Bpco. Gap comunicativo tra medico e paziente: 9 malati su 10 nascondono la loro reale condizione di salute
Una mancanza di una comunicazione efficace e bidirezionale che spesso impatta sulle condizioni di salute dei pazienti. È quando emerge da uno studio pubblicato sull’International Journal of Copd condotto su circa mille tra pazienti, medici di famiglia e specialisti in pneumologia) in Italia, Spagna e Germania, con il supporto non condizionato di Menarini e presentato al European Respiratory Society a Milano
11 SET - Vuoi per la difficoltà di ammettere di essere malati, vuoi per una mera differenza di terminologia e linguaggio, in 9 casi su 10, il paziente con Broncopneumopatia Cronica Ostruttutiva (Bpco) non comunica al medico quella che è la sua reale condizione. E così più le forme di Bpco peggiorano, meno i medici sono in grado di percepire il reale disagio per il malato. E le conseguenze ricadono sulla salute di quest’ultimo.
A far luce sulla mancanza di una comunicazione efficace e bidirezionale che spesso impatta sulle condizioni di salute dei pazienti, è uno studio pubblicato sull’
International Journal of Copd (Chronic Obstructive Pulmonary Disease) presentato al Congresso della European Respiratory Society (Ers) 2017 in corso a Milano fino al 13 settembre.
Classificata come la terza causa di morte al mondo entro il 2030, la Bpco secondo le stime dell’Oms colpisce 210 milioni di persone al mondo, e ne causa la morte di circa 3 milioni ogni anno, soprattutto tra gli anziani e i fumatori. Spesso sotto diagnosticata, in tutto il mondo, solitamente progressiva e associata a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare non ha ancora trovato una cura efficace che consenta di ripristinare la funzionalità respiratoria perduta.
La survey è stata condotta su circa 1000 persone (1/3 medici, 1/3 pazienti, 1/3 specialisti in pneumologia) in Italia, Spagna e Germania, con età media dei pazienti 55-64 anni, di cui il 41% donne. Il 38% dei pazienti era fumatore nonostante la malattia e il 28% presentava una forma severa della patologia. Il team di ricercatori ha analizzato il rapporto tra la percezione della patologia da parte del medico di famiglia, paziente con Bpco e pneumologo attraverso questionari specchio, ovvero indagando lo stesso ambito da punti di vista diversi delle tre diverse figure. Realizzata con il supporto non condizionato di Menarini, l’indagine aveva come obiettivo quello di individuare e comprendere, al fine di superarle, le differenti percezioni della patologia.
I dati della survey. Dai dati, elaborati dalla QuintilesIMS, grande società di consulenza per l’Healthcare, emerge che l’11% dei pazienti si dichiara “abbastanza franco” nel rapporto con i medici, ben l’89% “generalmente non franco”, mentre nessuno (lo 0%) dichiara di essere “totalmente franco”. Su cosa non dicono tutta la verità? Ad esempio, potrebbe esserci chi sostiene di aver smesso di fumare ma fuma ancora, chi afferma di svolgere continuativamente gli esercizi prescritti per mantenere attiva la muscolatura respiratoria ma invece soprassiede o, più semplicemente, chi non comunica il suo disagio o le difficoltà che affronta nella vita quotidiana. E la cosa ancora più grave è che questa realtà è molto sottostimata da parte dei professionisti. I medici, infatti, sono molto più ottimisti: il 42% di quelli di medicina generale ritiene che i pazienti siano abbastanza franchi, il 53% ritiene che generalmente non lo siano e il 5% che siano totalmente franchi. Tra gli pneumologi la percentuale è rispettivamente del 49%, del 50% e dell’1%. Questo è indice di una verosimile mancanza di comunicazione efficace tra il medico ed il paziente.
Di fatto, tra medici di medicina generale, specialisti e pazienti, cambia la percezione dei problemi e delle ricadute sulla qualità della vita, in particolare con l’aggravarsi dei sintomi. Finché le forme di Bpco sono moderate o lievi, sostanzialmente la percezione del disagio vissuto nelle attività di vita quotidiana, lavorativa e relazionale, è ritenuta dal paziente “abbastanza impattante” e risulta allineata alla percezione del medico. Ma più le forme di Bpco peggiorano, meno i medici sono in grado di percepire il reale disagio per il malato. E le conseguenze ricadono sulla salute di quest’ultimo.
“Il gap comunicativo ha delle conseguenze dirette sulla salute del paziente – spiega
Bartolome Celli, professore di Medicina presso la Harvard Medical School di Boston e autore principale dello studio – se non c’è una comunicazione aperta tra le due figure, non ci si può davvero capire e non si possono attuare tutte quelle ‘contromisure’ necessarie per un maggior controllo della patologia. Su questo aspetto è importante lavorare per promuovere un dialogo aperto, al fine di migliorare le cure e permettere sia al paziente di affrontare meglio la sua quotidiana battaglia con la Bpco, sia alle figure sanitarie di fare il massimo per comprendere ed aiutare i pazienti”.
Del team di ricerca hanno fatto parte anche
Francesco Blasi dell’Università Statale Ca’ Granda di Milano,
Mina Gaga, Presidente Ees,
Dave Singh dell’Università di Manchester, Claus Vogelmeier della Philipps-Universität di Marburg e
Alvar Agustí dell’Università di Barcellona.
“Menarini, dopo una lunga e positiva esperienza italiana in ambito respiratorio, è diventata in poco tempo una solida realtà internazionale nella lotta alla Bpco – commenta
Lorenzo Melani, Direttore Medico Corporate del Gruppo Menarini – con questo progetto, Menarini vuole offrire un valore aggiunto al rapporto tra medico e paziente, nell’ottica di aiutare entrambi ad avere una comunicazione onesta e di qualità, così come profondamente insito nella nostra filosofia aziendale”.
11 settembre 2017
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci