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Martedì 16 LUGLIO 2019
Ecco tutte le tappe della vicenda nella ricostruzione del Consiglio di Stato
Di seguito il capitolo integrale della sentenza del Consiglio di Stato dove si ripercorrono le tappe della vicenda Avastin/Lucentis dall’avvio del procedimento dell’Antitrust ad oggi:
1.– Oggetto del presente giudizio è la concertazione anticompetitiva contestata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei confronti delle società del gruppo Roche e Novartis, le quali avrebbero tra loro concertato strategie volte ad ostacolare la legittima possibilità di acquisto ed impiego del farmaco “Avastin” per la cura delle patologie oculari, al fine di favorire le maggiori vendite del farmaco “Lucentis”, di gran lunga più costoso del primo. È necessario premettere i principali fatti rilevanti ai fini del decidere.
1.1.– I farmaci sopra citati sono stati entrambi sviluppati dalla società biotecnologica Genentech Inc. (di seguito: Genentech), soggetto al controllo esclusivo del gruppo Roche sin dal 1990, nell’ambito del proprio programma di ricerca anti-VEGF. Nel 1989 i ricercatori di Genentech scoprirono una proteina prodotta dall’organismo umano, da essi denominata VEGF, responsabile della crescita e del funzionamento di normali vasi sanguigni, ma anche della formazione di vasi sanguigni anomali che contribuiscono alla crescita del tumore in alcune patologiche oncologiche.
Le ricerche di Genentech fecero anche emergere che un’inibizione dell’azione del VEGD avrebbe potuto essere utilizzata per il trattamento di alcune tipologie di tumori umani e quindi scoprirono, nel 1993, un anticorpo in grado di inibire tale azione. All’esito delle attività di umanizzazione di tale anticorpo, i ricercatori di Genentech riuscirono ad ottenere, nel 1996, un anticorpo anti-VEGF umanizzato (ossia adatto alla somministrazione all’uomo), in seguito denominato “bevacizumab”, che poi diventerà il principio attivo del farmaco Avastin.
1.2.- Nello svolgimento di questa attività di ricerca, furono oggetto di esame anche altre patologie collegate all’azione del VEGF e tra queste in particolare una diffusa patologia oculare, nota come degenerazione maculare senile (di seguito: “AMD”). Con riferimento al possibile trattamento dell’AMD e di altre patologie vascolari oculari, i ricercatori di Genentech ritennero, tuttavia, non adatto (in termini di sicurezza e di efficacia) il bevacizumab.
L’inadeguatezza del bevacizumab derivava dalle seguenti considerazioni:
- il trattamento dell’AMD sarebbe dovuto avvenire localmente, ossia attraverso una iniezione intravitreale (di seguito: “ITV”), posto che una somministrazione per via endovenosa (ovvero secondo la modalità prevista per le indicazioni oncologiche per cui il bevacizumab era in corso di sviluppo – determinava una prolungata esposizione dell’intero organismo all’azione anti-VEGF, con conseguente aumento del rischio di gravi elementi avversi di tipo sistemico di natura aterotrombotica e cardiovascolare;
- la possibilità di somministrare per via ITV il bevacizumab (essendo quest’ultimo un anticorpo completo) dava luogo ad una serie di controindicazioni, in termini sia di sicurezza che di efficacia;
- per quanto riguarda la sicurezza, in particolare, il bevacizumab, anche se somministrato per via ITV, si immette poi nella circolazione sanguigna e l’organismo impiega tre settimane per eliminarlo, il che determina una prolungata esposizione dell’organismo alla sua azione anti-VEGF, con conseguenti maggiori rischi di gravi eventi avversi sistemici.
- per quanto riguarda l’efficacia, i ricercatori di Genentech rilevarono che le dimensioni del bevacizumab, in quanto anticorpo completo, rendevano la sua penetrazione nella retina non ideale, non consentendo quindi la massima efficacia del trattamento.
