quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 13 GENNAIO 2012
Farmacie, parafarmacie e le leggi del mercato. Le vostre lettere

Egregio direttore,
sto seguendo la puntualità con la quale sta affrontando la problematica della liberalizzazione dei farmaci e delle farmacie.
Non voglio qui attardarmi a ripetere le mie convinzioni, radicate nella mia cultura giuridica da oltre un trentennio, anche perché rischierei di riscrivere qui quanto sto facendo altrove.
Le scrivo perché stimolato dalla piccola polemica insorta tra Lei e il dott. Andrea Russo, titolare di una parafarmacia, che ho trovato interessante, specie nelle conclusioni cui Ella è pervenuto.
Da convinto sostenitore della permanenza della concessione pubblica, in virtù della quale si esercita l'attività di farmacia, ritengo che il decremento del quorum rappresenti più un pericolo che una soluzione.
L'azienda-farmacia, in quanto tale, ha necessità di realizzare i ricavi indispensabili per mantenere l'efficienza che l'ha sempre contraddistinta nel sistema salute. Per farlo necessita di una consistente disponibilità economico-finanziaria, che le consenta di sostenere i costi di funzionamento, ivi compresi quelli del personale in servizio, e i rilevanti oneri derivanti dagli ormai abituali ritardi di pagamento delle somministrazioni erogate all'utenza in regime di convenzionamento con il SSN.
Sta accadendo però che i detti ricavi, sui quali veniva disegnato il suo ideale format aziendale, si stanno contraendo a causa degli sconti, imposti per legge, di circa il 10% praticati in regime di convenzionamento, dell'ingresso prepotente dei generici che hanno assottigliato l'entità degli scontrini, dalla maggiore appropriatezza nella prescrizione medica, dalla distribuzione per conto dei medicinali più costosi, dagli interessi sopportati per i riferiti ritardi negli incassi da effettuarsi a cura delle asl e, non ultimo, dalla apertura delle parafarmacie con conseguente contrazione delle vendite dei SOP e OTC.
Quindi, è venuto meno nel mercato delle farmacie il pregresso rapporto ottimale tra costi e ricavi, tanto da determinare una sensibile caduta dell'utile aziendale che, è bene sottolinearlo, è comprensivo della prestazione professionale resa dal farmacista. Questi sono gli stessi motivi che avrebbero meritato, a suo tempo, qualche riflessione in più da parte di tutti coloro che, alla luce della riforma Bersani, si sono avventurati nelle aperture di parafarmacie che, di fatto, non hanno rappresentato propriamente un affarone.
Ma l'argomento che vorrei meglio affrontare, seppure in poche righe, è capire l'opportunità o meno di ritoccare l'attuale sistema e quanto sia giusto affrontarlo così come il Governo lo propone nella bozza di decreto legge in circolazione.
Quanto alla prima "esigenza" della politica, sono convinto non solo della sua inutilità ma anche del pericolo che rappresenta. Rompere l'equilibrio servizio reso/soddisfazione dell'utenza, consolidatosi in circa mezzo secolo, sarebbe un grave danno, anche perché verrebbe a mettersi in discussione quel ruolo sostitutivo, quasi ancillare, che la farmacia ha svolto in favore dei cittadini, soprattutto anziani, in relazione alla manifesta assenza di quell'assistenza territoriale ovunque latitante.
Quanto, invece, alla proposta governativa due cose soltanto. La prima, rompe ciò che c'è e non soddisfa nulla, salvo a determinare danni incalcolabili in termini di saldo occupazionale tra coloro i quali avranno una nuova farmacia e i dipendenti di quella tradizionale che si troveranno inoccupati. La seconda, distribuisce il volume d'affari delle farmacie tanto da rendere insufficienti i ricavi alle une e alle altre, un po' quello che successo con le parafarmacie.
Un dubbio. Con il cash flow che verrà a mancare alle farmacie, le stesse saranno in grado di finanziarie ancora il SSN attraverso la sopportazione degli enormi ritardi capitalizzati sino ad oggi?
Con segni di stima
Ettore Jorio
(13/01/2012)


Come si può essere d'accordo con quello che Lei scrive, soprattutto alla fine della risposta data al Dr.Andrea Russo. Stiamo attraversando un periodo di forti tensioni per via del fatto che esistono persone che hanno troppo e molti che non hanno nulla, soprattutto non hanno un lavoro oppure hanno un lavoro poco retribuito, non possiamo pensare che il mercato possa risolvere tutti i
problemi, anche perché abbiamo visto che è il mercato che ci ha creato i problemi. Occorre comunque considerare che la farmacia è pur sempre una concessione governativa, non vedo perchè questa concessione debba essere esclusivamente alla portata di chi già è titolare o di chi è milionario. Penso che rispetto al mondo che ci circonda e alla velocità  con cui si muovono le cose siamo già  molto in ritardo nel consentire a chi ne ha i titoli e le professionalità, e il merito , e non solo i soldi, di poter arrivare dignitosamente alla fine del
mese. Consentendo a tutti coloro che ne sono meritevoli di poter svolgere la professione per cui hanno duramente studiato e per cui hanno profuso negli anni molti sforzi. Scusi se mi sono permesso (attualmente sono senza lavoro).
Distinti saluti
Dr. Aldo Marconi
(13/01/2012)


Egregio dott. Fassari,
mi permetta di aggiungere una nota al dott. Andrea Russo... cosa vuol dire aver "fatto una scelta di autonomia e di libertà, decidendo di essere un professionista e un imprenditore" ? Si può forse parlare di libertà senza prima obbedire alle regole che una società, la nostra, si è data? Certo le regole possono e devono cambiare quando esauriscono il senso della loro promulgazione, ma non mobilitanto emozioni che fanno perdere la lucidità prima chi è interessato a vederle cambiare e poi al legislatore che valuterà in merito. Le lenzuolate passate docet.
Grazie e cordiali saluti.
Savino Roggia, Vernante (CN)
(13/01/2012)


Gentile dott. Fassari,
leggo da tempo il suo giornale e mi compiaccio per la sua esaustività. Ho avuto modo di leggere poco fa la lettera del prof. Jorio, che conosco per avere letto tante delle sue cose scritte sul Sole24ore, e devo dirle che sono d’accordo con le sue conclusione. E’ difatti vero che la farmacia di oggi non è più quella di ieri. I suoi incassi sono ridotti ovunque del 25/30% tanto da rendere difficile che possano garantire l’attuale occupazione e il vigente livello di servizio. La sanità ha ridotto, a ragione, soprattutto sulla farmaceutica.
L’abbassare il quorum a 3000 abitanti indebolirà tutti, vecchi e nuovi, perche tenuto conto delle parafarmacie esistenti sul territorio il tetto demografico disponibile scenderà tra i 1600/1800 abitanti, insufficienti a garantire utili dignitosi.
Cosa si vuole fare con una simile riforma, oltre che fare contento Bersani? Si vuole distruggere il servizio di somministrazione dei farmaci ai cittadini? Si vogliono incentivare i fallimenti di farmacie, vecchie e nuove, e delle parafarmacie? Si vuole arricchire la GDO?
 Immagini per un po’ a pensare che tutte le farmacie decidano di non finanziare con i loro crediti la sanità italiana. Cosa succederebbe?
 E’ davvero un gioco da matti. Frutto di chi non sa neppure cosa sia una farmacia.
 Molti saluti
 Dott. Gianni Rallo
(14/01/2012)

 
Samuel Taylor Coleridge la definiva una sospensione dell'incredulità. E' la capacità di eludere la capacità critica dello spettatore nei confronti di un'opera, relegandola in un limbo del raziocinio, allo scopo di consentirgli di godere appieno della creazione fantastica dell'artista.
Non trovo altra spiegazione alla amnesia critica che ha colpito politici, giornalisti e liberi pensatori in genere davanti alla liberalizzazione dei prezzi dei farmaci di fascia C, quelli non rimborsati dal Ssn.
La ratio è nell'esaltazione della concorrenza virtuosa, tendente a favorire un abbassamento dei prezzi e il risparmio del cittadino.
La prima e ovvia conseguenza è che nelle zone commercialmente favorite  il prezzo potrebbe scendere in funzione della vivacità concorrenziale dei farmacisti. Si, ma nella altre? Nella periferia degradata dove nessuno va ad aprire parafarmacie o corners della salute, nei paesini montani, per non parlare delle isole, cosa spingerà il farmacista ad abbassare i prezzi del farmaco?
E' pensabile una disparità quasi incostituzionale di trattamento tra cittadini che hanno pari diritto di accesso alle cure? O forse le aspettative del legislatore sono su una transumanza di pensionati dalle periferie al centro della città, alla caccia delle supposte in offerta speciale? Non dimentichiamo che è l'anziano il primo fruitore  del bene-farmaco, e spesso il soggetto economicamente più debole della platea sociale, colui che davvero beneficerebbe di un risparmio sulle medicine.
A pensare male si fa peccato, ma visto che il prezzo del farmaco, prima del decreto Monti, era in tutta Italia uguale e fissato per legge, cosa ha impedito al nuovo governo di favorire il risparmio del cittadino, semplicemente abbassandone il prezzo? Verrebbe da ipotizzare che lasciare il prezzo dei farmaci agli umori e alle fantasie del mercato, sia solo un gentile regalo alle aziende produttrici che vedrebbero moltiplicare i punti vendita senza che il paziente possa godere di un vantaggio equo per entità e distribuzione. Stiamo parlando di un bene essenziale e democratico, non di mazzi di carciofi. Salute pubblica e liberalizzazioni sono parole da usare con molta cautela nella stessa frase.
Maurizio Bisozzi
(15/01/2012)
 
"Si guardi all'Europa..."
FRANCIA, ESTATE 2011 Il governo francese alza il quorum delle farmacie da 3000 a 4500 abitanti per sede farmaceutica.
Il motivo?Semplice e chiaro,oltre la metà delle farmacie francesi erano a rischio chiusura,schiacciate da debiti che non potevano onorare a causa del crollo dei loro fatturati e dei loro margini di guadagno.
Premetto che la situazione delle farmacie italiane è molto simile a quella delle francesi.
ITALIA, GENNAIO 2012 Il governo Monti vuole abbassare il quorum per l'apertura di una farmacia a 3000 abitanti( i precedenti parametri erano 5000 abitanti per i comuni sotto i 12500, e 4000 per quelli sopra 12500).
Motivo? Secondo i loro calcoli,con più farmacie si aumenta il Pil,l'occupazione e diminuiscono i prezzi dei farmaci,dunque è un buon intervento.
-PROBLEMA NUMERO 1:la "torta" della spesa farmaceutica è quella,non varia a seconda dei cicli economici,quindi più farmacie significano riduzione dei fatturati per le altre.Dunque in sostanza,avremo più farmacie,ma più piccole,con meno servizi e minore assortimento.
-PROBLEMA NUMERO 2:l'occupazione per il motivo enunciato sopra non aumentrebbe,anzi diminuirebbe perchè le farmacie nuove assumeranno,ma le esistenti saranno costrette ad operare massicci licenziamenti.
-PROBLEMA NUMERO 3:il cittadino non avrebbe alcun vantaggio economico,perchè con molte farmacie,di piccole dimensioni,i prezzi aumenterebbero sensibilmente a causa della contrazione dei loro fatturati.
Dal punto di vista professionale la farmacia non potrebbe più svolgere le sue molteplici funzioni di presidio sanitario,e sarebbe costretta a trasformarsi in una mera attività commerciale,ispirandosi esclusivamente alla logica del profitto.
Nei piccoli centri,dove con il nuovo decreto aprirebbe una farmacia nuova accanto a quella esistente si osserverebbe il paradosso che nel giro di pochi mesi chiuderebbe entrambe,per il fatto che una farmacia per vivere ha bisogno di un fatturato minimo o di un sussidio statale.
Dal lato del contenimento della spesa farmaceutica i costi si impennerebbero,perchè lo Stato sarebbe costretto a rivedere verso l'alto la remunerazione dei servizi prestati dalle farmacie.
L'auspicio è che questo governo,ispirandosi all'Europa(tanto decantata),eviti di produrre danni incalcolabili per quanto riguarda il servizio farmaceutico,oltrechè economici ed occupazionali.
Prof.Monti guardi all'Europa...
Giacomo Sandrelli
Magliano in Toscana(Gr)
(17/01/2012)
 
Gentile redazione i nodi del Decreto Bersani del 2006 stanno venendo al pettine. Il suddetto decreto fu fatto per creare un "cavallo di Troia" e portare farmaco e farmacista nei supermercati e spianare la strada ai grandi capitali (per la creazione di catene). Ci dovrà essere nei prossimi giorni un decreto su questo tema e ci saranno sicuramente più farmacie (già siamo in perfetta media europea, ma un aumento sostenibile ed uno snellimento dei concorsi è perlomeno augurabile). Invito gli organi preposti a considerare come titolo la titolareità di parafarmacia ed i titolari di parafarmacia (ingannati dal decreto Bersani e convinti di chissà quale margine nel parafarmaco e nel farmaco) a partecipare ai concorsi per l'assegnazione delle nuove sedi.
Distinti Saluti
Dott. Marco Sorbello
(17/01/2012)
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA