Dopo la clonazione dei macachi in Cina sarà la volta dell’uomo? Intervista a Giuseppe Novelli: “Potenzialità straordinarie da esperienza cinese, ma l’uomo non sarà mai clonato. Soprattutto perché è inutile e immotivato”
di Maria Rita Montebelli
La ‘barriera’ del suono della clonazione dei primati, uomo compreso, è stata dunque infranta. E la ricerca, pubblicata sulla rivista Cell, sta sollevando in tutto il mondo un’ondata di reazioni, non tutte positive. Da una parte la promessa di un avanzamento della scienza, grazie alla creazione di modelli di patologie umane, soprattutto nel campo delle malattie neuro-degenerative; dall’altra le istanze etiche e la paura di una deriva che potrebbe portare alla clonazione umana. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Novelli, genetista di fama mondiale e rettore dell'università Tor Vergata di Roma
25 GEN - Per la prima volta al mondo i ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze di Shanghai sono riusciti a clonare dei primati (Macaca fascicularis cioè macaco cinomolgo o macaco di Buffon o macaco di Giava) utilizzando la stessa tecnica adottata negli anni ’90 per la celeberrima pecora ‘Dolly’.
La tecnica, detta trasferimento nucleare di cellula somatica (SCNT), consiste nell’impianto di un nucleo, proveniente da una cellula somatica, all’interno di una cellula uovo, privata del suo nucleo. Da ‘Dolly’ in poi, la stessa tecnica è stata utilizzata per clonare una ventina di altre specie animali (topi, cani, cavalli, conigli, maiali, tori, mufloni,ecc) ma mai si era riusciti a farla funzionare nei primati.
Per la verità, ricorrendo alla tecnica detta di ‘scissione embrionale’ (embryo splitting) sempre nel 1997 (l’anno della nascita di Dolly ad opera del gruppo di ricerca di
Ian Wilmut del Roslin Institute di Edinburgo), gli scienziati del Centro regionale di Primatologia dell’Oregon riescono a clonare due Macacus Rhesus; ma questa tecnica non viene considerata idonea per la produzione su vasta scala di cloni per la ricerca medica. L’embryo splitting può produrre solo qualche copia, il metodo ‘Dolly’ al contrario può produrre un numero virtualmente infinito di cloni da un singolo donatore.
Nel caso delle due macache cinesi Zhong Zhong e Hua Hua (la parola Zhonghua significa ‘popolo cinese’) il ‘prelievo’ del nucleo è avvenuto da fibroblasti fetali, anziché da cellule ‘adulte’. Questa scelta è stata fatta perché le cellule fetali sono meno cristallizzate nella loro ‘vocazione’ finale (la loro cromatina è più ‘chiusa’, meno accessibile), anche se vanno comunque riprogrammate, poiché sono differenziate. Le cellule uovo dotate del nuovo nucleo sono state stimolate a svilupparsi come embrioni (utilizzando dei cosiddetti modulatori epigenetici), successivamente trasferiti nell’utero di scimmie madri-surrogate, che hanno appunto dato alla luce le prime due scimmie clonate della storia.
La ricerca è stata pubblicata su
Cell da
Zhen Liu dell’Institute of Neuroscience, CAS Center for Excellence in Brain Science and Intelligence Technology, State Key Laboratory of Neuroscience, CAS Key Laboratory of Primate Neurobiology, Chinese Academy of Sciences, Shanghai (Cina) e colleghi.
Si tratta di un traguardo storico per la scienza che non ha mancato di sollevare una serie di dubbi e polemiche.
Se per
Mu-ming Poo dell’Accademia Cinese delle Scienze questo risultato è una svolta storica per la biomedica, per il cardinale
Elio Sgreccia, portavoce del Vaticano per la bioetica, questo rappresenta ‘una minaccia per il futuro dell’uomo’.
Ne abbiamo parlato con il professor
Giuseppe Novelli, Direttore della U.O.C. Laboratorio di Genetica Medica del Policlinico Universitario di Tor Vergata e rettore della stessa università.
Professor Novelli, secondo gli autori della ricerca, la clonazione dei primati permetterà studiare molte patologie umane, in particolare quelle neurodegenerative (quali Alzheimer, Huntington e Parkinson). Cosa ne pensa?
Sono assolutamente d’accordo. Noi abbiamo bisogno dei primati per studiare le malattie neurologiche e psichiatriche. Gli altri modelli animali non servono a questo scopo. Pensiamo all’Alzheimer o al Parkinson, campi nei quali sono falliti 400 trial clinici; finora non abbiamo individuato alcun biomarcatore genomico. Sono alcuni dei motivi per cui sia la Pfizer che altri hanno abbandonato questo tipo di ricerche.
Secondo altri scienziati questa tecnica consentirà di creare dei modelli di patologie umane utilizzando le scimmie clonate; questo permetterà di studiarle meglio e di trovare nuovi trattamenti. E’ d’accordo?
In Europa e in America lavorare sui primati non è vietato ma è complesso e costoso. Per questo molti ricercatori americani ed europei, compresi i nostri (il gruppo di Tor Vergata che studia la neuro fisiopatologia del sistema nervoso fa esperimenti sui primati in Giappone). Insomma per studiare il cervello è necessario usare una specie animale più vicina a noi, come appunto i primati.
Questi esperimenti sono importanti anche per la terapia genica. Quando dobbiamo sperimentare farmaci o modelli di terapia, farli su una specie animale più vicina a noi, consente di ridurre la sperimentazione sull’uomo e ad esempio di abbreviare i tempi di approvazione di un farmaco di molti anni (oggi in media ci vogliono 15 anni per portare un farmaco dalla scoperta alla farmacia). Oggi lavoriamo introducendo una mutazione umana in un animale, nei topi esattamente. E’ evidente che se questo lo trasportiamo, come dicono anche i colleghi cinesi, su un modello di primati, diventa tutto più valido.
Questo esperimento è davvero un breakthrough scientifico?
Lo è veramente e non solo per la clonazione, ma anche per i modulatori epigenetici, cioè i due fattori che loro hanno utilizzato per modificare la cromatina. Perché fino ad oggi non ha funzionato la clonazione nei primati (che invece ha funzionato bene in una serie di altri mammiferi)? Perché la cromatina, durante lo sviluppo embrionario dei primati è più complessa nella struttura e nell’organizzazione. Loro hanno scoperto che facendo un’iniezione di un RNA, della lisina demetilasi, si riesce ad aprire meglio la cromatina, o meglio a lasciare aperte alcune zone del genoma che sono siti di regolazione di attività genica. E questo induce il differenziamento. Questo è importantissimo perché apre un mondo sulle cellule staminali, sulla medicina rigenerativa. Fa capire come la lisina demetilasi e la tricostatina (un inibitore usato anche dai cinesi) riescano ad indirizzare le cellule in una direzione piuttosto che in un’altra. Se l’epigenetica insomma è il ‘vestito’ che indossano i geni, loro hanno utilizzato un meccanismo per togliere questo vestito o alcune sue parti.
In altri campi la clonazione è già una realtà?
Si lo è. I cavalli da corsa e molte razze bovine sono prodotti per clonazione, ormai di routine. Nei grandi allevamenti americani, ci sono molti cloni di bovini senza corna, ‘prodotti’ con questa caratteristica per evitare incidenti agli allevatori.
Secondo lei qualcuno potrebbe utilizzare questa tecnica per clonare l’uomo? Ritiene che questo possa costituire un pericolo reale?
Quando nella scienza si fa un grande progresso naturalmente ci può sempre essere qualcuno che lo usa male. Mettere dei paletti d’altronde non ha senso; posso bloccare la clonazione in Italia (la legge 40 lo vieta), ma qualcuno può sempre farla altrove. Il punto è un altro. Fare la clonazione degli umani è immotivato da un punto di vista scientifico e anche inutile. A che serve fare uomini tutti uguali? Per molti anni a venire la riproduzione umana continuerà ad avvenire attraverso una cellula uovo fecondata da uno spermatozoo; i figli si continueranno a fare così perché così si aumenta la variabilità genetica, che è importante per l’evoluzione della specie. Ottenere uomini che si riproducono per clonazione non avrebbe senso perché dopo qualche generazione la specie morirebbe; avremmo tutti il DNA uguale e questo porta a morte.
La clonazione umana potrebbe servire per avere ‘materiale’ per i trapianti?
No, non succederà mai, fare un clone di se stesso che impiega anni e anni a crescere, pensando che se un giorno ci si dovesse ammalare, si avrebbe a disposizione un pezzo di ricambio non ha senso. E’ molto più logico pensare che tra qualche decennio con la terapia genica saremo in grado di curare le malattie senza dover ricorrere ai cloni. Forse allora costruiremo gli organi con l’ingegneria genetica in laboratorio. Ma la clonazione umana non si farà mai perché è immotivata e soprattutto inutile. Per tutto il resto ci sono i comitati etici che dettano delle regole e fanno delle verifiche e non solo in Italia, ma anche in Cina.
Quanto costa allestire un laboratorio per condurre esperimenti di questo tipo? Dopo la pubblicazione di questo studio sarebbe alla portata di qualunque gruppo di ricerca?
Questo esperimento da loro ha funzionato perché hanno potuto disporre di un maggior numero di primati e di gameti. Noi non abbiamo questi mezzi. La Cina sta facendo investimenti straordinari sulla ricerca. La scorsa settimana ci è venuto a trovare il rettore dell’Università di Jinan che sta reclutando giovani scienziati europei per andare a fare ricerca da loro, pagando loro tutto, dalla casa, all’asilo per i figli. Il mondo è cambiato. Fino a 10 anni fa andavo in America almeno tre volte l’anno per motivi di ricerca; ora vado in Cina e in oriente.
E’ etico clonare gli animali a scopo di ricerca?
Questo ce lo dobbiamo chiedere. La ricerca fine a se stessa no. Ma se la ricerca è finalizzata ad esempio a trovare una terapia per un bambino con una malattia genetica ancora senza cura, io lo trovo etico.
Maria Rita Montebelli
25 gennaio 2018
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