Malattie cardiovascolari. Nel post-Covid è essenziale mettere al centro il territorio
di Michela Perrone
La pandemia ha ridotto le prestazioni ai pazienti cardiovascolari e fatto aumentare la mortalità in questa popolazione. Nel secondo Regional Summit responsabili di società scientifiche e decisori politici si sono confrontati per capire come reagire e tornare a assicurare la paziente la continuità assistenziale.
20 APR - La riorganizzazione degli ospedali che si è verificata durante il primo lockdown pandemico e la rinuncia dei pazienti a recarsi nei nosocomi per paura del contagio sono i due aspetti che hanno inciso maggiormente sul calo delle attività legate alle malattie cardiovascolari e, parallelamente, a un aumento del tasso di mortalità.
Questo lo scenario di fondo del secondo confronto tra il mondo scientifico e quello politico-decisionale che Sics – Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria ha organizzato, con il supporto incondizionato di Medtronic, con lo scopo di raccogliere proposte operative condivise.
“Anche quella che è stata chiamata infodemia, cioè il bombardamento informativo in cui siamo stati immersi, non sempre composto da notizie corrette, ha contribuito alla sfiducia del paziente nei confronti del Ssn e dei medici stessi”, ha evidenziato Roberto De Ponti, presidente Aiac, l’Associazione italiana di Arirmologia e Cardiostimolazione durante il secondo Regional Summit dedicato alle nuove linee guida cardiovascolari da mettere in pratica nel periodo post-emergenziale. Il secondo incontro è stato dedicato alle Regioni del Centro Italia: Emilia Romagna, Toscana e Lazio.
Ponti ha sottolineato la necessità di implementare nella telemedicina il monitoraggio remoto dei dispositivi impiantabili. Per farlo, però, “non basta avere la tecnologia, ma serve anche il personale formato”, ha ricordato.
Francesco Speziale, presidente della Sicve, la Società italiana di chirurgia vascolare, ha riportato che, durante la prima ondata pandemica, “tutte le Unità operative hanno registrato una riduzione di sale operatorie in elezione. La diminuzione più consistente si è registrata nelle regioni del Sud e nelle isole”.
La sfida si vince sul territorio
Tutti d’accordo nell’individuare nel territorio lo snodo cruciale per migliorare la presa in carico dei pazienti nel prossimo futuro. Le difficoltà non mancano, ma bisogna investire anche in tutto ciò che è attorno all’ospedale, affinché si possa diminuire la pressione su quest’ultimo.
Dall’Emilia Romagna i rappresentati territoriali delle società scientifiche hanno chiesto che i pazienti cardiovascolari abbiano le stesse priorità degli oncologici, ricordando che un paziente elettivo non trattato può diventare urgente.
Ottavia Soncini, presidente Commissione politiche per la Salute e Politiche sociali Regione Emilia Romagna, ha ricordato che la priorità nei primi mesi di Covid-19 è stata creare nuovi posti in terapia intensiva, sacrificando le altre patologie. “Adesso dobbiamo investire sul territorio e sulla telemedicina – ha affermato – ma anche sulla prevenzione e promozione degli stili di vita. La Regione ha recentemente aumentato le risorse destinate proprio a questo scopo, con l’obiettivo di rendere l’intero territorio nazionale cardioprotetto”.
In Toscana i rappresentanti territoriali hanno sottolineato l’importanza della continuità di trattamento per non creare disparità tra i pazienti, oltre a auspicare una migliore organizzazione tra centri hub e spoke. Enrico Sostegni, presidente della Commissione Sanità e politiche sociali della Regione Toscana, ha riconosciuto che il territorio regionale non è coperto in modo uniforme da eccellenze territoriali e che occorre incrementare il ruolo delle Usca e migliorare il rapporto tra medici ospedalieri e di medicina generale. “Occorre ripensare il modo in cui il territorio si interfaccia con l’ospedale”.
Nel Lazio, come nel resto del Paese, c’è stata una riduzione di circa il 50% delle prestazioni erogate in elezione. Nella Regione è emersa la necessità di creare, per le patologie cardiovascolari, una rete basata sulla distribuzione geografica dei bacini di utenza delle varie Asl con percorsi differenziati tra malati Covid e non Covid; rivedere il rimborso delle prestazioni; dare spazio alla tecnologia, con personale dedicato; preservare posti dedicati al paziente elettivo, che non è meno grave di quello emergenziale che arriva in pronto soccorso; realizzare una campagna di informazione per i pazienti, affinché si rechino in ospedale quando hanno i primi sintomi.
Giuseppe Simeone, presidente Commissione Sanità, Sociosanitaria e Welfare Regione Lazio ha ricordato le difficoltà dovute dal commissariamento che ha interessato la sanità regionale per 12 anni, fino al 2020. “Abbiamo dovuto fare i conti con le risorse contingentate e il Covid è arrivato in coda a questo percorso. Io credo comunque che quella di cui stiamo discutendo oggi è una sfida che si vince sui territori: gli ospedali devono curare le acuzie e occuparsi degli interventi tempo-dipendenti. Per il resto dobbiamo essere in grado di creare reti vere sul territorio, che mettano insieme mmg, pediatri di libera scelta, case della salute, distretti e così via. È una strada lunga in cui c’è molto da fare ma ritengo che sia l’unica direzione possibile”.
Recuperare il ritardo
In chiusura dell’incontro, Roberto De Ponti ha ricordato che “siamo ancora in alert e abbastanza lontani dall’essere rientrati da questa emergenza che ha impatto su tutte le altre malattie”. Le liste d’attesa lunghe e i problemi di accesso alle prestazioni permangono. “La pandemia ha messo in evidenza ciò che non funzionava nella sanità prima del Covid – ha ricordato l’esperto – Ci sono risorse in arrivo, dobbiamo avere visione realistica per il prossimo decennio. In questo ritengo sia fondamentale coinvolgere le figure di riferimento e le società scientifiche”.