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Lunedì 04 DICEMBRE 2023
Pishbin: “Importante la sensibilizzazione contro la violenza e la difesa dei diritti dei più deboli e delle donne”

Nel laboratorio di analisi della Asl di Nuoro, Maria Virginia Pishbin opera come dirigente medico in patologia clinica, ma è anche presidente dei Giovani iraniani in Italia. E’ impegnata nella lotta contro ogni forma di violenza e la difesa dei diritti dei più deboli e delle donne, in particolare dell’Iran, dove ha radici familiari”.

“Sono impiegata all’ospedale San Francesco di Nuoro - racconta al nostro giornale Maria Virginia Pishbin -, l'ombelico della Sardegna, dove opero nel laboratorio analisi della Asl3 come dirigente medico in patologia clinica. È il territorio nuorese stesso che mi ha permesso di crescere professionalmente durante il post laurea in qualità di guardia medica. Alla fine del 2016 mi sono poi trasferita a Napoli per la specializzazione in Microbiologia al Policlinico Federico II, in Sardegna sono rientrata nell’anno 2021 collaborando per l’attività di tracciamento durante la pandemia, ed in Asl sono stata assunta lo scorso anno partecipando al concorso bandito da Ares Sardegna per dirigenti in patologia clinica. Quando ero a Napoli ho vissuto il primo anno della pandemia, quando ancora i vaccini non c’erano, e la ricordo come una forte esperienza umana, ero specializzanda all'ultimo anno e svolgevo attività di guardia medica nel rione Sanità, una esperienza formativa in tutti i sensi”.

“Intraprendere una professione quantunque umanitaria, quale è quella anche del medico, così come l’attivismo sociale umano contro le forme di violenza, possiamo dire, fa parte di me. Sono nata a Sassari da padre persiano e madre sarda. I miei genitori si sono conosciuti all’università. Mio padre, che è venuto a mancare nel 2016, aveva scelto Sassari per intraprendere all’università la facoltà di Agraria, anche se avrebbe voluto studiare sociologia. Ma la legge del regime all’epoca non permetteva agli studenti di ricevere fondi che potessero arrivare dall’Iran, anche se dalla propria famiglia, per materie diverse a quelle tecniche. In Iran mio padre non ha più potuto vedere la sua famiglia, dopo il 1981 non è più potuto rientrare, erano cominciati i rastrellamenti. Ho quindi anche radici familiari, di parenti a me cari, anche un cugino medico, che vivono in Iran. Ed ecco che in contemporanea alla mia attività di medico, da sempre ho cominciato anche a sostenere con la mia famiglia il consiglio nazionale della resistenza iraniana con la sua presidentessa eletta, ed a sentirmi coinvolta attivamente e sensibilmente nella lotta per i diritti umani e contro ogni forma di violenza. La mia prima grande manifestazione alla quale ricordo di aver partecipato è stata a Washington con mio padre nel 2003, la mia grande speranza è quella di varcare un giorno le porte del paese paterno. Ebbene si, non sono mai stata in quella terra dei miei avi e che bramo conoscere e vivere da donna libera”.

“Parlo così perché, è cosa risaputa a chiunque apra oggi le notizie di attualità, l'Iran è una terra sequestrata, rapita, soggiogata e bistrattata in tutto e per tutto. Hanno fatto le peggiori leggi per umiliare, defraudare e reprimere milioni di persone. Ti parlo a tratti appassionata perchè possa darti l'idea di cosa possa serbare nel cuore e in quale modo io possa esprimere il mio sentimento per la causa iraniana: essendo la voce dei senza voce, facendo da megafono alle migliaia di prigionieri politici rinchiusi nelle segrete torturati a morte, stuprati, giustiziati con la parola libertà stretta tra i denti. Ho visto ragazzi e le ragazze che rischiavano la loro vita per le strade, per lottare, contro questa violenza infernale che colpisce la comunità iraniana, bambini, donne e uomini semplicemente per una ‘cultura’ estremista che non ha nulla di umano, che non dovrebbe più esistere in una civiltà umana e moderna. Ecco perché anche io, nel mio piccolissimo infinitesimale sforzo rispetto al loro, ho deciso di impegnarmi attivamente in questa lotta, che nutre un sentimento di sensibilizzazione a qualsiasi forma di violenza, che sa di giustizia, di libertà, e di forza”. - conclude Pishbin.

Elisabetta Caredda

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