1.3.- Per queste ragioni Genentech ritenne non prudente perseguire il possibile utilizzo del bevacizumab in campo oftalmico e decise di sviluppare un farmaco anti-VEGF specifico per tale ambito. Queste ricerche portarono così all’individuazione, anziché di un anticorpo completo, di un frammento di anticorpo specifico anti-VEGF, in seguito noto come “ranibizumab” (che poi diventerà il principio attivo del farmaco Lucentis). Rispetto al bevacizumab, quest’ultimo viene eliminato dall’organismo in poche ore ed ha dimensioni assai più contenute che ne facilitano la penetrazione retinica e la capacità di legarsi al VEGF.
1.4.- In una fase successiva del rispettivo sviluppo dei due farmaci, Genentech, attiva a livello commerciale unicamente negli Stati Uniti, ha affidato in licenza Avastin alla propria consociata Roche e Lucentis al gruppo Novartis affinché provvedessero alla rispettiva registrazione e successiva commercializzazione dei due farmaci nel resto del mondo.
Più specificamente, in forza del generale diritto di opzione che Roche ha su tutti i prodotti sviluppati da Genentech, quest’ultima ha offerto in prima battuta entrambi i farmaci a Roche. Roche, prevalentemente attiva in campo oncologico, ha esercitato la propria opzione per Avastin nel 2003. Non essendo attiva in campo oftalmico, Roche non l’ha invece esercitata con riferimento a Lucentis, che è stato affidato da Genentech ad una impresa terza, Novartis, con cui ha concluso nel giugno 2003 un accordo di licenza.
I farmaci Avastin e Lucentis hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte delle competenti autorità per il trattamento rispettivamente delle patologie tumorali (Avastin) e delle patologie oftalmiche (Lucentis). Con specifico riferimento all’Italia, il 26 settembre 2005, l’Agenzia italiana del farmaco (di seguito: “AIFA”) ha recepito l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) concessa a livello europeo ad Avastin dall’European Medicines Agency (di seguito: “EMA”) per il trattamento dei tumori metastatici colorettali, inserendo contestualmente il farmaco in classe “H” (vale a dire la classe dei farmaci utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero e interamente a carico del SSN).
Lucentis ha invece ottenuto dall’AIFA l’AIC per il trattamento dell’AMD soltanto il 31 maggio 2007: inizialmente inserito in classe “C” (quella relativa ai farmaci non rimborsabili), a causa del mancato accordo tra AIFA e Novartis a proposito del prezzo di rimborso, Lucentis è stato poi ammesso alla rimborsabilità (e inserito in classe “H”) il 4 dicembre 2008.
La distanza di circa un paio d’anni tra il lancio sul mercato di Avastin e quello di Lucentis (dovuta ad uno sfasamento nell’avvio delle rispettive attività di sviluppo) ha fatto sì che, proprio in quel periodo, a seguito delle prime somministrazioni di Avastin per il trattamento della patologia oncologica per la quale si era sviluppato e approvato, alcuni medici notarono che i pazienti affetti, tanto da tumore quanto dall’AMD, manifestavano effetti positivi anche con riferimento a tale ultima patologia.
Essendo in quel momento l’Avastin l’unico farmaco anti-VEGF disponibile in commercio, alcuni medici ritennero opportuno somministrare Avastin per via ITV ai loro pazienti affetti da AMD, nonostante Avastin non fosse autorizzato per tale indicazione terapeutica, né per tale modalità di somministrazione. È in tali circostanze che, quindi, ha iniziato a diffondersi a livello mondiale l’utilizzo off-label di Avastin in ambito oftalmico, proseguito (a causa del suo minor costo) anche dopo l’approvazione e l’entrata in commercio di Lucentis.
1.5.- Va precisato che, all’epoca dei fatti oggetto del provvedimento, la rimborsabilità dell’uso off-label di un farmaco era subordinata all’assenza di una valida alternativa terapeutica autorizzata per il trattamento della patologia per cui si ricorreva a tale uso e all’inserimento da parte dell’AIFA dell’uso off-label in questione in un’apposita lista di rimborsabilità c.d. Lista 648 (art. 1, comma 4, della legge 23 dicembre 1996, n. 648).
A seguito del rilascio dell’AIC ad Avastin in Italia e del diffondersi anche nel nostro Paese del suo utilizzo off-label in ambito oftalmico, l’AIFA, nel maggio 2007, ha inserito tale uso nella Lista 648 con riferimento al trattamento delle maculopatie essudative (AMD, RVO, DME e degenerazione maculare miopica) e del glaucoma neovascolare, non esistendo all’epoca alcuna valida alternativa terapeutica per le patologie in questione. Successivamente - prima a seguito dell’approvazione e ammissione alla rimborsabilità nel nostro Paese dei farmaci Lucentis e Macugen, autorizzati per il trattamento dell’AMD (fine del 2008), e poi di quella di Ozudex, autorizzato per il trattamento della Retinal Vein Occlusion - RVO (luglio 2011) - l’AIFA ha escluso la rimborsabilità di Avastin off-label per tali patologie. Il 18 ottobre 2012 l’AIFA ha poi adottato una determinazione che ha eliminato completamente Avastin dalla Lista 648, richiamando a tal fine le modifiche e integrazioni del documento relativo alle indicazioni terapeutiche (denominato Riassunto della Caratteristiche del Prodotto: RCP), introdotte il 30 agosto 2012 da EMA.
Da ultimo, l’Agenzia – sulla scorta del parere 10 giugno 2014 della Commissione tecnico scientifica e della valutazione positiva all’uopo effettuata dal Consiglio Superiore di Sanità – con determinazione D.G. n. 622 del 23 giugno 2014, ha disposto il ritorno di Avastin off-label alla rimborsabilità da parte del SSN per la cura della sola degenerazione maculare legata all’età (AMD), benché con specifiche indicazioni per il frazionamento in sicurezza dello stesso all'interno di centri specializzati, nonché per la sua concreta somministrazione.
2.- Con provvedimento n. 24823 del 27 febbraio 2014, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito: “Autorità”) ha accertato che le società F. Hoffmann- La Roche Ltd (di seguito: “Roche”) e Novartis Ag (di seguito: “Novartis”), anche attraverso le controllate Novartis Farma s.p.a. e Roche s.p.a. (di seguito anche solo, rispettivamente, Novartis Italia e Roche Italia), avevano posto in essere, in violazione dell’art.101 TFUE, un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza volta ad ottenere una «differenziazione» artificiosa dei farmaci “Avastin” e “Lucentis”, manipolando la percezione dei rischi dell’uso in ambito oftalmico di “Avastin”.
In particolare, al termine del procedimento - attivato dalle denunce presentate dalla Associazione Italiana Unità Dedicate Autonome di Day Surgey (Aiudapds) e dalla Società Oftalmologica Italiana, e con gli interventi della Regione Emilia Romagna e dell’associazione di consumatori Altroconsumo - l’Autorità concludeva nel senso che, «quantomeno dal mese di giugno 2011», Roche e Novartis avevano posto in essere, «attraverso incontri diretti e scambi di messaggi», una concertazione «pervasiva e continuata», contraria all’art. 101, lettera c), del TFUE, volta a ottenere una «differenziazione artificiosa» dei farmaci Avastin e Lucentis, «manipolando la percezione dei rischi dell’uso in ambito oftalmico di Avastin».
L’intesa avrebbe «mirato a ridurre la domanda, e quindi le quantità vendute, di un prodotto meno costoso (Avastin, pari a € 81,64 per iniezione) a favore del più costoso prodotto concorrente (Lucentis, inizialmente pari a € 1.100 ad iniezione, e poi sceso a € 902 dal novembre 2012), attraverso il condizionamento dei soggetti responsabili delle scelte terapeutiche».
L’obiettivo di massimizzare i rispettivi introiti sarebbe derivato: nel caso del gruppo Novartis, dalle vendite dirette di Lucentis e dalla partecipazione del 33% detenuta in Roche; nel caso del gruppo Roche, dalle royalties ottenute sulle stesse tramite la propria controllata Genentech. Tale strategia sarebbe stata posta in essere «nonostante le imprese fossero consapevoli della scarsità e discutibilità dei dati sugli eventi avversi derivanti dall’uso off-label di Avastin». La sostituzione di Avastin con Lucentis avrebbe comportato «rilevanti difficoltà nell’organizzazione dei servizi sanitari da parte delle Regioni, a fronte della necessità di riprogrammare le risorse finanziarie da destinare all’acquisto del farmaco più costoso con una limitazione nell'accesso alle cure per pazienti affetti da gravi patologie».
Al fine di dimostrare che l’intesa ha prodotto «rilevanti effetti» nel mercato, l’Autorità ha effettuato un «esercizio di stima» dal quale risulterebbe che l’intesa avrebbe «determinato un immediato rallentamento della crescita di Avastin con un conseguente spostamento della domanda verso il più costoso Lucentis, che per il SSN (Servizio Sanitario Nazionale), per il solo anno 2012, [avrebbe] comportato maggiori costi nella misura di quasi 45 milioni di euro». Inoltre, «la completa attuazione delle condotte illecite accertate avrebbe condotto ad una piena sostituzione di Avastin con Lucentis con conseguente aggravio di spesa per il SSN di circa 540 milioni di euro nel 2013 e 615 milioni di euro nel 2014».
Su queste basi, l’Autorità, oltre ad inibire le medesime società ad astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata, ha irrogato, in ragione della gravità e durata delle infrazioni, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie: a carico di Hoffmann-LaRoche e Roche s.p.a., in solido tra loro, € 90.539.369; in capo a Novartis AG e Novartis Farma s.p.a., in solido tra loro, € 92.028.750.
3.– Le quattro società sanzionate hanno autonomamente impugnato il predetto provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il quale, con sentenza 2 dicembre 2014, n. 12168, dopo averne disposto la riunione, ha respinto tutti i ricorsi.
4.– Per ottenere la riforma della citata sentenza, le quattro società sanzionate hanno proposto autonomi appelli innanzi al Consiglio di Stato, riproponendo in sostanza tutti i motivi di ricorso proposti in primo grado, sia pure adattati all’impianto motivazionale della sentenza impugnata.
5. - All’esito della pubblica udienza del 3 dicembre 2015, la Sezione, con ordinanza 11 marzo 2016, n. 966, dopo avere disposto la riunione dei quattro appelli, ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali di corretta interpretazione del diritto eurounitario, ai sensi dell’art. 267 comma 3, TFUE:
«1) Se la corretta interpretazione dell’art. 101 TFUE consenta di considerare concorrenti le parti di un accordo di licenza laddove l’impresa licenziataria operi nel mercato rilevante interessato solo in virtù dell’accordo stesso. Se, ed eventualmente entro quali limiti, ricorrendo tale situazione, le eventuali limitazioni della concorrenza del licenziante nei confronti del licenziatario, pur non espressamente previste dall’accordo di licenza, sfuggano all’applicazione dell’art. 101, par. 1 TFUE o rientrino, comunque, nell’ambito di applicazione dell’eccezione legale di cui all’art. 101, par. 3, TFUE;
2) Se l’art. 101 TFUE consenta all’Autorità nazionale a tutela della concorrenza di definire il mercato rilevante in maniera autonoma rispetto al contenuto delle autorizzazioni all’immissione in commercio (AIC) dei farmaci rilasciate dalle competenti Autorità di regolazione farmaceutica (AIFA ed EMA) o se, al contrario, per i medicinali autorizzati, il mercato giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 101 TFUE debba ritenersi conformato e configurato in via primaria dall’apposita Autorità di regolazione in modo vincolante anche per l’Autorità nazionale a tutela della concorrenza;
3) Se, anche alla luce delle previsioni contenute nella direttiva 2001/83 CE ed in particolare nell’art. 5 relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci, l’art. 101 TFUE consenta di considerare sostituibili e di includere, quindi, nell’ambito dello stesso mercato rilevante un farmaco utilizzato off-label ed un farmaco dotato di AIC in relazione alle medesime indicazioni terapeutiche;
4) Se, ai sensi dell’art. 101 TFUE, ai fini della delimitazione del mercato rilevante, assuma rilevanza accertare, oltre alla sostanziale fungibilità dei prodotti farmaceutici dal lato della domanda, se l’offerta degli stessi sul mercato sia o meno avvenuta in conformità al quadro regolamentare avente ad oggetto la commercializzazione dei farmaci;
5) Se possa comunque considerarsi restrittiva della concorrenza per oggetto la condotta concertata volta ad enfatizzare la minore sicurezza o la minore efficacia di un farmaco, quando tale minore efficacia o sicurezza, sebbene non suffragata da acquisizioni scientifiche certe, non può, comunque, alla luce dello stadio delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca dei fatti, neanche essere incontrovertibilmente esclusa».
6.- La Corte di Giustizia UE con la sentenza 23 gennaio 2018 si è così espressa in ordine ai quesiti formulati dalla Sezione.
§ L’articolo 101 TFUE dev’essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione di tale articolo, un’autorità nazionale garante dellaconcorrenza può includere nel mercato rilevante, oltre ai medicinali autorizzati per il trattamento delle patologie di cui trattasi, un altro medicinale la cui autorizzazione all’immissione in commercio non copra detto trattamento, ma che è utilizzato a tal fine e presenta quindi un rapporto concreto di sostituibilità con i primi. Per determinare se sussista un siffatto rapporto di sostituibilità, tale autorità deve – sempreché le autorità o i giudici competenti a tal fine abbiano condotto un esame della conformità del prodotto in questione alle disposizioni vigenti che ne disciplinano la fabbricazione o la commercializzazione – tener conto del risultato di detto esame, valutandone i possibili effetti sulla struttura della domanda e dell’offerta.
§ L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che un’intesa convenuta tra le parti di un accordo di licenza relativo allo sfruttamento di un medicinale la quale, al fine di ridurre la pressione concorrenziale sull’uso di tale medicinale per il trattamento di determinate patologie, miri a limitare le condotte di terzi consistenti nel promuovere l’uso di un altro medicinale per il trattamento delle medesime patologie, non sfugge all’applicazione di tale disposizione per il motivo che tale intesa sarebbe accessoria a detto accordo.
§ L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che costituisce una restrizione della concorrenza «per oggetto», ai sensi di tale disposizione, l’intesa tra due imprese che commercializzano due medicinali concorrenti, avente ad oggetto – in un contesto segnato dall’incertezza delle conoscenze scientifiche – la diffusione presso l’Agenzia europea per i medicinali, gli operatori sanitari e il pubblico, di informazioni ingannevoli sugli effetti collaterali negativi dell’uso di uno di tali medicinali per il trattamento di patologie non coperte dall’autorizzazione all’immissione in commercio di quest’ultimo, al fine di ridurre la pressione concorrenziale derivante da tale uso sull’uso dell’altro medicinale.
§ L’articolo 101 TFUE dev’essere interpretato nel senso che una siffatta intesa non può giovarsi dell’esenzione prevista al paragrafo 3 di tale articolo
7 - La causa, dopo essere stata chiamata all’udienza del 20 settembre 2018, è stata rinviata all’udienza del 29 novembre 2018, su richiesta dei difensori delle parti, in attesa della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione pregiudiziale rimessa alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla terza sezione del Consiglio di Stato con l’ordinanza 22 settembre 2016 n. 5373, nel ricorso in appello n. 3308 del 2016.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Prima Sezione) è stata quindi pubblicata il 21 novembre 2018, stabilendo quanto segue.
§ L’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, deve essere interpretato nel senso che l’Avastin, dopo essere stato riconfezionato alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26.
§ L’articolo 6 della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali l’Avastin può essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua autorizzazione all’immissione in commercio.
§ Gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali, come modificato dal regolamento (UE) n. 1027/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una misura nazionale che – come quella risultante dall’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, recante « Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996 », convertito dalla legge del 23 dicembre 1996, n. 648, come modificato dal decreto legge del 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge del 16 maggio 2014, n. 79 – autorizza l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a monitorare medicinali come l’Avastin, il cui impiego per un uso non coperto dall’autorizzazione all’immissione in commercio («off-label») è posto a carico finanziario del Servizio Sanitario Nazionale (Italia) e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti.
8.- Riassunto il giudizio a seguito della trasmissione della citata sentenza della Corte di Giustizia, la causa è stata trattenuta in decisione, dopo la discussione delle parti, nella pubblica udienza del 29 novembre 2018, e decisa nelle camere di consiglio del 29 novembre 2018 e 29 gennaio 2019.
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