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Le medicine non convenzionali, le evidenze scientifiche e il tavolo di confronto all’Iss

di Ivan Cavicchi

Se a questa società decisamente antimetafisica i medici continueranno a parlare, come hanno sempre fatto e come propone l’Iss, attraverso il necessitarismo delle evidenze scientifiche, cioè imponendo le proprie verità scientifiche, senza prestare attenzione, come ha sostenuto Feyerabend, alle “verità” degli altri, né saranno capiti e né saranno amati

03 SET - Il 7 settembre si terrà, all’Iss, una riunione convocata dal suo presidente, su richiesta del presidente della Fnomceo, per chiarire, sulla base delle evidenze scientifiche, i rapporti tra medicine non convenzionali e medicina scientifica.

Tutto nasce da un incontro, richiesto a suo tempo al presidente della Fnomceo, dai principali rappresentanti delle medicine non convenzionali, che, avvertendo nel paese, una crescente ostilità nei loro confronti, prima di tutto da parte della medicina ufficiale, hanno sentito il bisogno di verificare la tutela deontologica della federazione degli ordini.

Come è noto è dal 2002 (convegno di Terni) che la Fnomceo ha ammesso ufficialmente la complementarietà tra diversi generi di medicina con la medicina ufficiale, con l’unica condizione che, a validità riconosciuta come implicita, ad esercitare fosse comunque un medico, tant’è, che, migliaia e migliaia di medici, oggi, come “figli di cento albumi” sono, allo stesso tempo, figli di Ippocrate, di Bernard, di Hahnemann e di Steiner.
 
Il presidente dell’Iss, accogliendo la richiesta della Fnomceo, con una lettera di convocazione, ha organizzato “un tavolo di confronto per la revisione della letteratura scientifica e delle evidenze disponibili sull’omeopatia” con il fine di “garantire ai cittadini corrette informazioni basate sull’evidenze scientifiche”.
 
Rischi
La questione della copertura, sollevata dalle medicine non convenzionali, posta sul terreno della verifica delle evidenze, rischia tuttavia  di essere, per come le evidenze scientifiche sono usualmente considerate,  un esame sulla loro ammissibilità scientifica, quindi sulla loro validità, al punto da rischiare, se le medicine non convenzionali risultassero prive di evidenze convincenti, di essere giudicate inammissibili e, rivelandosi, alla fine, delle bufale, di perdere la copertura della Fnomceo,
 
In questo caso la Fnomceo si troverebbe in seria difficoltà dal momento che dovrebbe rivedere la propria deontologia e le proprie posizioni, mettendo così nei guai molti di quei medici con molti padri, ma soprattutto parecchi milioni di cittadini che a loro ricorrono.
 
Se la parola “complementare” significa completamento, integrazione reciprocità, cioè di cose che, pur diverse, si completano a vicenda, come potrebbe, una cosa non valida, completare una cosa valida?
 
Scientismo
Ciò che ha indotto i medici delle medicine non convenzionali a chiedere aiuto alla Fnomceo, è riassumibile in una contraddizione: oggi, alcuni settori della medicina che della professione medica anziché adeguarsi alle nuove complessità culturali di questa società, tendono a rispolverare uno “scientismo” davvero di altri tempi. Cioè a guardare indietro più che a guardare avanti.
 
La speranza è di recuperare, attraverso l’autorevolezza della scienza, una autorità professionale perduta, ma senza curarsi né:
- dei problemi di legittimazione sociale che oggi la scienza ha nei confronti di ampi strati della popolazione
- del rapporto difficile tra medicina e società causato dal contrasto tra ciò che non cambia mai e ciò che cambia nonostante tutto
- dei conflitti sociali che esistono tra scienza e società (vaccini, aggressioni ai medici, contenzioso legale, medicina difensiva) ecc.
 
Le forme dello scientismo
Lo scientismo oggi si è riproposto nel caso:
- dell’appropriatezza, una ossessione che ha fatto nascere la medicina amministrata,
- con le radiazioni dei medici ritenuti eretici nei confronti dei vaccini,
- preferendo metodologie profilattiche obbligazioniste in luogo di quelle consensuali
- per combattere le fake news veicolate dalle tecnologie informatiche
- degli standard volti a contenere i costi del sistema proposti a loro volta come evidenze (ci si dimostri ad esempio che 3.5 posti letto per 1000 abitanti sono una evidenza)
- con una crescente avversione nei confronti di tutto ciò che non è considerato strettamente scientifico quindi nei confronti proprio delle medicine non convenzionali.
 
“Scientismo”, l’ho scritto molte volte, non è un insulto ma solo un certo modo “autoritario” di intendere la scienza, insito, per altro, nel pensiero positivista che è alla base della medicina ufficiale. Il positivismo medico è inevitabilmente “scientista” perché pensa la malattia attraverso delle evidenze perentorie, assolute, altrimenti non potrebbe essere positivista e se non fosse positivista non potrebbe essere “scientifico”, stricto senso. Esso ritiene che, tutto quanto esorbiti dalla scienza tout court, in questo caso dalle sue evidenze, non abbia nessun valore e nessuna importanza pratica. Cioè fuori dalle evidenze, per lo scientismo, non c’è nulla che valga la pena di essere considerato, compreso le medicine non convenzionali.
 
Evidenze e non solo
Il problema, che le medicine non convenzionali hanno compreso, è che, fuori dalle evidenze, vi è il “mondo a molti mondi” della persona, dell’essere, dell’individuo e dei suoi contesti culturali e sociali, di una realtà tanto complessa da risultare spesso non semplificabile. Ridurre la complessità dei malati ad evidenze, cioè a statistica, oggi per milioni di persone, per quanto una operazione gnoseologicamente necessaria, è una impresa discutibile. Oggi, questa società, vuole essere curata non più come una astrazione statistica e meno che mai come un organo guasto o una sostanza alterata o un equilibrio chimico compromesso, ma come una un’entità ontologica singolare e personale. In questa società super tecnologica le medicine complementari, hanno accresciuto significativamente il loro consenso sfidando, di fatto, lo scientismo sul terreno delle relazioni e su quello della personalizzazione delle cure ma anche su quello degli approcci naturali e dei risultati terapeutici a costi iatrogeni praticamente minimi.
 
Per gli scientisti, al contrario, le relazioni non hanno nessun valore epistemico, le verità accettabili sono solo quelle garantite da un metodo, si da per scontato che per essere curati si debba pagare dei costi fisici, la terapia è solo un problema di chimica, e l’approccio terapeutico, fondamentalmente, resta un conflitto tra entità nemiche cioè anti-biotiche.
 
Ideologia scienza e politica
Per gli scientisti comandano le evidenze e ad esse ci si deve sottomettere e obbedire. Alla base della legge sui vaccini, a valore profilattico dei vaccini ovviamente indiscutibile, i conflitti sociali si sono originati tutti da un equivoco scientista creato da una pericolosa degenerazione della idea di scienza in ideologia. Perché lo scientismo soprattutto quando diventa “necessitarismo”, (l’affermazione di un determinismo rigido e assoluto rispetto al quale la politica deve sottomettersi proprio come nel caso dei vaccini) rischia di diventare ideologico.
 
Obbligare una intera società assumendola come indifferenziata, irresponsabile, incapace, pericolosa, è un atto ideologico tipicamente scientista, non scientifico, specialmente se oltre l’obbligazione, come dimostra l’Europa, esistono altre strade percorribili. Sottoporre, con la legge sulle dat ogni trattamento sanitario, compreso una iniezione ipodermica, al consenso informato, è un altro atto ideologico che di veramente scientifico non ha niente. Una bella contraddizione (delle due una, o si obbliga o si concerta) ma, tra ideologie non tra scienza e politica che fanno saltare la correttezza dei loro rapporti alterando l’idea scientifica e politica di cosa sia veramente necessario.
 
L’Oms, con una lettera al governo italiano (QS 27 giugno 2017), ha chiarito in modo del tutto anti-ideologico, che le evidenze scientifiche non necessariamente debbono essere tradotte in obbligatorietà. Cò nonostante da noi il sillogismo che è prevalso è stato ideologico e necessitarista “se evidenza allora obbligatorietà” pur sapendo che componenti importanti di popolazione, sono di parere diverso, esattamente come la maggior parte dell’Europa: “se evidenza allora consensualità, partecipazione, obblighi solo morali, informazione, farmacovigilanza ecc”.
 
Una medicina metafisica
Chiarisco subito che, con il termine “metafisica”, intendo indicare semplicemente un concetto di “assoluto” e in quanto tale un concetto per forza autoritario. L’assoluto non ammette obiezioni, limitazioni, restrizioni, relatività. L’assoluto pretende obbedienza.
 
Dal punto di vista strettamente epistemico:
- la medicina scientifica ancora oggi è una scienza della realtà organica assoluta, che cerca cioè di spiegare le cause prime delle malattie prescindendo da una qualsiasi complessità sovra-organica
- le medicine non convenzionali, pur con mezzi scientifici limitati, sono antimetafisiche perché sono conoscenze strettamente relative alla complessità di una persona.
 
Le evidenze scientifiche, per come sono evocate dalla convocazione del tavolo di confronto, sono, di fatto, poste come valori metafisici, cioè indiscutibili e per questo assoluti, che metteranno in seria difficoltà i rappresentanti delle medicine complementari ma alla fine, se non si fa attenzione, anche la Fnomceo.
 
Le evidenze scientifiche sono degli a priori assoluti.
Per tutto il 900, il dibattito sulla scienza, non ha fatto altro che ridiscutere il valore assoluto dell’a priori kantiano, quindi i valori metafisici, i punti di vista assoluti, le verità considerate granitiche, riscoprendo il valore del dubbio, del probabile, del relativo, dell’umano, del reale, del fallibile. Ciò che Reichenbach ha riassunto con l’espressione “crisi del sintetico a priori”. Le evidenze scientifiche sono un esempio classico di “sintetico a priori”.
Rispetto a questo dibattito la medicina e i medici sono rimasti colpevolmente indietro.  
 
Oggi difronte alla complessità del mondo nessuna conoscenza assoluta è ammessa e gli approcci metafisici, per quanto ispirati ai fatti, agli oggetti, alle statistiche, nella realtà si espongono ad essere smentiti, contraddetti, falsificati dai dati empirici, fino a rivelarsi poco realistici. E questo, per una scienza che, basandosi sui fatti, si ritiene realista, come la medicina, non è una contraddizione da poco. Oggi i valori metafisici, come sono le evidenze scientifiche, spesso si rivelano nei confronti delle complessità umane poco realistici al punto che il medico è costretto in tanti casi a navigare a vista.
 
Cioè a fare a meno di essi. Di fatto più la medicina scientifica è metafisica, nel senso spiegato, e più essa è irrealista e più è irrealista più genera sfiducia sociale. Oggi la medicina e il medico sono sollecitati a cambiare per diventare davvero “realisti” ma rispetto ad una realtà che è molto diversa da quella che ha visto, circa un secolo fa, la loro nascita.
Oggi la “realtà positiva”, per rifarci a Ferraris (2013), con la quale fare i conti, è il malato non più solo la malattia. Per questo oggi per un medico, fermarsi alle evidenze scientifiche della malattia, è irrealistico. E i medici irrealisti, come sa bene la Fnomceo, rischiano di perdere la fiducia della gente.
 
Le pseudoscienze
E’ in questo clima neo autoritario tra ideologie e metafisica che le medicine non convenzionali spesso sono descritte dalla scienza ufficiale, in barba ai codici deontologici, come delle bufale come delle medicine ingannevoli, cioè, alla fine, come delle pseudo scienze.
 
Rammento che “pseudo” vale come “falso”  e che Il termine pseudoscienza, a partire da Magendie, indica nell’epistemologia ,ogni teoria, metodologia o pratica che afferma, pretende o vuole apparire scientifica, ma che tuttavia non mostra i criteri tipici di scientificità, ovvero non ha alcuna aderenza al metodo scientifico,  che, ricordo, è il metodo alla base della scienza moderna per dimostrare la validità delle proprie affermazioni.
Va da se che la convivenza tra scientismo ideologia e metafisica con altri modi di vedere alla medicina, resta difficile. E questo, a quel “tavolo di confronto” sarà un bel problema.
 
Paragonare o equiparare?
Il rischio che vedo nella lettera di convocazione è duplice:
- trasformare il confronto in una sterile opposizione tra scientifico e pseudoscientifico, in questo caso, non ho nessun dubbio, sul fatto che l’Iss giudicherà le medicine complementari delle pseudoscienze
- interpretare il confronto non come un contraddittorio che paragona dottrine diverse, salvaguardando il valore della diversità, ma come un tentativo di equiparazione cioè di assimilazione delle medicine non convenzionali al canone positivista della medicina scientifica, con lo scopo di rendere epistemicamente uguale ciò che uguale non è.
 
I paradigmi, diversamente dai salari, sono al massimo paragonabili ma non equiparabili.
 
 
Oltre il benchmark occhio alle regole dell’epistemologia
Personalmente suggerisco al tavolo, prima di mettersi a discutere di evidenze, di accordarsi sul metodo di confronto da adottare. La lettera di convocazione propone un metodo molto simile a quello che in economia si chiama “benchmark” vale a dire l’uso delle evidenze scientifiche come uno standard di riferimento per valutare le prestazioni di una certa idea di cura rispetto ad un’altra idea di cura.
 
Ma subordinare il confronto, tra paradigmi diversi, ad uno standard epistemico, oltretutto di parte, perché considerato a torto o a ragione superiore agli altri, come le evidenze scientifiche, presta il fianco a molte aporie:
- si dà per scontato che esiste solo un genere valido di evidenza scientifica che è quella dell’astrazione statistica, mentre in medicina vi sono altri generi di evidenza che tuttavia la medicina scientifica tende a disconoscere perché non comprovate da un metodo scientifico anche se riscontrabili sul piano empirico. Vi sono milioni di persone nel mondo curate con l’omeopatia che si dichiarano soddisfatte. Vi sono milioni di genitori che curano i loro bambini con l’omeopatia e ci dicono che i loro figli non hanno avuto mai seri problemi di salute. Queste sono o no una evidenza?
 
- si ignora il problema, che gli epistemologi post positivisti, definiscono incommensurabilità, cioè non si possono confrontare verità scientifiche che obbediscono a metodologie diverse. Qualsiasi evidenza statistica o empirica o fisica o fenomenologica, non è mai una verità assoluta (metafisica) perché prima di tutto essa dipende dal metodo che la verifica. Questo è quello che si chiama “decidibilità”. Se il metodo è diverso, le verità, per esempio terapeutiche, sono incommensurabili, per cui esse andrebbero accettate in quanto tali, cioè verità diverse ma verità. Queste verità proprio perché non sono equo-decidibili si mostrano imparagonabili,
 
- in nessun caso, con diverse decidibilità, si può dire che una verità è più vera di un’altra o che una è falsa e l’altra vera.  Si può dire che certi farmaci di sintesi, rispetto ad altri farmaci di sintesi, funzionano meno o di più, ma in nessun caso si può dire che la terapia omeopatica al confronto di quella allopatica sia un placebo, quindi inutile, perché quella terapia, cioè le sue specifiche evidenze, dipendono non solo da un principio attivo, per quanto diluito, ma da un approccio complesso basato sulla relazione con una specifica singolarità. Cioè da un altro metodo. Mentre nel caso della medicina scientifica le evidenze dipendono solo dagli effetti fisici di un principio attivo,
 
- si ignora la questione della “meaning variance” cioè pur condividendo concetti comuni come ad esempio “cura” “farmaco” “malattia” (termini omofoni) i loro significati non sono confrontabili se i loro apparati concettuali di riferimento sono diversi. Il concetto di cura per un omeopata è radicalmente diverso da quello di un medico medio perché basato su presupposti ontologici gnoseologici epistemici, molto differenti.
 
Problema diverso è quello degli ambiti di cura. L’omeopatia ha o dovrebbe avere, almeno secondo me, un ambito di cura più ristretto rispetto a quello della medicina scientifica, nel senso che nei confronti di particolari malattie essa non può che essere complementare e adiuvante. Ma questo è un problema di ruolo e comunque di un ruolo complementare nei confronti di un genere “scientifico” di medicina semplicemente con maggiori possibilità di intervento. Curare il cancro, e non solo, con l’omeopatia, per me, non è ragionevole ma nella cura “scientifica” del cancro l’impiego dell’omeopatia per scopi adiuvanti è più che ragionevole.
L’epistemologia di Trento
Al “tavolo di confronto” vorrei dare un altro suggerimento: leggetevi il titolo quattordicesimo della riforma deontologica di Trento, “la malattia e la cura”. Troverete delle ridefinizioni importanti del concetto di malattia, di cura e delle accurate ri-puntualizzazioni del concetto di medicina scientifica. Il rischio da evitare “con cura” (è il caso di dirlo) è di discutere dando per scontato delle definizioni che ormai sono ampiamente superate. Oggi, per esempio, la definizione dei vocabolari di medicina fa ridere, quella di malattia è radicalmente da aggiornare. Troverete anche preziose reinterpretazioni del concetto di evidenza scientifica e di evidenza empirica, del concetto di beneficio e di risultato, ma soprattutto troverete titoli come “medicina e tradizioni di cura” “pratiche ausiliarie” “confrontabilità epistemica” che vi aiuteranno nel confronto difficile che dovrete sostenere, sempre che di confronto si tratti.
 
Sotto il titolo “le cure” si legge:
Il cittadino è libero di scegliere in libertà consapevolezza e responsabilità, il genere di cura, tra quelli ammessi, che ritiene più confacente ai propri bisogni alle proprie necessità e ai propri convincimenti.
 
Si ammettono due generi di cura:
- quello basato sul metodo scientifico e che si definisce “medicina”
- quello basato su metodi tradizionali di cura diversi da quello scientifico e che si definisce “tradizione di cura”.

 
Il cittadino al fine di effettuare una scelta consapevole, circa il genere di cura da adottare dovrà essere coadiuvato dal medico che provvederà ad informarlo rendendolo edotto sulle possibilità effettive delle sue scelte.
 
Una corretta informazione
Il presidente dell’Iss, nella sua lettere di convocazione, ha posto il problema, di “garantire ai cittadini corrette informazioni”.
 
Non so bene, nel caso delle medicine complementari, cosa voglia dire per l’Iss “corretta informazione” so però che qualsiasi informazione è corretta se mette in condizione il cittadino di scegliere la cura che lo convince di più, cioè che per lui appare più vantaggiosa, da ogni punto di vista, e nel rispetto delle sue convinzioni personali. Per fare questo ridurre l’informazione a evidenze scientifiche, cioè giocare la carta del necessitarismo, può essere fuorviante, anche se le evidenze restano ovviamente una parte importante dell’informazione. Ci mancherebbe altro.
 
Per informare correttamente il cittadino servono due cose:
- il medico deve sapere di cosa si parla e da quello che mi risulta sono pochi i medici, non addetti, che conoscono davvero le medicine complementari, per non parlare degli scientisti per i quali comanda spesso il pregiudizio che le medicine complementari siano pseudoscienze Un medico convinto di ciò, che informazione può dare? E’ del tutto evidente che lo scientista userà il necessitarismo delle evidenze scientifiche per mettere fuori gioco le medicine complementari,
 
- si deve accettare l’idea di diverse idee di medicina. Il 900, a partire da Popper, per arrivare ai veri post positivisti, ha messo in discussione il criterio di demarcazione tra scienza e pseudoscienza, cioè tra razionale e irrazionale, ed ha cambiato radicalmente il concetto di scienza del positivismo alla base della medicina, giudicandolo, per l’appunto, troppo metafisico, per essere reale e socialmente accettabile.
 
Questo non vuol dire, come ho detto sopra, equiparare ciò che non è equiparabile, o appiattire tutto. Le differenze di paradigma restano per intero: la medicina scientifica resta scientifica e per un medico essa, come dice giustamente Trento, è la sua prima fonte di riferimento rispetto alla quale le medicine non convenzionali restano comunque pratiche ausiliarie. E quelle complementari restano tali. Nemmeno vuol dire accettare la fuffa, il metodo di Bella o il metodo Stamina, o le infinite fake news che circolano nel web. Per cui la scienza, pur nella sua ridefinizione e nelle sue varianti decidibili, resta, come conoscenza garantita, rispetto al cittadino, la prima vera garanzia di affidabilità.
 
Complementarietà e modi diversi di curare
L’idea di avere più medicine “decidibili”, non deve spaventarci al contrario deve essere interpretata:
- come uno sviluppo evolutivo di un concetto di scienza che per diverse ragioni, nei confronti delle complessità sociali, non può più essere monolitico o riducibile ad un “sintetico a priori”
- come una crescita delle opportunità di cura da offrire al cittadino
- come ricerca della cosa più adeguata per un individuo singolare sapendo che ciò che è appropriato alle evidenze scientifiche può essere inadeguato nei confronti di una singolarità.
 
Il punto irrinunciabile, per ammettere più idee di medicina, più generi di evidenze, più generi di metodologie, diverse ontologie del malato, diverse idee di cura, è confermare, non ridiscutere, il valore della complementarietà.
 
Se l’obiettivo, non dichiarato del tavolo, è assimilare diversi modi di intendere la cura ad una autoritaria metafisica necessitaristica delle evidenze scientifiche a cui tutti dovrebbero obbedire, compreso la politica, allora vuol dire che il confronto non è un confronto, che questa società, a dispetto di quello che ha scritto Feyerabend nel 78, è meno libera di curarsi di quello che sembra.
 
Una domanda apparentemente impertinente
Se a questa società decisamente antimetafisica i medici continueranno a parlare, come hanno sempre fatto e come propone l’Iss, attraverso il necessitarismo delle evidenze scientifiche, cioè imponendo le proprie verità scientifiche, senza prestare attenzione, come ha sostenuto Feyerabend, alle “verità” degli altri, né saranno capiti e né saranno amati.
 
Chiudo con una domanda: come mai con il crescere costante e progressivo delle evidenze scientifiche il paradigma della medicina scientifica e di conseguenza la professione medica, sono, in questa società, così platealmente in crisi?
 
Ivan Cavicchi

03 settembre 2018
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