quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Giovedì 09 FEBBRAIO 2012
Stato vegetativo. Per il 74% la causa non è un incidente. Età media dei pazienti: 55 anni
Presentato questa mattina nel corso della II Giornata sugli stati vegetati svoltasi presso la sede del ministero della Salute di lungotevere Ripa, l’esito del Progetto nazionale di ricerca Ccm 2009-2010 “Funzionamento e disabilità negli stati vegetativi e negli stati di minima coscienza”.
Lo studio, finanziato dal ministero della Salute e coordinato dalla Fondazione Irccs Istituto neurologico Carlo Besta di Milano, ha coinvolto 78 centri italiani e 39 associazioni e federazioni di familiari con l’obiettivo di creare una rete tra le diverse realtà nazionali che si occupano di questi pazienti per poter valutare il funzionamento e la disabilità delle persone con tali diagnosi secondo una prospettiva bio-psico-sociale.
La ricerca nella fattispecie ha valutato la condizione clinica di 602 pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza, l’impatto di questa condizione su 487 familiari e i livelli di stress di 1247 operatori socio-sanitari a diretto con tatto con questi pazienti.
Di questi 602 pazienti analizzati, il 64% era ricoverato in un centro di lungo assistenza, il 26% in un centro di riabilitazione per post acuti mentre il 10% risiedeva presso la propria abitazione. Il 70% dei pazienti aveva una diagnosi di stato vegetativo ed il restante 30% una diagnosi di stato di minima coscienza.
I dati emersi hanno evidenziato come i pazienti con disturbi dello stato di coscienza (DOCs) abbiano in media 55 anni e siano prevalentemente maschi (59%) sposati nel 54,8% dei casi. La principale causa del loro disturbo di coscienza, contrariamente a quanto si possa pensare, è di natura non traumatica (74%), ma da esito sia di emorragie che anossie cerebrali (in totale 63,4% degli stati vegetativi e 49,7% degli stati di minima coscienza). Le persone esaminate si trovano in questo stato mediamente da circa 5 anni. Oltre il 16% supera i 6 anni, vi sono stati inoltre alcuni casi di persone in stato vegetativo da più di 20 anni ed un caso di stato di coscienza minima da più di 35 anni.
Di questi 602 pazienti oggetto dello studio, 36 sono bambini/adolescenti. Il 69% di questi è di sesso maschile con un’età media di 7 anni per quanto concerne la diagnosi di stato vegetativo e 10 anni per gli stati di minima coscienza. Contrariamente agli adulti la maggioranza dei bambini ha un disturbo della coscienza da causa traumatica ed il 77% di loro si trova a casa dove le famiglie si occupano della loro assistenza 24 ore su 24.
Lo studio ha analizzato anche i caregiver: 487 familiari di pazienti con una diagnosi di questo tipo. La loro età media è di 52,3 anni e nel 77% dei casi si tratta di donne sposate. Sul piano occupazionale il 49,1% di loro lavora, il 24,2% è pensionato ed il 23,6% casalingo. Sul piano assistenziale il 55% dedica più di 3 ore al giorno all’assistenza del proprio familiare, ma la maggior parte dei cargiver di minori, come dicevamo, ha dichiarato di prestare assistenza continua 24 ore al giorno.
La ricerca si conclude, infine, prendendo in esame 1247 operatori del settore sanitario e socio-sanitario che si occupano di assistere questi pazienti ricoverati in 78 istituzioni italiane. Il campione analizzato esercita mediamente la professione con pazienti in stato vegetativo o di coscienza minima da 7 anni. Il 14,4% di loro ha riportato alti livelli nella sottoscala esaurimento emotivo, il 12,6% di depersonalizzazione e il 22% di mancanza di soddisfazione personale. Scendendo nel particolare, sono gli infermieri la categoria più a rischio di stress cronico (35,4%). Tra i maggiori fattori associati allo sviluppo dello stress, infine, si è segnalato come il fatto di essere giovani e il lavorare da più anni con queste tipologie di pazienti, siano elementi associati ai più alti livelli di esaurimento emotivo e depersonalizzazione degli operatori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA