Fondo innovativi per farmaci non oncologici. La restituzione delle risorse inutilizzate va ridiscussa
di Ivan Gardini
Sembra confermato il fatto che dal fondo innovativi non oncologici devono essere restituiti al fondo indistinto ben 356 mln. Certamente non perché sono esauriti i pazienti da curare. E’ vero il contrario. Con la manovrina estiva del 2017 si è stabilito che, se avanzano risorse dal fondo farmaci innovativi, quelle stesse risorse - ora vincolate all’acquisto di farmaci innovativi - tornano svincolate al fondo indistinto. Una norma sicuramente disincentivante
05 GIU - La interessante nota sulle risorse non utilizzate dei fondi per i farmaci innovativi oncologici e non,
scritta dall’amico Tonino Aceti su Quotidiano Sanità, offre uno stimolo importante per alimentare il dibattito costruttivo, franco e onesto su questo tema. Che a noi sta molto a cuore. Commenterò solo la parte che riguarda il fondo farmaci innovativi non oncologici, poiché la stragrande maggioranza delle risorse viene assorbita dai farmaci innovativi anti epatite C e soprattutto non ho titolo per parlare del fondo oncologici, di cui conosco poco o nulla.
Tonino pone due domande del tutto lecite. La prima: se si sarebbe potuto curare “qualche persona in più”: ovviamente si, e io aggiungo che si sarebbero potute curare diverse migliaia di pazienti in più. Almeno per quanto riguarda pazienti con epatite C. La seconda, ben più complessa, va alla ricerca del motivo per cui le Regioni non utilizzano tutte le risorse del fondo innovativi quando, solo poco più di un anno fa, qualcuno continuava a teorizzare il “collasso del SSN” per colpa dell’alto costo dei farmaci anti epatite C.
Ad una prima occhiata del documento appena aggiornato da AIFA
Monitoraggio della Spesa Farmaceutica Nazionale e Regionale Gennaio - Dicembre 2017 (Primo rilascio), lo scenario delle risorse inutilizzate appare peggiore del documento precedente citato da Aceti: infatti
, sembrerebbe (non riesco ancora a crederci) che il consumo del fondo innovativi relativo al 2017 sia di 143.712.210 su 500 milioni disponibili.
Ciò è possibile inserendo nel conteggio complessivo il pay back restituito dalle aziende farmaceutiche per effetto degli accordi prezzo/volume e del ripiano dei tetti di spesa sui prodotti.
Tutto ciò appare incomprensibile e per certi versi scandaloso.
Tuttavia, qualcuno di bene informato ci ha fatto chiaramente capire che
mescolare spesa corrente (peraltro dovendo scorporare spesa lorda da quella al netto degli sconti) con i pay back che a volte riguardano acquisti dell’anno precedente, è un esercizio contabile diabolico sia per le Regioni, sia per la stessa Agenzia ma, soprattutto, non restituisce una fotografia totalmente fedele sul consumo di risorse del fondo in tempo reale, o comunque annuale.
D’altra parte su 900 milioni spesi dalle regioni nel 2017 per i farmaci innovativi non oncologici, sono stati ben 756 i milioni restituiti dalle aziende. Ma è molto complesso capire quanto di questo pay back risale a consumi di farmaci relativo al 2016 che nulla c’entra con i consumi 2017.
Comunque la vogliamo vedere, sembra confermato il fatto che
dal fondo innovativi non oncologici devono essere restituiti al fondo indistinto ben 356 milioni di Euro.
Certamente non perché sono esauriti i pazienti da curare. E’ vero il contrario.
In sé, stiamo parlando dell’ennesima complicazione amministrativa che il sistema riesce a produrre, ma in questo caso la faccenda è ben più seria, ed entriamo in quelle che sono le nostre riflessioni e in parte deduzioni.
Un fondo mai completamente accettato dalle Regioni
Pur non accennando esplicitamente al fondo farmaci innovativi, il 22 Giugno 2017, con
documento 17/75/CR01/C7, la Conferenza delle Regioni e Province Autonome rilancia il confronto sul fondo farmaci innovativi con il Ministero della Salute e chiede di eliminare i vincoli posti alle risorse Regionali per i cosiddetti Piani Obiettivo.
Peccato che il 52% del miliardo e mezzo stanziato nel triennio 2017-2019 per gli innovativi non oncologici, siano proprio risorse vincolate destinate ai obiettivi di Piano.
Per essere più chiari proponiamo questa semplice tabella:
In sostanza,
le Regioni si sono viste vincolare (e di fatto sottrarre) 788 Milioni in 3 anni per acquistare farmaci innovativi, perlopiù sull’epatite C.
Facilmente prevedibile la richiesta ufficiale contenuta nel documento, questa:
"garantire l'autonomia Regionale nell'utilizzo delle risorse, eliminando sia i vincoli di destinazione, salvo casi straordinari da concordare preventivamente, sia lo strumento obsoleto e burocratico degli obiettivi di piano, riportando tali risorse nel 'contenitore' del fabbisogno indistinto".
Ecco, parliamo del contenitore del fabbisogno indistinto.
Norme disincentivanti per l’utilizzo delle risorse del fondo innovativi
Naturalmente è un caso, ma dopo 4 giorni dalla divulgazione del documento sopra citato, il 26 Giugno 2017 entra in vigore Decreto Legge 50/2017, ovvero la manovra correttiva 2017 cd. “Manovrina” il cui art. 30 recita, tra l’altro:
1. All'articolo 1, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo il comma 402, e' inserito il seguente: «402-bis. I farmaci, ivi compresi quelli oncologici, ... Le risorse dei Fondi di cui ai commi 400 e 401 non impiegate per le finalità ivi indicate confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato ai sensi del comma 392.».
Tradotto: se avanzano risorse dal fondo farmaci innovativi, quelle stesse risorse – ora vincolate all’acquisto di farmaci innovativi - tornano svincolate al fondo indistinto, pronte per essere ripartite tra le Regioni e utilizzate per altri capitolo di spesa sanitaria.
Se non ho fatto male i conti, la cifra da restituire che riguarda il solo fondo innovativi non oncologici è di 356 milioni di euro.
Mi guardo bene anche solo dall’ipotizzare che le Regioni non curano pazienti per tornare in possesso di talune risorse libere da vincoli, ma certamente questa è una norma totalmente disincentivante, e soprattutto incompatibile con un piano di eliminazione dell’epatite C che ha l’obiettivo (pare condiviso dalle Regioni) di curare 80.000 pazienti /anno.
Su questo specifico punto, abbiamo proposto delle modifiche (illustrate più avanti) già prospettare ad
Antonio Saitta, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza Stato Regioni, ma che sottoporremo all’attenzione anche del nuovo Ministro,
Giulia Grillo.
Erogazione risorse e calcolo di assorbimento
Una lancia potrebbe essere spezzata in favore delle Regioni quando si parla dei metodi di erogazione delle risorse del fondo innovativi e il conseguente calcolo (non interpretabile) sul consumo annuale.
In effetti il Decreto 16 febbraio 2018 "Modalità operative di erogazione delle risorse stanziate a titolo di concorso al rimborso per l’acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi" stabilisce le modalità di erogazione delle risorse del fondo innovativi oncologici e non.
Per il fondo non oncologici viene distinta la modalità di erogazione prevista per il 2017:
"in proporzione alla quota di accesso al fabbisogno sanitario standard per l’anno 2017, fino a concorrenza dei Fondi di cui all’art. 1 del presente decreto, senza che venga operato alcun conguaglio successivo"
da quella prevista per il 2018:
"Fatto salvo quanto previsto per l’anno 2017 nel successivo comma 6 del presente articolo, il Ministero della salute, a decorrere dall’anno 2018, determina l’acconto da riconoscere…. Le operazioni di conguaglio, sulla base dei dati forniti dall’AIFA entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, rispetto alla spesa di competenza di ciascuna regione…".
Davvero difficile capire, per i comuni mortali, che impatto hanno tali norme sull’accesso ai farmaci anti epatite C.
Il metodo per calcolare l’assorbimento annuale e reale delle risorse del fondo innovativi lo abbiamo già commentato sopra.
