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Giovedì 13 OTTOBRE 2011
L'intersindacale scrive a Governo, Parlamento e Regioni: "La sanità è entrata in fase recessiva. Sempre più povera e solo per i poveri".
Il giorno della manifestazione l'intersindacale del Ssn ha scritto una lunga lettera ai vertici delle istituzioni (Governo, Senato, Camera e Regioni) per denunciare la crisi del settore e le condizioni inaccettabili di lavoro per gli operatori sanitari.
Ecco la lettera indirizzata a: Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; Gianfranco Fini, Presidente Camera dei Deputati; Renato Schifani, Presidente Senato della Repubblica; Ferruccio Fazio, Ministro della Salute; Vasco Errani, Presidente Conferenza delle Regioni; Giuseppe Palumbo, Presidente commissione Affari Sociali Camera; Antonio Tomassini, Presidente Commissione Sanità Senato.
I medici, dipendenti e convenzionati con il Servizio Sanitario nazionale e della ospedalità privata, i veterinari, i dirigenti sanitari, tecnici, professionali ed amministrativi dipendenti, intendono portare alla attenzione delle SS.LL. la situazione di grave malessere che oggi si trovano a vivere.
Di certo, nell’espressione delle nostre valutazioni, non intendiamo prescindere dalla situazione di crisi economica che coinvolge ormai, ed in modo importante, non solamente il nostro Paese.
Ma l’insieme delle ultime manovre economiche si accanisce, a nostro parere, in maniera eccessiva e con modalità plurime contro i medici e i dirigenti del SSN.
Colpiti come pubblici dipendenti attraverso il congelamento del contratto e delle convenzioni per 5 anni, con una consistente perdita economica, aggravata, per i medici convenzionati, dal mancato riconoscimento delle spese di produzione, e pesanti ripercussioni previdenziali.
Colpiti come dirigenti, sottoposti ad una addizionale Irpef che, bollata come folle ed eliminata per il settore autonomo e privato, è stata lasciata in vita solo per loro, in spregio di ogni principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte al fisco.
Colpiti come professionisti, con incarichi di lavoro sempre più precarizzati e discrezionali, a prescindere da competenze, meriti e risultati, ed esposti alla invadenza pervasiva della politica.
Solo per loro sono stati previsti anche il congelamento del TFR, che è salario differito, largamente autofinanziato, una mobilità senza regole, discrezionale fino all’arbitrio, il pensionamento a 65 anni per le donne, malgrado esse siano sottoposte a stressanti turni notturni e festivi, che si aggiungono ai compiti di cura.
Provvedimenti chiamati a colmare i vuoti lasciati da un rinvio a tempo indefinito dei tagli ai costi della politica ed improntati ad un totale disprezzo del lavoro cui le nostre categorie sono chiamate dal dettato costituzionale. Inique discriminazioni contro il pubblico impiego, che comprende i Dirigenti del SSN, uno status che ormai configura un reato, forse quello di pagare le tasse prima ancora di ricevere lo stipendio, ma che non si disdegna di usare come bancomat per non colpire patrimoni, rendite, evasione fiscale, frutto di inaccettabile e immotivata denigrazione.
Chi quotidianamente garantisce milioni di prestazioni negli ospedali e nei presidi sanitari territoriali non può essere il bersaglio privilegiato di multiple penalizzazioni e costretto a lavorare in una sanità pubblica sempre più impoverita da devastanti sottofinanziamenti, sprechi e clientele.
La sanità italiana è entrata in una fase recessiva, definanziata ed impoverita dal punto di vista economico e di risorse professionali, avviata a ricoprire un ruolo povero per i poveri.
Il diritto alla salute non è più esigibile in egual modo in tutte le Regioni e da diritto di cittadinanza diventa condizione legata ai territori ove si ha la ventura di vivere. Si perde il valore di coesione sociale assicurato da un servizio sanitario nazionale e, anche attraverso l’impoverimento delle categorie professionali, si distrugge un valore fondamentale di una comunità, rendendo diseguale la realizzazione dell’unico diritto che la costituzione definisce fondamentale.
La necessità di mantenere, congiuntamente agli altri aspetti che insieme costituiscono e garantiscono lo stato sociale, livelli adeguati di tutela dello stato di salute attraverso un Servizio Sanitario Nazionale “universale” “equo” e “solidale”, ci appare oggi, ancora e più che mai, un obiettivo irrinunciabile per il nostro Paese.
Non è in discussione la necessità di partecipare ai sacrifici richiesti dalle condizioni economiche del paese. Ma non si può essere i soli a pagare ed in tutti i modi escogitati dalla fantasia del legislatore.
Il lavoro che svolgiamo tutti i giorni e tutte le notti a tutela del bene più prezioso dei cittadini e della comunità merita maggior rispetto e valorizzazione. Non siamo burocrazia da liquidare né meri fattori di produzione ma professionisti che, nei luoghi del loro lavoro, quotidianamente rispondono a domande e bisogni di cittadini in momenti delicati della loro vita.
Eppure per noi aumentano i carichi amministrativi che tolgono spazio alla attività assistenziale e continua un blocco del turn over che, in alcune Regioni, ha ormai raggiunto i 6 anni, con negative ripercussioni sul livello di sicurezza delle cure e sulla stessa possibilità di garantire i LEA.
Le condizioni in cui lavoriamo diventano ogni giorno sempre più gravose e rischiose a causa di ritmi massacranti e di un contenzioso medico legale che, in attesa di un provvedimento legislativo che dorme nei cassetti da due anni pur largamente condiviso, segna crescite esponenziali mentre l’abuso di contratti atipici espone i medici e tutti i dirigenti del Ssn ad un precariato diffuso che mina la continuità assistenziale.
In modo particolare in un sistema di emergenza urgenza che da avamposto delicato di diagnosi e cura è diventato un insieme di barelle, esposto ad un assalto degno dei forni di manzoniana memoria, il luogo dell’ospedale dove gli stessi medici sono oggetto di aggressioni anche fisiche.
La sfida della sostenibilità, non solo economica, di un sistema sanitario equo, accessibile ed efficace esige un sostanziale cambio di paradigma culturale e politico che ri-definisca anche ruolo e responsabilità delle categorie professionali. Per questo le Organizzazioni sindacali dei medici dipendenti e convenzionati, dei veterinari e dei dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale rivolgono un appello alle SS.LL. affinchè si ponga rimedio agli eccessi delle manovre economiche, almeno nelle parti che non richiedono compensazione economica, e vengano fornite risposte alle questioni più urgenti che poniamo sul tappeto.
Roma, 13 ottobre 2011
ANAAO ASSOMED - CIMO-ASMD – AAROI-EMAC – FP CGIL MEDICI – FVM – FASSID – CISL MEDICI - FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI - UIL FPL FEDERAZIONE MEDICI – SDS SNABI – AUPI – FP CGIL SPTA - SINAFO – FEDIR SANITA’ – SIDIRSS – FIMMG – SUMAI – SNAMI – INTESA SINDACALE - SMI - FIMP – CIMOP – UGL MEDICI - FEDERSPECIALIZZANDI
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