quotidianosanità.it
“Il documento EMA mi sembra molto utile a fare chiarezza sulla utilizzabilità degli studi a braccio singolo. Arriva in un momento in cui ormai questi trial hanno avuto un ampissimo uso, soprattutto in oncologia. Una recente review pubblicata su Jama Oncology su dati FDA nel decennio 2002-2021 individuava 176 studi a braccio singolo che hanno portato all'approvazione del farmaco, spesso con procedura accelerata. Nella metà dei casi si trattava di nuove molecole, quindi non nuove indicazioni per molecole già presenti”. A dirlo Mauro Biffoni, direttore Dipartimento Oncologia e medicina molecolare ISS, componente di Cts e Cpr dell'Aifa. “Questo fa capire - prosegue - che il processo è in atto ormai da tanti anni anche se ha avuto un'accelerazione nel periodo dell'ultimo quinquennio. Il documento evidenzia però che deve essere adeguatamente giustificato il ricorso ad un disegno a braccio singolo: viene dato per assodato che la capacità di individuare il reale effetto dei farmaci di un approccio classico, cioè lo studio randomizzato, è ovviamente superiore, quindi il single trial è uno studio di ripiego. Io penso che le agenzie e le autorità competenti debbano essere sufficientemente elastiche per accettare nuovi modelli di valutazione, perché il fine ultimo di tutti noi è quello di portare i trattamenti che cambiano la storia clinica di malattie importanti il più presto possibile alla disponibilità dei malati e quindi si debbano accettare questi nuovi approcci, che però non devono essere delle scorciatoie per avere invece delle valutazioni meno affidabili e arrivare con dei farmaci che poi diventano anche magari predominanti nell'utilizzo clinico senza avere alle loro spalle un'adeguata validazione formale di questi trattamenti. Vedo quindi un ambito di applicazione anche auspicabile, come alcune patologie rare, in cui non abbiamo assolutamente delle terapie efficaci, ma solo interventi di supporto, palliativi di alcune sintomatologie allo scopo di introdurre dei farmaci che invece abbiano un effetto sulla storia naturale della malattia. In questi casi ha meno importanza uno dei limiti degli studi a braccio singolo cioè l’assenza di un comparatore e la necessità di ricorrere a dati storici di riferimento il che non consente di quantificare chiaramente un effetto del farmaco. Questo può essere accettabile quando in una patologia sappiamo che l'andamento è uniformemente verso un peggioramento, verso addirittura il decesso in tempi che non sono molto variabili, allora li si riesce a capire effettivamente il vantaggio eventualmente apportato del farmaco, perché abbiamo un evento che da solo non avrebbe avuto alcuna possibilità o una possibilità molto limitata di essere evitato senza trattamento. Tutti questi aspetti nel reflection paper sono molto ben evidenziati e quindi, diciamo, si sdogana, anche se forse non c'era più bisogno di farlo, l’uso dei single arm trial. In questo caso, e più in generale in tutti gli studi clinici, secondo me, ci vuole uno sforzo anche delle aziende, e di altri che propongono gli studi per cercare di disegnarli in maniera da favorire il confronto con le alternative disponibili. Il riconoscimento della minore affidabilità degli studi a braccio singolo rispetto agli studi comparativi dovrebbe anche tradursi in una reciproca flessibilità delle aziende e delle agenzie che favorisca l’introduzione di farmaci promettenti con valutazioni che tengano conto delle incertezze delle evidenze e che siano modificabili successivamente, sulla base dei risultati che si ottengono nell’uso clinico”. “Di recente una guida proposta dai direttori delle agenzie regolatorie europee, se non sbaglio ancora in consultazione, va a valutare come si può costruire un catalogo di sorgenti di dati affidabili, da indicare anche alle aziende, per costruire i propri studi, ma utile ovviamente per tutti, anche per i valutatori, per individuare la qualità delle sorgenti sulla base dei metadati che accompagnano i dati che poi possono essere utilizzati per i confronti. Nel caso degli studi a braccio singoli molto spesso è importante e necessario affidarsi a delle valutazioni di dati, già ottenuti, per esempio quelli osservazionali nelle malattie rare (es. su base genetica) E lì, appunto, bisogna avere dei dati di qualità affidabile sufficienti a capire quanto il confronto possa essere attuale. Infatti in alcune malattie molto rare, abbiamo delle storie naturali, osservate in periodi temporali molto lunghi, nei quali possono essere intervenute modifiche delle terapie di supporto che possono aver cambiato alcuni parametri, come per esempio il tempo di sopravvivenza, l'incidenza di complicazioni della patologia, che possono essere modificate, appunto, nel corso del tempo, e quindi fanno riferimento a una storia clinica naturale registrata molti anni prima. Questo interferisce fortemente nella valutazione di un nuovo trattamento”.
stampa | chiudi
Lunedì 02 OTTOBRE 2023
Biffoni (Iss-Aifa): “SAT, necessaria flessibilità nel considerare nuovi modelli studio”
© RIPRODUZIONE RISERVATA