quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Giovedì 20 DICEMBRE 2018
Fracasso e Sinigaglia (Pd): “Nessuna risposta sulla non autosufficienza, dubbi su Medicine di gruppo, personale, organizzazione ospedaliera”
“È un Piano sociosanitario che non dà risposte ai temi fondamentali che avevamo posto in Quinta commissione e per questo il nostro voto è contrario”. Stefano Fracasso, capogruppo del Partito Democratico e il consigliere Claudio Sinigaglia, relatore di minoranza del provvedimento, commentano così, in una nota, il voto contrario al Pssr 2019-2023 approvato in serata dall’aula di Palazzo Ferro Fini.
“Sono stati accolti – spiegano - alcuni emendamenti per dare risposte alle fasce più deboli della popolazione che vanno a sommarsi alle proposte recepite in Commissione, tuttavia sulle questioni più importanti non ci siamo. A partire dalla non autosufficienza: la garanzia del contributo sanitario per tutti ancora non c’è, si rimanda alla legge di riforma delle Ipab, che stiamo aspettando dal 2000. Ma la situazione è già grave adesso, con seimila persone prive di impegnativa e costrette a pagare per intero la retta della casa di riposo. Anche sul futuro delle Medicine di gruppo, che dovrebbero essere un punto di riferimento sul territorio, permane la confusione progettuale, così come è nebulosa e priva di qualsiasi certezza la riorganizzazione dei plessi ospedalieri”.
“Inoltre - continuano Fracasso e Sinigaglia - è doveroso rivedere l’applicazione del superticket fonte di disuguaglianze e di scivolamento dei ricavi a favore del privato, laddove è più conveniente fare esami lì, anziché nel pubblico. Resta poi tutta da verificare la possibilità di assicurare la piena copertura del personale medico: gli emendamenti della maggioranza, che abbiamo votato, possono essere utili per la fase emergenziale, ma ci sono problemi strutturali ormai ineludibili a livello nazionale e non solo: turnover, rinnovo del contratto fermo da 10 anni, tetto alla spesa”.
“Siamo convinti – concludono i consiglieri del PD - che serva un piano straordinario di assunzioni e anche il Governo potrebbe fare la propria parte: 9 miliardi spesi per un indefinito reddito di cittadinanza, quando ne basterebbe 1,2 per rimpiazzare in termini numerici i medici in uscita dal sistema sanitario pubblico. È un tema prioritario da affrontare con la massima urgenza per evitare un’ulteriore fuga di professionisti verso il privato - concludono i due consiglieri del Partito Democratico - fuga che va a scapito soprattutto dei più deboli che non possono permettersi una sanità a pagamento”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA