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17 DICEMBRE 2017
Guai a nominare la Evidence-based medicine
Sembrerebbe che l’amministrazione Trump abbia vietato ai Centers for disease control and prevention il ricorso a sette concetti nella preparazione dei documenti previsionali per il 2019 da sottoporre alla Presidenza stessa degli Stati Uniti. Dal momento che di questa stranezza si sono occupati anche i quotidiani italiani, le parole sono note ma conviene comunque ripeterle: evidence-based, science-based, vulnerable, entitlement, diversity, transgender e fetus.
Nel briefing informativo ai funzionari dei CDC svolto lo scorso giovedì pare siano state fornite delle locuzioni alternative, almeno in alcuni casi. Invece di evidence-based medicine o science-based dovrà essere precisato che “CDC bases its recommendations on science in consideration with community standards and wishes”.
Le reazioni sul web sono orientate a ironia e sdegno. Nel primo caso, prendendo in giro l’indicazione governativa qualcuno ha suggerito degli escamotage al limite del comico (utilizzare foetus invece di fetus). Nel secondo, invece, le critiche sono state molto aspre: “Ho cercato di girare lo sguardo, ma questo supera ogni limite. E’ ora che @NIH @NIHDirector @US FDA @SGottliebFDA @CDCGov si schierino contro questa forma di censura” ha tweettato Eric Topol, clinico e ricercatore dello Scripp Institute in California.
“Ho cercato sul sito dell’OMS ma non ho trovato nessuna dichiarazione che dica dell’opposizione alla censura del presidente Trump nei confronti della scienza e delle evidenze, della vulnerabilità e della diversità: certamente è in arrivo?” si è chiesto il direttore del Lancet Richard Horton.
“Mi aspetto che i miei colleghi dei CDC respingano ogni tentativo di condizionare il loro linguaggio. Se non lo facessero, sarebbe il caso rileggessero 1984 di Orwell” ha ironizzato Adam Cifu, coautore di Ending medical reversal. “Se ai CDC è vietato usare l’espressione evidence-based la partita è finita. Sarebbe meglio andare tutti a casa”, ha scritto rassegnato Charles Ornstein, reporter di ProPublica. “C’è una parola che è ancora ammessa”, ha osservato sempre con un tweet il chirurgo di Harvard Atul Gawande: “Ridicolo”.
Ma tutto ciò è anche molto pericoloso. Dopo la “raccomandazione” di dimenticare la drammatica questione del cambiamento climatico nei documenti governativi della Environmental Protection Agency, la presidenza Trump fa un passo ulteriore in una direzione che, forse con una definizione fuori moda, definiremmo reazionaria e autoritaria: sia per un aspetto di forma - una censura di questo genere appare incredibile nel contesto di un paese culturalmente ed economicamente avanzato – sia di sostanza.
Superata la prima reazione di orgoglio (credevamo nessuno si curasse di chi ancora si richiama a una medicina basata sulle prove e invece scopriamo che a qualcuno – anche importante – dà noia), resta la preoccupazione. Non c’è alcun dubbio che cittadini e pazienti debbano tornare a giocare un ruolo centrale nel processo decisionale che riguarda la loro salute come anche nella determinazione della cosiddetta agenda della ricerca. Ma i risultati degli studi condotti da persone capaci e indipendenti devono illuminare questo percorso.
La rete italiana della Cochrane vive in modo acuto il ritorno di fiamma di un’ostilità diffusa nei confronti della evidence-based medicine e la difficoltà di trovare una sintesi tra le prospettive della EBM e della patient-centred medicine: è un’alleanza necessaria, indispensabile per il progresso della ricerca e per il miglioramento della salute di tutti noi, e ne discuteremo a Milano il 9 marzo 2018, in un convegno all’Istituto Mario Negri, con l’obiettivo di far meglio conoscere e valorizzare il lavoro di chi si impegna nell’attività di ricerca e sintesi delle evidenze.
Se non riuscisse questo tentativo, non ci resterebbe che ridere per non piangere a imposizioni come quelle della amministrazione Trump. Riscoprendo, come diceva Giuseppe Pontiggia, il lato tragico del comico.
Luca De Fiore
Associazione Alessandro Liberati Network italiano Cochrane
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