Queste due criticità, in effetti, sembrano impedire il pieno controllo in tempo reale dei pagatori sulla spesa regionale e complessiva dei farmaci innovativi. Poiché - se viene sforato il tetto complessivo dei 500 milioni - anche le Regioni sono chiamate a ripianare la differenza, quello del controllo in tempo reale non è un dettaglio trascurabile.
Ben conoscendo l’attenzione che regna sui bilanci sanitari regionali appare scontato che – in mancanza di un sistema di controllo della spesa in tempo reale del fondo innovativi regionale e complessiva - ogni regione (o quasi) tende a “tirare il freno a mano” per evitare qualunque tipo di rischio su questo specifico capitolo di spesa.
Frena oggi, frena domani, improvvisamente ci si rende conto che il serbatoio è ancora mezzo pieno, anzi di più. Con buona pace dei pazienti, in attesa delle loro cure.
Nonostante queste terapie abbiamo ormai un prezzo medio, al netto degli sconti, di 5-6.000 Euro.
Ma che problema c’è. Tanto le risorse inutilizzate torneranno indietro e pure svincolate.
Tutto ciò va modificato, semplificato, e reso chiaro e trasparente.
Ci chiediamo, ad esempio, per quale motivo non si proceda in questo modo:
• Ad ogni regione viene assegnato un obiettivo sul numero di pazienti da curare/anno, compatibilmente con il l’obiettivo di 80.000 pz. / anno;
• Conseguentemente, sono assegnate e trasferite alle Regioni le risorse per l’acquisto di quel numero di terapie.
In questo modo nessuna Regione può avere il timore di sforare il tetto complessivo previsto (per la parte che riguarda i farmaci HCV), sa quanto può spendere, e se non li spende deve motivare il mancato utilizzo.
Se, ipoteticamente (ma siamo ben lontani), una regione ha terminato di curare tutti i pazienti con epatite C, i fondi residui - caso mai - dovrebbero tornare nel fondo innovativi e messi a disposizione di altre regioni che hanno più pazienti da curare o per altri farmaci innovativi che nel frattempo sono entrati a far parte del fondo.
Epatite C: I manager della salute impreparati ai cambi di paradigma
L’introduzione di terapie innovative che curano in via definitiva una malattia cronica rappresentano un evento così raro che gli attuali amministratori della nostra salute non sono affatto pronti a cogliere i cambi di paradigma inediti e (probabilmente) mai sperimentati che ciò comporta.
Il primo
Chi più spende meno spende. E’ un fatto incontestabile che curare in via definitiva un paziente con malattia cronica, e quindi fonte di consumo cronico di risorse del SSN, produce una quantità di risparmi enorme, soprattutto se la patologia in questione è molto diffusa, e progressivamente invalidante.
Parliamo di risparmi nell’ordine di centinaia di milioni di Euro, complessivamente, tra costi diretti e indiretti.
Perciò, la quantità di pazienti curati e la velocità con la quale si curano, è direttamente proporzionale alla quantità di risorse economiche risparmiate, utilizzabili poi per altri capitoli di spesa.
Purtroppo questo raro paradigma non rientra nel sentiment degli amministratori di salute regionali, spesso sotto pressione per fare quadrare il bilancio e reperire risorse attraverso tagli, ottimizzazioni, accorpamenti ecc.
Spendere di più per spendere meno (calcolabile anche nel breve periodo) probabilmente è un tema visto come un terreno scivoloso dal quale è meglio stare lontani. Meglio utilizzare i vecchi sistemi che funzionano sempre, taglia e accorpa. Qualcuno ci costruisce pure una carriera facendo questo nobile mestiere.
Il secondo
Per curare tutti i pazienti con epatite C, ora è necessario cercarli fuori dalle strutture ospedaliere. Ad esempio nelle carceri, nei SerD ed altri macro e micro bacini di pazienti con diagnosi HCV ma mai indirizzati presso una struttura ospedaliera per essere curati dall’epatite C.
Altro paradigma non proprio familiare, poiché normalmente ci si aspetta che i pazienti si rechino autonomamente in ospedale. Oppure inviati dallo spirito santo.
E perché mai andare a cercarli? Costa tempo e fatica.
Ma, facendo due conti, costa molto di più curare cirrosi epatiche, tumori del fegato, effettuare trapianti di fegato, tutte complicanze costosissime se non si cura tempestivamente l’infezione. Esiste abbondante letteratura a riguardo.
A volte, il non fare è più dannoso del fare.
Obiettivi mai messi nero su bianco
Il nocciolo della questione, (almeno per ciò che riguarda il fondo innovativi non oncologici, assorbito quasi totalmente dai farmaci HCV), è che non è mai stata formalizzata l’urgenza e la priorità necessaria affinchè - a livello regionale - si adottino strategie, piani e attività in linea con lo sforzo profuso per abbassare i prezzi dei farmaci.
Ottenuto il “prezzaccio”, calato il sipario.
Non è un caso che Veneto e Sicilia siano le uniche due regioni che hanno nominato un referente che di deve occupare della eliminazione dell’epatite C nel loro territorio. E non è un caso che stanno avviando attività finalizzate all’individuazione di tutti i pazienti con epatite C proprio all’interno di bacini non ancora presi in considerazione e successivamente tracciare percorsi di presa in carico e cura, sempre nel rispetto della loro autonomia.
Facciamo un esempio banale: i SerD sono notoriamente strutture che si occupano di persone con disagio da dipendenza, forse il bacino attuale più ampio di persone con epatite C con diagnosi nota e non nota.
Prendiamo una regione a caso, il Piemonte. Mappiamo tutti i SerD e tutte le strutture autorizzate a curare con i farmaci innovativi, e cioè 16 strutture ospedaliere vs. 66 SerD da noi individuati.
Come minimo, serve una pianificazione accurata di “abbinamento” tra strutture e SerD per gestire la presa in carico e cura dei pazienti in attesa. Per fare questo serve un piano specifico dove ci si accorgerà che magari serve formare operatori, autorizzare nuovi medici alla prescrizione, strutturare meglio i reparti che dovranno gestire più SerD, ecc.
E questo va replicato, ad esempio, per la cura dei detenuti, attività che comporta ulteriori complessità logistiche.
Ma se non esiste un referente specifico regionale che si occupa di coordinare tutte le attività e gli stakeholders coinvolti, ci vorranno altri 20 anni per ripulire l’italia dall’epatite C.
In sintesi, per ottenere un pieno utilizzo del fondo innovativi servono pochi ma fondamentali passaggi (già consegnati al dott. Saitta). Ad esempio:
1. Assegnare al Piano di eliminazione dell’HCV un ruolo prioritario all’interno dei Piani Sanitari Regionali;
2. Prevedere la nomina di un referente regionale per la gestione del Piano di eliminazione dell’epatite C;
3. Per ogni regione, prevedere un obiettivo minimo annuale di pazienti da avviare al trattamento, in linea con l’obiettivo nazionale di 80.000 pazienti/anno;
4. Concordare l’adozione di un PDTA unico nazionale inclusivo di alcune attività strategiche comuni (contenute nel nostro ultimo dossier) volte alla presa in carico di tutti i pazienti diagnosticati ma non ancora indirizzati presso le strutture autorizzate alla cura. Alcuni dei principali bacini dove notoriamente sono ancora “parcheggiati” pazienti già diagnosticati con HCV sono:
• Medici di Medicina Generale
• Strutture ospedaliere non autorizzate
• SERD
• Carceri
E, infine, un paio di proposte di modifica dell’art. 30, del DL 50/2017, prima che qualcuno ipotizzi di togliere risorse (per inutilizzo) al fondo innovativi:
a) “Le risorse dei Fondi di cui ai commi 400 e 401 non impiegate per le finalità ivi indicate confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato ai sensi del comma 392 al termine del triennio 2017 – 2019, ovvero a decorrere dal primo gennaio 2020.
Oppure
b) “Le risorse dei Fondi di cui ai commi 400 e 401 non impiegate per le finalità ivi indicate confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato ai sensi del comma 392 ma vincolate per attività strategiche finalizzate alla eliminazione dell’epatite C: potenziamento delle strutture ospedaliere autorizzate alla somministrazione del farmaci anti HCV, screening, informazione alla popolazione, ricerca epidemiologica ed informatizzazione dedicata.
Ivan Gardini
Presidente EpaC onlus
05 giugno 2018
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci