La responsabilità del manager e la crisi degli investimenti in Sanità
Il senso di responsabilità di un manager pubblico, oltre ogni legittima ambizione personale, non può non tenere conto della necessità di costruire un sistema che veda al futuro. La missione di un manager è organizzare i fattori della produzione per il soddisfacimento del bisogno di salute. Ma attenzione, il bisogno di salute non è soltanto quello oggi espresso, bisogna investire affinché le generazioni future riducano il loro ricorso alle cure sanitarie. La sanità è anche prevenzione
09 OTT - Il dibattito sulla crisi degli investimenti in Sanità, secondo alcuni studiosi non è solo un problema di risorse, piuttosto sembrerebbe legato alla normativa vigente (D.Lgs. 118/2011) che non consente alle direzioni aziendali un utilizzo di fondi per investimenti in relazione alla impossibilità di utilizzare il sistema dell’ammortamento che non è applicabile quando l'investimento è fatto in conto esercizio (cfr.
Quotidiano Sanità del 26/09/2018).
Pur se corretta dal punto di vista tecnico/contabile, l’analisi del D.Lgs 118/2011 non può essere circoscritta soltanto ai dettami del decreto stesso.
La lettura del D.Lgs, va filtrata con una visione meno critica e più interpretativa di quella che voleva certamente essere la volontà del legislatore. Infatti il primo aspetto che si evidenzia dalla lettura del Decreto è certamente la volontà del legislatore di armonizzare i vari sistemi contabili utilizzati dalla P.A. che interagiscono tra di loro (contabilità economico patrimoniale, contabilità finanziaria), ed è inoltre da considerare che l’utilizzo delle cosiddette leve di investimento (fino all’entrata in vigore del D.Lgs. 118/2011), aveva consentito ai direttori generali delle Aziende del SSN di produrre un eccessivo indebitamento proprio grazie al sistema degli ammortamenti.
In concreto le Aziende, facendo leva sulle norme di contabilità che disciplinavano gli acquisti di beni strumentali, cioè applicando la tecnica degli ammortamenti che prevedeva di rilevare in contabilità solo la quota parte del costo totale del bene strumentale acquistato, impattavano sul risultato di esercizio non per l’intero importo, bensì solo per la percentuale stabilita dalla norma, in funzione della tipologia di investimento fatto.
Tutto ciò permetteva alle aziende, e quindi ai loro rappresentanti legali, di rispettare il vincolo dell’equilibrio di bilancio, non tenendo conto però che contestualmente si creavano dei disallineamenti finanziari che spesso venivano coperti ricorrendo alle anticipazioni di cassa e quindi ad un costoso indebitamento, inducendo tutte le aziende nel lungo periodo a non avere liquidità sufficiente a garantire il pagamento di quei fornitori che concorrevano a garantire l’erogazione dei servizi primari, oggi LEA.
A supporto di questa tesi è intervenuto il D.L. 35/2013 con il quale si sono date disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti delle P.A., tanto che si è proceduto a fare accendere mutui trentennali alle regioni, al fine di immettere liquidità al sistema, per rientrare dalla costose anticipazioni di cassa, ma soprattutto per ripianare il debito pregresso e fare ripartire i consumi del paese che sembrava essere avvitato su se stesso.
Ma c’è qualcosa che va rilevato in modo deciso. Più di una volta e anche nel lavoro citato si afferma in sostanza che i manager della sanità pubblica, a causa della modifica normativa riguardante la possibilità di mettere in ammortamento gli investimenti, non trovano convenienza ad investire perché non avrebbero benefici entro la durata del proprio mandato:
“(…) e occorre chiedersi perché un manager dovrebbe investire (in assenza di finanziamenti dedicati) e deprimere il risultato economico della sua gestione a tutto vantaggio delle future gestioni (...)”.
Anche in questo caso, ancorché il redattore dell’articolo possa avere ragione tecnicamente con riguardo alla convenienza che il paese, attraverso la sua più grande industria - quella della sanità pubblica - metta in atto investimenti su nuove tecnologie e ricerca scientifica, al di là ancora della possibilità che le società scientifiche e le associazioni di categoria, come FIASO o Federsanità, possano e debbano intervenire per proporre un aggiornamento e un miglioramento normativo, bisogna aggiungere al dibattito ulteriori considerazioni. Riteniamo infatti, che il principio di base della sanità pubblica, risieda in una sanità per tutti e che è al servizio di tutti e non del medico, degli operatori o peggio ancora del manager la cui durata dell’incarico è peraltro limitata nel tempo.
Il senso di responsabilità di un manager pubblico, oltre ogni legittima ambizione personale, non può non tenere conto della necessità di costruire un sistema che veda al futuro. La missione di un manager è organizzare i fattori della produzione per il soddisfacimento del bisogno di salute. Le risorse disponibili, poiché scarse, devono essere allocate in maniera tale da ottenere il miglior risultato possibile in termini di efficacia, ovvero in termini di esiti e quindi di soddisfacimento del bisogno di salute. Ma attenzione, il bisogno di salute non è soltanto quello oggi espresso, bisogna investire affinché le generazioni future riducano il loro ricorso alle cure sanitarie. La sanità non è soltanto ospedale è anche, sempre di più, prevenzione.
I costruttori delle cattedrali raramente vedevano la fine dei lavori che avevano immaginato, eppure ci hanno lasciato opere che nel tempo si sono conservate anche come icone di bellezza e spiritualità.
Al senso di rispetto e di responsabilità nei confronti delle norme e della società per cui si lavora, forse occorrerebbe aggiungere proprio quella: una spiritualità che ci consenta di pensare al futuro per non trovarci nelle condizioni di crisi morale oltre che economica, in cui questo paese è sprofondato. Il presente dovrebbe insegnarcelo.
Angelo Aliquò
Direttore generale IRCCS Bonino Pulejo Messina - Delegato Federsanità “Salute e ricerca”
Riccardo Giammanco
Dirigenti IRCCS Neurolesi Bonino Pulejo
Massimo Cicero
Esperto
09 ottobre 2018
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