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Giovedì 12 DICEMBRE 2019
Bianco (Osservatorio Anaao sul Ssn): “L’Anaao e la sanità pubblica, un destino comune”

La costituzione del sindacato Anaao nel 1959 “fu certamente figlia di quei tempi, ma anche del coraggio, della fantasia, dell'intraprendenza di uomini che fecero ‘un viaggio di scoperta’ osando guardare con occhi diversi le contraddizioni del loro lavoro di cura contestualmente alle insufficienze organizzative e gestionali dei loro luoghi di cura, medici ospedalieri che ritennero insopportabile, ma non incolmabile, la distanza tra bisogni espressi ed inespressi di tutela sanitaria e l’inadeguatezza ed ingiustizia delle risposte in campo”. Lo ha detto Amedeo Bianco, Coordinatore Osservatorio Anaao Assomed sul Ssn, nel suo intervento alle celebrazioni per il 60° anniversario della nascita del sindacato.

Illustrando l’evoluzione del sistema salute nel Paese, Bianco ha evidenziato come “i tempi in cui nacque l'Anaao erano davvero drammatici per la sanità pubblica e non solo. La spesa pubblica per la sanità era di poco inferiore al 3% di un Pil, piuttosto depresso. Secondo serie storiche ISTAT, nel 1960, i medici ospedalieri pubblici erano circa 23.000 distribuiti in 1.491 “istituti di cura“, e forse dispersi tra i 370.000 posti letto, con ricoveri a degenza media di 28 giorni”.

Solo nel 1958 veniva istituito il Ministero della sanità, “secolarmente competenza del ministero degli interni, ma con pochi poteri compresi quelli ispettivi sugli ospedali”.

Gli Ospedali, ha spiegato Bianco, “erano, sul piano giuridico, fermi alle IPAB della riforma Giolitti del 1923, l'ultima loro classificazione risaliva alla legge Petragnani del 1938 che tuttavia confermò sul piano giuridico la stabilità del posto di lavoro per i soli primari e la famigerata attribuzione esclusiva a questi dei “compensi fissi” da dividere discrezionalmente ed eventualmente agli aiuti ed assistenti, entrambe con rapporti a termine".

In questo contesto, la salute dei cittadini mostrava forti criticità: “Nel 1960 morivano nel primo anno di vita circa 40.000 bambini (nel 1980 circa 9.320, nel 2013 circa 1600). Furono denunciati circa 84.000 casi morbillo, 28.000 di parotite, 7465 di brucellosi, circa 8000 di poliomielite e intanto cominciava la transizione epidemiologica da malattie infettive a cronico degenerative, con in testa le cardiovascolari, i tumori, le disabilità psichiche”.

C’erano le mutue, "ottocentesco patrimonio solidaristico delle classi meno abbienti, nell'immediato dopoguerra si rinforzavano e moltiplicavano intorno a quelle storiche INAM, INADEL, ENPAS, allargandosi a nuove categorie di lavoratori autonomi e liberi professionisti; poveri e senza lavoro entravano in apposite liste comunali di indigenti”.

Questa forma di protezione, ha detto Bianco, “era intrisa di profonde ingiustizie sociali selezionando i profili di tutela in base rischio sociale, di inadeguatezze di offerta di servizi “riparativi”, totalmente inevase le azioni di prevenzione, quelle su lavoro affidate all'INAIL e nel 1960 il NHS inglese era già avviato da 12 anni e soprattutto era già vigente, sempre da 12 anni, l'art. 32 della nostra Costituzione”.

Il sistema mutualistico italiano, “diventato arena di consensi elettorali e poteri trasversali, era altresì inefficiente accumulando debiti anche con gli ospedali. Ripianati dal finanziamento pubblico: pagavano tutti per qualcuno e a volte questi paradossi ritornano sotto nuove spoglie”.

Furono definitivamente soppresse nel 1975 con il trasferimento delle funzioni alle regioni e, leggendo i resoconti parlamentari del dibattito che accompagnò il travagliato iter della legge 833/78, i debiti complessivi ammontavano a 2700 miliardi di lire.

“Queste valutazioni di contesto - ha quindi osservato Bianco - fanno meglio comprendere dove, come e perchè si incontrarono e fusero due destini, quello dell'Anaao e quello della sanità pubblica, cementati dall'idea che il valore del lavoro professionale dei medici espresso in tutti i suoi determinanti (retribuzioni, ruoli, funzioni e status nelle organizzazioni sanitarie, carriere, rappresentatività, tutele previdenziali, sicurezza, disagio, produttività e lo stesso diritto alla libera professione) poteva essere sindacalmente contrattato, ma crescere solo se contestualmente ci si spendeva per far crescere il suo valore sociale, a cominciare dallo sviluppo dei loro luoghi di lavoro alle cui porte da sempre bussano domande, diversamente espresse di tutela in tutti i suoi significati, di giustizia, di solidarietà, di comunità di emancipazione morale e sociale”.
 
Da allora, per Bianco, questo intreccio valoriale ha distinto l'Anaao, evidenziando come "sia stato e sia non solo un motore di sviluppo della sanità pubblica, ma un argine tenace alla disinvoltura dei decisori di turno affinché, nell'inseguire l'utilità dei mezzi, non smarriscano l'utilità dei fini”.

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