 7,2% della clinica il Bambin di Monza. Chiudono il gruppo d testa l’Ospedale Sacra Famiglia F.B.F. a Erba (8,5%) e il presidio Ospedaliero V. Buzzi di Milano (9%). Sono invece da allarme rosso le performance delle ultime cinque strutture con esiti non appropriati, ossia l’Ospedale Civico di Codogno con un ricorso al cesareo pari a 45,9%, l’Istituto Clinici di Brescia (44,5%), e le cliniche Città di Pavia (41,8%), S. Pio X a Milano (40,1%) e Beato Matteo a Vigevano (38%).
Percentuali più alte rispetto alle regione del Nord Ovest si osservano nelle prime cinque strutture con esiti inferiori alla media italica della Liguria. Il minor ricorso al cesareo si registra all’Ao S. Bartolomeo di Sarzana (19,1%) seguito dall’Ospedale S. Paolo di Savona (20,6%), dall’Ao di Imperia (21,9%). Chiudono il gruppo e in fascia grigia il S Carlo Voltri di Genova (27,7%) e il Galliera di Genova con una percentuale superiore alla media (29,9%)
A guidare il gruppo delle ultime cinque strutture con i “peggiori” esiti è il Gaslini di Genova (47,9%) tallonato a breve distanza dall’Ao S. Martino (46,4%) e dall’Ospedale Villa Scassi di Genova (46,3%). Nella rosa degli ospedali con il più alto ricorso al cesareo ci sono infine il S. Corona di Pietra Ligure (38,8%) e l’Ospedale Evangelico di Genova (35,5%).
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