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Venerdì 24 GIUGNO 2011
La non autosufficienza nelle politiche europee
Pubblichiamo un contributo di Grazia Labate, ricercatore in economia sanitaria e docente presso l'Università di York (Uk), sullo scenario sulle politiche sociosanitarie in Europa.
I sistemi e l’organizzazione assistenziale presentano significative differenze nei vari paesi dell’Unione europea, sia per i modelli sanitari e sociali adottati, sia per il modo in cui gli stessi si integrano e si coordinano, sia per il rapporto tra essi e le diverse modalità esistenti nell’unione, di soggetti ed istituzioni non profit o for profit, che concorrono ad affrontare le politiche per la non autosufficienza.
Le società europee stanno rapidamente cambiando
I cittadini europei vivono sempre più a lungo; si sono modificati nel profondo gli schemi familiari tradizionali:
• Avanzano nuove forme di mobilità;
• Si va affermando la parità fra i sessi:
• La globalizzazione e la crisi finanziaria hanno un peso non indifferente nelle politiche di protezione sociale.
Uno scenario complesso
La speranza di vita nelle società europee ha registrato un netto miglioramento negli anni.
• 1950 speranza di vita: 43,5 anni per gli uomini e 46 anni per le donne;
• 2000 speranza di vita: 75,5 anni per gli uomini e 81,4 anni per le donne;
• 2050 speranza di vita: 82 anni per gli uomini e 87,4 per le donne.
Sessanta anni di pace, progressi accelerati in campo biomedico, miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, hanno fatto si che la maggior parte dei cittadini europei goda attualmente di un pensionamento tutelato, più lungo, più attivo che incide radicalmente sui sistemi di previdenza sociale. Si prevede che la relativa spesa raggiungerà il 2,5% del Pil europeo entro il 2030 ed il 4,3% entro il 2050.
I tassi di natalità registrano in tutte le regioni europee un calo, anche se elementi comuni, indicano che ovunque il desiderio di maternità/paternità, rimane spesso insoddisfatto.
Una complessa combinazione di fattori, quali ad esempio una non equa ripartizione delle responsabilità parentali, il livello non certo ottimale delle strutture par l’infanzia, il problema della casa, ed una organizzazione del lavoro che mal si concilia con la vita familiare, incidono sulla scelta procreativa.
Tali tendenze demografiche faranno aumentare rischi sociali, quali la dipendenza delle persone anziane e l’isolamento sociale. Attualmente in Europa il 28% degli ultrasettantenni vive da solo.
Circa due terzi delle persone con età superiore a 75 anni deve ricorrere ad una assistenza non ufficiale, prestata essenzialmente da badanti o dai familiari più stretti ed in particolare da donne.
Un anziano su 6 vive in povertà. Le donne anziane sono particolarmente esposte al rischio di ricevere pensioni basse a causa di un percorso lavorativo incompleto.
L’immigrazione sta mettendo alla prova l’efficacia delle strategie di integrazione degli stati membri, soprattutto nelle grandi città europee e nelle regioni frontaliere.
Il Rapporto Health at Glance 2009 (uno sguardo alla salute)
I paesi sviluppati hanno affrontato a partire dal 2008 una profonda recessione economica.
Entro la fine del 2010 è prevista una riduzione del Pil di circa il 4%, un tasso di disoccupazione che sfiorerà il 10% della forza lavoro.
Le politiche per affrontare la recessione hanno portato ad un aumento dell’indebitamento ed a un conseguente incremento del deficit di bilancio; il controllo della spesa sanitaria e sociale diventa un elemento fondamentale.
I sistemi sanitari e sociali europei sono tutti quanti sottoposti a regole di ottimizzazione delle risorse, secondo rigorosi criteri di efficienza ed efficacia.
La strada maestra è quella di implementare i servizi di territorio, la medicina di comunità, le cure domiciliari, la continuità assistenziale.
L’assistenza e la tutela della salute della popolazione anziana nella UE
I modelli per affrontare il tema dell’assistenza e della salute della popolazione anziana si possono classificare in 5 categorie:
1. sistema universalistico: la copertura è pressoché totale del costo delle prestazioni mediante la fiscalità generale (Danimarca e paesi del Nord Europa);
2. sistemi obbligatori: assicurazione obbligatoria LTC per tutta la popolazione con prestazioni fornite sia dall’assicurazione contro le malattie sia da un’apposito fondo assicurativo (Paesi Bassi);
3. sistemi con la presenza di un’assicurazione sociale obbligatoria sottoscritta dai lavoratori realizzata mediante la contribuzione a casse mutue oppure la sottoscrizione di una polizza privata (Germania, Austria, Lussemburgo);
4. sistemi di copertura nei casi di bisogno dove l’erogazione delle prestazioni è suddivisa fra il sistema sanitario nazionale e gli enti locali (Irlanda e Regno Unito);
5. sistemi misti: alle tradizionali assicurazioni sociali (casse malattia, vecchiaia) si affianca un sistema di assistenza sociale a carico della fiscalità (Belgio, Spagna, Francia).
L’osservatorio europeo sui sistemi e le politiche sociosanitarie
Il recente rapporto (2008) “financing health care in the european union, challenges and policy responses”, ha messo in evidenza che l’invecchiamento della popolazione chiama in causa un problema di sostenibilità, occorre verificare i sistemi riformati negli ultimi 10 anni e suggerire raccomandazioni per migliorare la situazione.
La copertura dei cittadini dell’Unione
La copertura socio-sanitaria della popolazione è quasi totale (96-98%) ad eccezione della Germania in cui si raggiunge l’88%, anche se in molte realtà europee c’è un certo divario tra ciò che è ufficialmente sotto copertura e ciò che lo è realmente.
Le raccomandazioni
• Effettuare una accurata analisi degli attuali sistemi sanitari per eliminare inefficienze, sprechi, dirigersi sempre più verso best practices ed indicatori di qualita del sistema, ridurre la sovrapposizione di obiettivi e di incarichi;
• Incoraggiare l’allocazione strategica delle risorse per garantire una corrispondenza tra bisogni e risorse;
• Intensificare il dialogo tra policy maker e cittadini;
• Trovare un mix di modalità efficaci per affrontare il tema dell’invecchiamento della polazione, che metta insieme pubblico, privato e privato sociale per facilitare una gestione strategica dei problemi e più efficaci risposte.
L’UE ed il progetto Echoutcome
Nell’ambito del 7° programma quadro, l’UE ha finanziato con circa 1 milione di euro il progetto
echoutcome, volto a confrontare l’organizzazione dei diversi sistemi sanitari ed i risultati ottenuti. L’obiettivo è quello di analizzare somiglianze, analogie, differenze, studiare un caso di riferimento, efficiente ed efficace, per avviare una campagna dell’u.e. mirata ad incentivare
una migliore assistenza sanitaria nell’Europa a 27.
Echoutcome
Con il Prof. Michel Lamure dell’università di Lione, il progetto riunisce esperti dell’università libera di Bruxelles, della LSE di londra, dell’università Bocconi di Milano, nonché la società francese di economia della salute (SFES), alcune imprese, specializzate in tecniche di costruzione di modelli
avanzati, (Data Mining international, Cyklad Group, Lyon ingegnerie projects).
Si metteranno a punto degli indicatori sanitari, validati scientificamente, per fornire ai responsabili dei singoli stati membri e dei decisori europei, una metodologia comune per affrontare le sfide del futuro.
QALY (quality adjusted life years), DALY (disability adjusted life years), HYE (health years equivalent), risorse disponibili e prevedibili, capacità di spesa collettiva e individuale per la prevenzione dei rischi dell’invecchiamento, saranno i temi di studio analisi e proposte, affinche alla fine del 2013 l’UE possa fornire agli stati membri una tabella di marcia comune.
Principali caratteristiche delle soluzioni adottate in alcuni paesi dell’UE
Austria: la riforma del ’93 ha introdotto un programma universale di supporti alle persone non autosufficienti. Il finanziamento proviene dalla fiscalità generale. L’individuazione dei beneficiari è basata esclusivamente sul grado di disabilità. Il reddito ed il patrimonio sono considerati per determinare la compartecipazione al costo solo nel caso di cure intensive. Viene erogato un sussidio universale per tutti i non autosufficienti in relazione al grado di disabilità. L’incidenza del costo della non autosufficienza sul Pil è dello 0,7% pari a 14 miliardi e 700mila euro per assistere il 70,6 della popolazione over 65 ed il 29,4% della popolazione over 75.
Germania: dal 1995 è stata introdotta una specifica assicurazione obbligatoria, che si integra con le altre 4 già presenti nel Welfare tedesco. Il sistema è finanziato da una imposta(contributo assicurativo) dell’1,7%sul reddito da lavoro, equamente divisa tra lavoratore e datore di lavoro. L’accesso ai servizi è garantito da una perizia medica che provvede a quantificare il bisogno e ad inserire il soggetto in una delle 3 classi a cui è associato un volume diverso di prestazioni da scegliere tra residenziale, domiciliare e monetario. Non è prevista alcuna limitazione né per l’età, né per il reddito o il patrimonio posseduti. Se la classe nella quale il soggetto è stato inserito prevede l’assistenza residenziale, il vitto e l’alloggio sono pagati dall’assicurazione pubblica solo per gli indigenti. Ne usufruiscono circa 2 milioni di persone,di cui il 63,3% ha 75 anni o più ed il 14,7% è di età inferiore ai 65 anni, il 68% dell’assistenza viene erogato a domicilio ed il 32% in residenze. I costi nel 2008 erano pari all’1,2% del Pil cioè circa 18,9 miliardi di euro (fonte ECONOMIC POLICY COMMITTEE OF EUROPEAN COMMISSION).
Irlanda: le prestazioni per gli anziani non autosufficienti sono erogate dal servizio sanitario pubblico e finanziate dalla tassazione generale. I servizi sono garantiti sulla base delle necessità stimate da un apposito Health Board. In genere non sono previste preclusioni per motivi di età, ma è previsto un means test per l’accesso alle varie prestazioni. L’assistenza residenziale è riservata per coloro i quali sia stato accertata l’impossibilità fisica e sociale della permanenza a domicilio. E’ prevista una compartecipazione al costo,fatti salvi gli indigenti, fino all’80% del reddito dell’anziano. Criteri più stringenti sono previsti per la permanenza in strutture private convenzionate che vedono il concorso della famiglia di appartenenza fino al 100% del costo della retta. L’assistenza domiciliare è erogata dal programma di Community based care, in parte sottoposta a means test. Non sono previsti sussidi monetari. Il costo incide per circa lo 0,7% del Pil e cioè 1miliardo e 215 mila euro.
Olanda: le prestazioni per gli anziani non autosufficienti sono coperte da uno dei tre pilastri sul quale si basa la sanità olandese. Il finanziamento proviene da contributi assicurativi,secondo uno schema pubblico a ripartizione, ma vi è anche la possibilità di scegliere un fondo di assistenza privato. L’assistenza residenziale vede una compartecipazione al costo in base al reddito,l’assistenza domiciliare in base al programma personalizzato dal medico di base e dal geriatra. E’ prevista l’erogazione di un sussidio monetario, qualora l’anziano rimanga al proprio domicilio, ma ha un reddito basso o sia indigente. Il 43% degli over 65 è assistito in residenze ed il 57%a domicilio. Il costo per la non autosufficienza è pari allo 0,5% del Pil,corrispondente a circa 20, 5 miliardi di euro nel 2008con contributi del 12,15%ed un costo mensile oltre il contributo versato, di circa 320 euro a persona.
Norvegia: il sistema pubblico eroga un rilevante volume di servizi e prestazioni finanziati dalla fiscalità generale con una compartecipazione degli utenti. La fornitura delle prestazioni è organizzata su base locale. Per i requisiti di accesso viene fatta una valutazione da un team di esperti che colloca i soggetti in uno dei tre seguenti gruppi di prestazioni: cure residenziali, semiresidenziali e domiciliari. Non è prevista alcuna limitazione legata a motivi di età o di reddito posseduto. L’assistenza residenziale è distinta in residential home, usata solo per degenze di lunga durata di disabili gravi e nursing home per degenze temporanee in centri diurni. Esiste poi lo sheltered housing che combina la vita indipendente con servizi di cura ed assistenza. La soluzione residenziale comporta una compartecipazione al costo di circa l’80%del reddito dell’utente. L’assistenza domiciliare prevede 2 tipi di intervento. L’assistenza domiciliare home help con fornitura di cure ed assistenza domiciliare con partecipazione al costo,home nursing, che fornisce assistenza medica senza alcun onere per l’utente. E’ previsto un sussidio retributivo per le persone che si prendono regolarmente cura di un non autosufficiente. Il costo incide per il 3,5 del Pil pari a circa 22 miliardi e 900 mila euro.
Spagna: l’assistenza agli anziani non autosufficienti è organizzata su base regionale ed il finanziamento proviene dalla fiscalità generale. Variano da regione a regione i criteri di eleggibilità, i servizi offerti, le compartecipazioni al costo. In generale è previsto il means test. L’assistenza residenziale varia da regione a regione. In generale è prevista una compartecipazione al costo del 75% della pensione oltre ad un contributo aggiuntivo per coloro che hanno un reddito superiore ai 70 000 euro l’anno. Le modalità di assistenza domiciliare variano anch’esse da regione a regione e per le prestazioni monetarie si prevede un sussidio per la soglia di indigenza. Il costo totale rappresenta lo 0,7 del Pil pari a 18 miliardi e 300 mila euro per assistere circa il 70% della popolazione over 65 ed il 30% degli over 75.
Svezia: il settore pubblico eroga un rilevante volume di servizi finanziati dalla fiscalità generale, su base locale con una compartecipazione degli utenti. La fornitura è organizzata su base locale. I requisiti di accesso si basano sulla valutazione del bisogno. Non è prevista alcuna preclusione in base all’età o al reddito. L’assistenza residenziale è concessa solo in caso di elevato bisogno e assenza di una rete familiare , sono previsti ricoveri diurni per alleggerire il carco del care giver familiare. Per l’assistenza domiciliare è prevista la figura del care manager che decide modalità ed entità delle cure. E’ richiesta una compartecipazione al costo da parte dell’utente in relazione alla qualità dei servizi utilizzati. Sono previsti per l’assistente familiare un sussidio economico e la possibilità di partecipare a corsi di formazione. In alcune regioni è prevista la possibilità di assunzione da parte del governo locale del care giver con compiti di assistenza di un malato terminale. Il costo rappresenta il 3,8del Pil, circa 22miliardi e 600 mila euro per assiste il 75,7% della popolazione over 65 ed il 24,3% della popolazione over 75
Regno Unito: l’assistenza continuativa è coordinata su base locale. Il fianziamento proviene dalla fiscalità generale,sebbene sia spesso richiesta una compartecipazione al costo variabile in base al reddito ed al patrimonio dell’utente. La valutazione è effettuata dal governo locale, attraverso il primare care trust, PCT. Non è prevista nessuna preclusione in base all’età, mentre è previsto il means test. L’assistenza residenziale è prevista per tutti coloro per i quali sia stata ritenuta necessaria. La compartecipazione ai costi varia in relazione al reddito e al patrimonio e non ha luogo se la valutazione sta nei 30.000 euro annui. I sussidi pubblici per coloro che si rivolgono a strutture private variano da regione a regione. L’assistenza domiciliare è individuata da un team del PCT e la compartecipazione al costo è responsabilità dei regolamenti fissati dai consigli di contea in base ai principi nazionali del Social Act. Le prestazioni monetarie sono previste per coloro, carer’s allowance, che prestano almeno 35 ore alla settimana di assistenza ad una persona che riceve sussidio economico per la sua condizione di non autosufficienza e disabilità grave. Il libro bianco dell’ex governo laburista aveva riformato il Social Act prevedendo la possibilità di poter effettuare un assicurazione complementare o la sottoscrizione con la più grande società di mutuo soccorso BENENDEN, di un pacchetto di prestazioni di assistenza domiciliare tutte le volte che a livello di PCT i servizi non potessero essere assicurati in tempo utile. Per queste forme si prevedeva un tetto di deducibilità fiscale. Tutto ciò in coerenza con la riforma del NHS avviata un anno fa sul binario della CHOISE : QUALITY CARE. Non è noto come si muoverà il governo Cameron che deve gestire la crisi finanziaria che stiamo attraversando, ma quel che è certo è che il NHS ed il Social ACT riformati sono una necessità percepita da tutti gli inglesi. Il costo della non autosufficienza rappresenta L’1, 1 del Pil , pari a circa 19 miliardi e300mila euro e copre l’assistenza del 77% degli over 65 ed 23% degli over 75.
Francia: le prestazioni per la non autosufficienza sono gestite da un sistema pubblico a ripartizione attraverso l’assicurazione sociale e le casse previdenziali. Il loro finanziamento avviene attraverso un contributo di solidarietà (COTISATION SOLIDARITE’ AUTONOMIE) pari allo 0,30% del salario. Sono previste compartecipazioni al costo. I requisiti d’accesso sono basati sul bisogno espresso dal soggetto e sulla sua condizione economica. L’età funziona da discriminante. È previsto un programma per disabili con meno di 20 anni, uno per chi ne ha meno di 60, uno per chi ne ha più di 60 ed infine uno per chi ne ha più di 65. La soluzione residenziale è gravata da una compartecipazione basata sui costi sostenuti e sul reddito e patrimonio dell’utente. Il sussidio erogato dipende anche dall’età del soggetto. L’assistenza domiciliare è valutata con un pacchetto di servizi e prestazioni insieme allo stato di bisogno ed alle risorse del soggetto. Sono inoltre previsti 2 sussidi monetari,non cumulabili,di importo variabile rispetto alle necessità ed alle condizioni economiche, che devono essere impiegati nell’acquisto di prestazioni assistenziali e mediche. Il costo della non autosufficienza incide per 1,2% sul pil essendo pari 19 miliardi e 450 milioni di euro per far fronte al 72,7 dei bisogni degli over 65 e al 27,3 degli over 75.
Italia: viviamo più a lungo, ma non sempre in buona salute
• L’ISTAT al 1 gennaio 2010 indica in oltre 60.045.068 i cittadini residenti nel nostro paese.
• Il 20% della popolazione ha più di 65 anni, un italiano su 5.
• 12 milioni di italiani hanno più di 65 anni ed i grandi vecchi con più di 80 anni sono il 5,6% della popolazione.
• La speranza di vita alla nascita è di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 per le donne.
• L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella con meno di 15 anni) registra un ulteriore incremento, raggiungendo un valore pari a 143,1.
• La vecchiaia è femminile.
• Le donne sono il 67% delle persone con più di 80 anni.
• Il numero delle donne vedove è 5 volte superiore a quello degli uomini.
• A livello regionale, la Liguria è in testa con la maggiore presenza di anziani con età superiore ai 65 anni (26%), seguono la Toscana, l’Umbria, il Piemonte, il Molise. La Campania si posiziona all’ultimo posto con il 15,3%.
• Il 38,8% dei residenti in Italia dichiara di essere affetto da patologie croniche, la percentuale sale allo 86,9% per gli ultra settantacinquenni.
• Le malattie croniche più diffuse sono: artrosi/artrite, ipertensione, malattie allergiche, osteoporosi, bronchite cronica e asma bronchiale, diabete.
• Le malattie degenerative più diffuse: Parkinson, Alzheimer, demenza senile.
Il bisogno crescente di assistenza a lungo termine
La quota di popolazione over 65 si prevede passerà dall’attuale 20% al 21% alla fine del 2011. Nel 2030 raggiungerà il 28%. Fonti ISTAT indicano che circa il 40% delle persone con più di 78 anni non sia autosufficiente e necessiti di adeguata assistenza. I dati più recenti dell’OMS indicano un aumento delle patologie croniche degenerative legate all’invecchiamento, quali parkinson ed alzheimer ed evidenziano la necessità di garantire all’anziano, parzialmente o totalmente non autosufficiente, un’assistenza adeguata, un servizio flessibile per rispondere alle esigenze del diverso grado di disabilità e del luogo in cui la persona vive. Ancora i dati dell’OMS indicano la necessità di garantire l’integrazione tra assistenza sociale e sanitaria, tra realtà pubblica e privata a sostegno del nucleo familiare o dell’individuo solo, al fine di conciliare un migliore servizio offerto ed un contenimento dei costi. Emerge l’esigenza non soltanto di un supporto finanziario e di servizi alla persona possibilmente domiciliari, ma anche di strumenti di orientamento, counseling, e sostegno alle famiglie.
L’analisi della situazione italiana
Le più recenti ricerche (Libro bianco del ministero del welfare, Convegno dell’Isvap, Conferenza Espanet del 2008 sulle politiche sociali in Italia nello scenario europeo, i paper di ricerca del Censis, il recente studio della Fondazione Bassetti ed il rapporto Ceis, redatto dal Prof. Spandonaro) evidenziano che: nonostante le numerose iniziative e i programmi a livello locale, il gap tra necessità delle famiglie e degli individui da un lato e le risposte istituzionali agli anziani non autosufficienti dall’altro è crescente.
L’analisi della situazione italiana
Le risorse finanziarie pubbliche sono insufficienti. Una dilatazione della spesa pubblica è impensabile sia per i vincoli europei, sia per il peso della recente crisi economico finanziaria, che si riverbera in un basso tasso di crescita e di sviluppo della ricchezza nazionale prodotta ed in un aumento del debito pubblico. L’integrazione tra i diversi servizi e tra i diversi operatori (pubblici, privati, volontariato) è scarsa. Inadeguata permane l’offerta di servizi.
Anziani a corto di assistenza (fonte Anci 2009)
•Il 7,5 degli ultra sessantacinquenni (circa 830.000 persone) percepisce l’indennità di accompagnamento.
•Il 3% usufruisce dell’assistenza domiciliare integrata ADI (circa 347.000 persone ).
•L’1,7% degli anziani è assistito attraverso i servizi di assistenza domiciliare SAD dei comuni (circa 193.000 persone)
•Il 2,7% sono gli anziani ospitati nelle RSA (circa 298.000 persone)
Le risposte istituzionali al problema della non autosufficienza
L’Unione europea, nel recente libro bianco sulla strategia in materia sanitaria (2008-2013) fissa alcuni obiettivi precisi per favorire uno stato di salute buono in un Europa che invecchia. Promuove misure atte a favorire il sostegno agli Stati membri e alle regioni per l’innovazione e l’integrazione sociosanitaria dei loro sistemi, sostenendo progetti mirati al mantenimento dell’autosufficienza delle persone anziane, anche attraverso le nuove tecnologie informatiche e di teleassistenza, con stanziamenti previsti ad hoc, sia nel settimo programma quadro, che nel fondo sociale europeo.
Nel nostro paese l’ordinamento giuridico che affronta il tema della non autosufficienza è rintracciabile:
• nella riforma sanitaria territoriale del 1999.
• nell’art. 26 della legge quadro sui servizi sociali n°328/2000 che estende la possibilità per le persone anziane o disabili di ricorrere a fondi integrativi anche per la copertura di servizi socio-assistenziali relativi a cure continuative a domicilio o in strutture residenziali e semiresidenziali.
• Nel decreto del Ministro delle finanze del 22/12/2000 che all’art.1 riconosce lo stato di non autosufficienza quando vi sia l’incapacità di svolgere anche in parte le azioni comuni della vita quotidiana.
• nell’atto di integrazione socio-sanitaria previsto dal DPCM del 2001.
• Nella previsione della deducibilità delle spese per assistenza domestica (badante) per un importo pari a 1820 euro annui a partire dalla legge finanziaria 2005.
• Nella istituzione di un fondo nazionale per la non autosufficienza a partire dalla legge finanziaria2007/2011. Ma quest’anno non è finanziato.
• Nella definizione dei LEA.
• in alcune leggi regionali: Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia, Liguria , Prov. Autonome di Trento e Bolzano
L’ordinamento italiano
Dunque la normativa sociosanitaria e fiscale individua l’assistenza a lungo termine quale campo di intervento delle istituzioni pubbliche, private accreditate, private e di volontariato, erogando quote di risorse pubbliche, ancorchè limitate e non sufficienti rispetto alla domanda. Riconosce altresì, non fosse altro che per la quota di parte sociale a carico dei Comuni e dei cittadini, la possibilità di considerarla quale prestazione tipica dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale.
La legislazione italiana
Lo Stato individua i LEA ed i LIVEAS, ripartisce le risorse del fondo sanitario e del fondo nazionale per le politiche sociali, controlla l’uniformità dei trattamenti ed eroga (mediante il Ministero dell’Interno e l’Inps) le prestazioni in denaro a sostegno degli anziani e dei disabili. Le Regioni hanno il compito di programmazione, coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell’attuazione a livello territoriale e disciplinano l’integrazione dell’attività sanitaria e sociosanitaria ad elevata integrazione. Definiscono inoltre i criteri di autorizzazione ed accreditamento delle strutture che erogano i servizi, quantificano la partecipazione alla spesa da parte dei cittadini, determinano le tariffe che i Comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati e decidono la concessione dei buoni servizio per le strutture eroganti. I Comuni sono i soggetti fondamentali dell’attuazione della assistenza pubblica ai non autosufficienti per quanto riguarda le prestazioni ed i servizi sociali, l’eventuale integrazione economica per le persone non autosufficienti per le quali è necessario il ricovero in strutture residenziali o semiresidenziali, mentre sono di competenza delle Asl le prestazioni sanitarie e sociosanitarie.
Manca una legge nazionale sulla non autosufficienza
A differenza di molti paesi europei e d’oltreoceano, l’Italia non si è ancora dotata di un provvedimento specifico, atto ad affrontare il rischio della non autosufficienza, pur avendo il tasso di invecchiamento più elevato d’Europa, ed al contempo, il rapporto spesa sanitaria e spesa sociale/Pil al di sotto della media europea.
I vari tentativi naufragati ed alcune prime risposte:
• La predisposizione di una legislazione per la non autosufficienza, ancorchè auspicata da tutti non riesce a vedere la luce.
• A partire dal fondo per le prestazioni di assistenza ai non autosufficienti proposto dalla commissione Onofri nel 1997 attraverso una tassa di scopo.
• Nel 2003 la commissione affari sociali della Camera avanzò una proposta bypartisan, insabbiata alla commissione bilancio.
• Nel 2005 proposta di legge di iniziativa popolare, presentata dai sindacati dei pensionati CGIL,CISL,UIL.
• Nel 2006 il Governo Prodi inserisce nella finanziaria 2007 il fondo per la non autosufficienza con una dotazione di 300 milioni di euro per il 2007 e 400 milioni di euro per il 2008, da cui avrebbe dovuto prendere il via il Ddl delega al Governo per la costruzione del sistema e dei LIVEAS, ma la fine della legislatura ha bloccato tutto.
• Nel marzo 2008 il decreto del ministro della salute Livia Turco sugli ambiti di operatività dei fondi sanitari integrativi del SSN definisce che il beneficio fiscale previsto dalla legge vigente possa ottenersi nella misura in cui i fondi eroghino almeno il 20% delle prestazioni in odontoiatria ed in servizi e prestazioni per la non autosufficienza.
• In questa legislatura vengono presentate alla Camera le proposte N°413 dell’On.le Di Virgilio e la N°706 dell’Onorevole Lucà ma non è iniziata ancora la discussione in commissione.
• Il ministro del Welfare Sacconi ha varato il decreto per la costituzione dell’Anagrafe dei fondi.
• L’Anagrafe è entrata in funzione, ha terminato la prima fase di registrazione dei fondi il 30 aprile u.s.
• Attualmente sono iscritti all’anagrafe 279 fondi integrativi, di cui 220 negoziali e 59 territoriali afferenti a SMS e casse
La rete di protezione è assicurata principalmente dalle famiglie e dal volontariato
• Le ultime stime indicano per il nostro paese la presenza tra 700.000 e 900.000 badanti che si occupano dell’assistenza ad anziani.
• Il 5% delle famiglie italiane fa uso di badanti per parziale o totale non autosufficienza.
• I costi si aggirano tra gli 800 e i 1200 euro mensili.
• Vi è ancora molto lavoro in nero, se è vero che la regolarizzazione ha riguardato circa 700.000 colf.
• Il volontariato, secondo stime recenti, eroga servizi di assistenza agli anziani non autosufficienti sia sanitari che sociali per circa 790.000 persone
Le coperture LTC in Italia
Forme collettive di protezione mostrano un trend di decisa affermazione attraverso casse e fondi aziendali. Recentemente si sono conseguiti 2 importanti accordi nazionali di lavoro (il Fondo LTC dei dipendenti del settore assicurativo e dei dipendenti bancari). Forme individuali hanno finora avuto un limitato successo sia per la non piena sensibilità del bisogno futuro, sia per i costi elevati dei premi assicurativi ed infine per la mancanza di adeguati vantaggi fiscali.
Con il sistema assicurativo in Italia siamo ai nastri di partenza
Recenti stime dell’Ania del febbraio 2009 quantificano il mercato italiano delle LTC in circa 50 milioni di euro di premi. Di fatto in Italia l’offerta di soluzioni di LTC viene fatta attraverso la raccolta assicurativa da forme collettive spesso legate a importanti contratti integrativi di lavoro.
Sul mercato delle soluzioni individuali le stime indicano più o meno 20 compagnie impegnate nell’offerta di questa tipologia di prodotti e meno del 50% di esse ha in catalogo una polizza LTC autonoma. Il rimanente 50% dell’offerta avviene attraverso coperture accessorie nell’ambito di altri prodotti assicurativi e di soluzioni previdenziali (fondi pensione aperti).
Sul fronte degli strumenti previdenziali a luglio dell’anno scorso solo 9 fondi pensione aperti prevedevano una prestazione accessoria per non autosufficienza.
Mercato molto embrionale
L’offerta è in generale costituita da polizze del ramo vita in cui la prestazione è rappresentata nella maggior parte dei casi da una rendita mensile per l’ipotesi di non autosufficienza che può variare da 500 a 3000 euro al mese, a seconda del premio pagato, anche se esistono altre formule in cui si prevede o il rimborso di un capitale o il rimborso delle spese medico assistenziali. La garanzia dura in genere per tutta la vita dell’assicurato, in alcuni casi però il pagamento è limitato nel tempo, da 5 a 25 anni o fino a che l’assicurato compie 75 o 80 anni. L’evento che fa scattare la copertura è la perdita dell’autosufficienza misurata come incapacità
Che fare?
Far crescere la consapevolezza della copertura del rischio della possibile non autosufficienza, provocata non solo da infortunio o malattia, ma anche da senescenza, fattore sempre più identificativo del trend demografico del 3°millennio. Razionalizzare e portare a sistema la protezione sociale attualmente prevista dal ns. ordinamento, in caso di non autosufficienza,costruendo una forte cornice pubblica di regole e comportamenti per la costruzione di un fondo per la non autosufficienza, solidaristico, basato sulla fiscalità generale. Avviare la costruzione di sistema per il medio e lungo termine, in cui, un mix di interventi pubblici, regole contrattuali negoziali, fondi sanitari e pensionistici complementari, regole etiche condivise di non antiselezione del rischio e di moral hazard in campo assicurativo, concorra a definire la protezione per la non autosufficienza e la long term care come protezione stabile di medio e lungo periodo attraverso la solidarietà pubblica, quella del mondo del lavoro, quella individuale attraverso sistemi di incentivazione fiscale.
Costruire in sostanza un nuovo welfare, da state a community.
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