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Ecco come bassi livelli di leptina, l’ormone della fame, scatenano l’appetito (e ci fanno ingrassare)

di Maria Rita Montebelli

I ricercatori di Yale e di Harvard rivelano i segreti della leptina, il cosiddetto ormone della fame e aprono così la strada a nuove strategie anti-obesità. Gli effetti ‘sopprimi-fame’ della leptina sarebbero mediati non da circuiti nervosi interni al cervello ma richiedono l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che porta ad un’aumentata secrezione di corticosterone, un ormone dello stress. Il corticosterone, a sua volta, va a stimolare un tipo particolare di cellule nervose del cervello, i cosiddetti neuroni AgRP, che scatenano la fame. Da questa scoperta, possibili nuovi farmaci anti-obesità.

20 GIU - In uno studio appena pubblicato su PNAS, i ricercatori di due delle più importanti università americane, Yale e Harvard, comunicano i risultati delle ultime ricerche sui rapporti tra leptina e aumento di peso, aprendo in questo modo la strada a nuove strategie anti-obesità.
 
La leptina, un ormone secreto dalle cellule adipose, ha il compito di ‘informare’ il cervello del livello delle riserve energetiche dell’organismo, immagazzinate nel tessuto adiposo e nel fegato; quando le riserve vanno scemando (come succede ad esempio per il digiuno o durante una dieta ipocalorica) il cervello ne viene ‘a conoscenza’, attraverso una riduzione dei livelli plasmatici di leptina.
 
Una bassa concentrazioni plasmatica di  leptina induce dunque un fisiologico aumento dell’appetito (per ‘rimpolpare’ le riserve energetiche dell’organismo). L’attenzione dei ricercatori americani si è andata infine ad appuntare sull’influenza esercitata da un tipo particolare di neuroni presenti nel nucleo arcuato dell’ipotalamo, detti AgRP, sui meccanismi della fame/sazietà. Per studiare in vivo le azioni della leptina e i suoi rapporti con queste cellule nervose è stato utilizzato un modello animale (roditori).
 
Fino ad oggi si riteneva che bassi concentrazioni di leptina fossero ‘sentite’ dai neuroni ipotalamici che davano così avvio ad una serie di risposte adattative. Per quanto riguarda il senso di fame, si riteneva che i neuroni sensibili alla leptina funzionassero interamente attraverso circuiti interni al sistema nervoso centrale. Ma lo studio appena pubblicato su PNAS dimostra che le cose non stanno così e che lo scatenamento della fame, richiede anche l’intervento del sistema endocrino e in particolare l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
 
Gli autori dello studio hanno infatti scoperto che nei roditori, il digiuno in un primo momento attiva i recettori per la leptina a livello ipotalamico che quindi, attiva l’asse ipofisi-surrene, che a sua volta porta alla secrezione di corticosterone, un ormone deputato alla regolazione dell’energia, delle risposte allo stress e dell’assunzione di cibo. La produzione di corticosterone a sua volta va ad attivare i neuroni AgRP che ‘accendono’ lo stimolo della fame. E’ necessario che questa catena di eventi sia integra perché le basse concentrazioni di leptina riescano a stimolare la fame, a fronte di una restrizione di cibo o in caso di diabete di tipo 1 scarsamente controllato (anche l’ipoglicemia, che stimola la fame attivando i neuroni del sistema nervoso centrale, anche se in maniera indipendente dalla leptina, in maniera similare recluta e richiede integrità di questo pathway, attraverso il quale l’asse ipotalamo-ipodisi-surrene stimola i neuroni AgRP).
 
L’ipoleptinemia insomma determina un’aumentata produzione di ormoni dello stress (glucocorticoidi), che a sua volta induce i neuroni AgRP a stimolare l’appetito. L’iperfagia indotta dal digiuno, dall’ipoglicemia o da un diabete scarsamente controllato dipende dunque da un aumentata concentrazione di corticosterone; l’attivazione dei neuroni AgRP scatena-appetito da parte del corticosterone è la responsabile degli effetti indotti dalle basse concentrazioni di leptina.
 
“Nell’uomo – spiega Gerald Shulman, professore di Medicina alla Yale School of Medicine – sia i livelli di leptina, che la glicemia si riducono durante una dieta e questo scatena la fame. Alla luce dei risultati ottenuti dalle nostre ricerche, i neuroni AgRP emergono come un interessante target terapeutico per sopprimere l’iperfagia che si verifica in condizioni di deficit di leptina o di eccesso di glucocorticoidi, come nel caso del morbo di Cushing ”.
 
Maria Rita Montebelli

20 giugno 2019
© Riproduzione riservata

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