Tumore al colon. Al via il progetto Pegasus sulla biopsia liquida per indirizzare il trattamento terapeutico post chirurgico
Obiettivo dello progetto è dimostrare che grazie allo strumento-guida della biopsia liquida è possibile rendere più preciso il percorso terapeutico post-chirurgico per i pazienti affetti da tumore al colon. Nel corso dello studio dovrebbero essere reclutati 140 pazienti affetti da tumore al colon in 8 istituti clinici europei
31 MAR - Il tumore del colon rappresenta oggi una delle più grandi sfide della ricerca biomedica. Ogni anno nel mondo sono diagnosticati più di un milione di nuovi casi, di cui quasi 325 mila in Europa e quasi 34 mila solo in Italia. Si tratta del secondo tumore maligno più frequente nella donna e del terzo nell’uomo. Il primo trattamento per il tumore del colon è la chirurgia in 8 pazienti su 10.
La chirurgia però non è sempre sufficiente perché in molti pazienti sono già presenti delle micro-metastasi non rilevabili agli esami radiologici che si eseguono prima e dopo la chirurgia. A causa di queste possibili micro-metastasi, che crescendo porterebbero a una recidiva del tumore nel giro di due o tre anni, la maggior parte dei pazienti viene oggi trattata per precauzione con la cosiddetta chemioterapia adiuvante, anche se più della metà di loro non ne avrebbe bisogno.
Ma ora grazie a un test diagnostico, in grado di rilevare la presenza delle micro-metastasi dopo la chirurgia, potrebbe essere possibile personalizzare la terapia adiuvante, restringendone l’uso ai soli pazienti che ne avessero davvero bisogno.
Ed è questa la sfida che si pongono i medici e ricercatori coinvolti nello
studio Pegasus condotto da
Silvia Marsoni, direttore dell’Unità di Oncologia di Precisione dell’Ifom di Milano, promotore dello studio sostenuto da Fondazione Airc nell’ambito del programma 5x1000, e coordinato da
Alberto Bardelli, ordinario del Dipartimento di Oncologia dell’Università degli studi di Torino e Direttore dell’Unità di Oncologia Molecolare presso l’Istituto di Candiolo Fpo- Irccs.
“Abbiamo individuato nella biopsia liquida – spiega Bardelli – lo strumento-guida ideale per orientare la scelta del trattamento post-chirurgico nei pazienti con tumore del colon. A partire da un semplice prelievo di sangue e sfruttando la genomica computazionale, riusciamo a individuare le ‘spie molecolari’ della presenza di micrometastasi e a definire la successiva terapia. Grazie a Fondazione Airc che ci ha sempre sostenuto nello sviluppo della biopsia liquida, oggi abbiamo quindi uno strumento cruciale per rendere più preciso il percorso terapeutico per ogni singolo paziente”.
“Fondazione Airc – commenta
Federico Caligaris Cappio, Direttore Scientifico della Fondazione – crede nella medicina di precisione guidata dalla ricerca scientifica. Pegasus è un eccellente esempio di come la ricerca possa portare a fare il meglio per ogni singolo paziente”.
Al progetto possono partecipare i pazienti ai quali è stato diagnosticato un tumore operabile del colon di stadio III e II (T4N0), di età ≥ 18 anni, in buone condizioni cliniche, che abbiano eseguito un prelievo di sangue prima della chirurgia e che abbiano firmato il consenso informato presso uno dei centri in cui Pegasus è attivo, ossia 5 centri in Italia e 3 in Spagna.
In Italia i Centri che partecipano sono: Istituto Oncologico Veneto Irccs - Padova; Fondazione Irccs Istituto nazionale dei Tumori - Milano; Niguarda Cancer Center, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda - Milano; Istituto Europeo Di Oncologia Irccs - Milano; Ospedale Policlinico San Martino Irccs - Genova. In Spagna: Vall D’hebron Institute Of Oncology - Barcelona; Hospital Del Mar, Parc De Salut Mar - Barcelona; Incliva Instituto De Investigación Sanitaria - Valencia.
Pegasus affronta nello specifico un importante problema irrisolto nel trattamento post-chirurgico del tumore del colon: la personalizzazione della terapia adiuvante. “Non abbiamo sempre idea di quali siano i pazienti che hanno bisogno di una chemioterapia perché il loro tumore è destinato a ricadere, e quali invece la farebbero per niente, perché il loro tumore è già completamente guarito grazie all’intervento del chirurgo - spiega
Sara Lonardi, responsabile clinico dello studio Pegasus, Dirigente Medico presso l’Istituto Oncologico Veneto Irccs di Padova - la ricerca del Dna del tumore all’interno del sangue del paziente stesso ci potrà dire se quel paziente ha un rischio maggiore di ricaduta e quindi necessita di un trattamento più intensivo, rispetto a un altro che non ha Dna tumorale circolante e quindi probabilmente ha bisogno di un trattamento meno intensivo”.
I pazienti coinvolti nello studio saranno 140, in 8 istituti clinici europei. Come avviene il coinvolgimento dei pazienti? “Allo studio – spiega
Andrea Sartore-Bianchi, oncologo medico responsabile dello studio Pegasus presso il Cancer Center dell’Ospedale Niguarda di Milano – parteciperanno persone che hanno subito un intervento chirurgico per un tumore del colon con caratteristiche di rischio che rendono necessaria una chemioterapia post-chirurgica.”
“Pegasus – aggiunge
Filippo de Braud, Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica ed Ematologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – è uno studio estremamente interessante che consente un elevato coinvolgimento dei nostri pazienti per cercare di ridurre trattamenti inutili a coloro che fanno terapie per diminuire il rischio di recidive in una malattia”. Inoltre, prosegue
Filippo Pietrantonio, oncologo medico responsabile dello studio presso lo stesso Istituto e ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano “nei pazienti reclutati viene effettuato un monitoraggio della presenza del Dna tumorale nel sangue per tutta la durata del percorso clinico-terapeutico, proprio per consentire di personalizzare la scelta terapeutica anche nel corso della strategia di cura”.
l progetto coinvolge come abbiamo visto una rete di centri clinici di eccellenza in Italia e in Spagna, coordinato da
Salvatore Siena, Direttore del Dipartimento di Ematologia ed Oncologia dell’Ospedale Niguarda di Milano: “Il nostro interesse preciso è quello di migliorare la diagnostica e la terapia di tutti i tumori cosiddetti ‘big killers’, e fra questi il carcinoma del colon. Abbiamo svolto nel corso degli anni precedenti alcune ricerche che hanno migliorato la terapia del carcinoma metastatico prolungando la sopravvivenza e raggiungendo la guarigione in una frazione di pazienti. Oggi stiamo estendendo le nostre ricerche alla malattia cosiddetta localmente avanzata”.
31 marzo 2021
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