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L’OCSE non ha dubbi e lo dice in modo chiaro nel suo ultimo rapporto “Health at a glance 2022”, appena pubblicato: “Gli infermieri costituiscono la categoria più numerosa di operatori sanitari in quasi tutti i paesi dell'UE. Il ruolo chiave che svolgono nel fornire assistenza negli ospedali, nelle strutture di assistenza a lungo termine e nella comunità è stato nuovamente evidenziato durante la pandemia COVID-19. Le preesistenti carenze di infermieri sono state aggravate durante i picchi dell'epidemia, in particolare nelle unità di terapia intensiva, ma anche in altre unità ospedaliere e strutture di assistenza a lungo termine”. Rispetto alla media OCSE, sottolinea la Fnopi, “l’Italia ha 2 infermieri ogni 1.000 abitanti in meno, che si tradurrebbe in base alla popolazione Istat a inizio 2022 in una carenza di quasi 118mila infermieri. Ma le differenze tra i sistemi sanitari dei vari paesi consentono di rimodulare e ridurre il fabbisogno e la carenza italiana, come ha evidenziato anche la Corte dei conti nella sua memoria sulla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NADEF) di inizio novembre, in perfetta analogia con quanto dichiarato dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), è di circa 65.000 unità, tra territorio e ospedale, considerando un rapporto, come indicano gli standard internazionali, di almeno tre infermieri ogni medico, mentre l’Italia si ferma a 1,6, circa la metà”. “Il solo decreto 77 del 2022 di riorganizzazione del territorio (quello che prevede le case e gli ospedali di comunità, le centrali operative, il potenziamento dell’assistenza domiciliare integrata e così via) per essere operativo ne richiede circa 20.000 di “famiglia e comunità” che però non ci sono: quando in piena pandemia il decreto-legge 34/2020 ne aveva prevista e finanziata l’assunzione di 9.600, si è riusciti a immetterne negli organici Ssn non più di 3.500”, rimarca ancora la Fnopi che mette poi all'indice anche i bassi trattamenti economici della categoria. “Le cause che indica l’OCSE sono le stesse evidenziate dalla FNOPI: scarsa attenzione alle politiche del personale negli anni, blocchi delle assunzioni, scarsa attrattività della professione sia per l’impegno estremamente gravoso che comporta, sia, nel nostro paese, per le scarse opportunità di carriera e le basse retribuzioni”, scrive ancora la Federazione degli infermieri ricordando che l’Italia secondo il rapporto OCSE “non brilla nemmeno per quanto riguarda i neolaureati: ce ne sono 17 per 100.000 abitanti nel 2021 (quartultima in classifica sui 38 paesi OCSE), contro ad esempio i 38 della Francia, i 42 del Regno Unito o i 43 della Germania, con la Svizzera in testa alla classifica con 112 laureati nel 2021 ogni 100mila abitanti”. “In Italia – commenta la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli - abbiamo una professione infermieristica che soffre di un appiattimento organizzativo, formativo e contrattuale: una situazione che non ci possiamo più permettere. C'è bisogno di lavorare su un'evoluzione di questa professione, di formare infermieri specialisti, riconoscerne il ruolo giuridico ed economico. Senza tali presupposti - ammonisce la presidente Fnopi - non può esserci una risposta appropriata ai bisogni di salute complessi e non ci può essere realmente un sistema salute degno di questo nome".
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Mercoledì 07 DICEMBRE 2022
Fnopi: “Professione infermieristica appiattita sul piano organizzativo, formativo e contrattuale”
Lo sotolinea oggi in una nota la Fnopi ricordando che gli infermieri soo comunque pochi in tutti i paesi dell’OCSE (specie in quelli UE) tanto che “in alcuni paesi che hanno un numero relativamente basso di infermieri come l'Italia e la Spagna, un gran numero di figure di supporto (o ausili infermieristici come li definisce l’OCSE) forniscono assistenza agli infermieri”.
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