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Ribociclib: una nuova concreta speranza per le donne con tumore della mammella ormono-sensibile

di Maria Rita Montebelli

E' un inibitore delle chinasi 4 e 6 ciclina-dipendenti (CDK4/6), testato in associazione con il letrozolo nel MONALEESA-2, su 668 donne in post-menopausa con tumore della mammella HR-positivo/HER2-negativo, recidivato o metastatico. Ha prolungato del 44% la sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS), rispetto al trattamento con il solo letrozolo, lo standard di terapia attuale. Lo studio è pubblicato sul New England Journal of Medicine.

03 NOV - L’acronimo è un chiaro omaggio al genio di Leonardo e alle donne. Ma il trial MONALEESA-2 (Mammary Oncology Assessment of LEE011’s (Ribociclib) Efficacy and Safety) è decisamente molto più di questo per le donne affette da un tumore della mammella ormono-responsivo in fase avanzata.

Questo studio di fase III ha coinvolto 668 donne in post-menopausa con tumore della mammella con recettori ormonali (HR-positivo), HER2-negativo recidivato o metastatico, non trattate in precedenza con terapia sistemica. L’arruolamento è avvenuto presso 223 centri in 29 Paesi (anche l’Italia vi ha preso parte). Le pazienti sono state randomizzate al trattamento con compresse di ribociclib (600 mg al giorno per 3 settimane consecutive e una di sospensione, per cicli di 28 giorni. Nel corso dello studio era consentito ridurne la dose per far fronte agli eventi avversi) e di letrozolo (2,5 mg al dì) oppure al trattamento con letrozolo più placebo.
 
L’endpoint principale dello studio era la sopravvivenza senza progressione di malattia (PFS); gli endpoint secondari erano la sopravvivenza complessiva (OS), il tasso di risposta globale (ORR) e la safety.
Il gruppo trattato con ribociclib + letrozolo ha presentato un PFS superiore del 44% rispetto alle pazienti trattate con solo letrozolo. A distanza di 18 mesi  il tasso di PFS era del 63% nel gruppo ribociclib contro il 42,2% del gruppo di controllo, mentre la ORR era rispettivamente del 52,7% e del 37,1%.

Lo scotto più pesante da pagare è stato quello della mielosoppressione; il tasso di neutropenia  ha raggiunto infatti il 59,3% nel gruppo ribociclib (contro lo 0,9% del gruppo di controllo) e quello della leucopenia il 21% (contro lo 0,6% dei controlli). Tuttavia solo il 7,5% delle pazienti ha dovuto interrompere sia ribociclib che letrozolo per la comparsa di eventi avversi. Nella maggior parte dei casi è stato possibile gestirli riducendo il dosaggio dei farmaci o interrompendone temporaneamente la somministrazione.
 
“Questo studio – sottolinea il primo autore, il professor Gabriel Hortobagyi del MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas (USA) – dimostra senza ombra di dubbio la superiorità dell’associazione ribociclib-letrozolo rispetto al solo letrozolo. Questi risultati rappresentano un propria di principio che suggerisce un cambio di paradigma nel trattamento del tumore della mammella ormono-sensibile in fase avanzata”.
 
“Ritengo che i risultati di questo studio – ha commentato il professor Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – siano molto importanti perché ora per le pazienti con tumore della mammella HR-positivo metastatico abbiamo a disposizione un nuovo farmaco, il ribociclib, un inibitore di CDK4/6 che si va ad aggiungere al palpociclib (già approvato dall’FDA) e all’abemaciclib (ancora in sviluppo). Sarebbe auspicabile nei prossimi studi sul ribociclib, esaminare l’uso di biomarcatori tumorali per individuare meglio le pazienti con maggiori possibilità di risposta all’associazione. ”
 
Tre tumori della mammella su 4 esprimono recettori per gli estrogeni o per il progesterone (HR positivi); per questo tra le donne in menopausa con carcinoma della mammella in fase avanzata HR-positivo e senza espressione dei recettori per l’epidermal growth factor 2 (HER-2 negativo), lo standard di terapia attuale prevede la somministrazione di inibitori delle aromatasi in prima linea di trattamento. Purtroppo, la maggior parte delle pazienti sviluppa prima o poi resistenza al trattamento ormonale e questo richiede il passaggio a terapie anti-ormonali alternative.
Per questo motivo, sono in corso diverse linee di ricerca volte a scoprire nuove molecole in grado di prolungare o di ripristinare la risposta alle terapie ormonali.
 
Molto interessante al riguardo è la nuova classe degli inibitori delle chinasi 4 e 6 ciclina-dipendenti (CDK4/6). Le CDK4/6 formano un complesso con la ciclina D1 (un target trascrizionale diretto della via di segnale estrogeno-recettore), regolando in questo modo il ciclo cellulare.
I tumori HR-positivi spesso presentano iper-espressione di CDK4/6 e un’amplificazione del gene CCND1 che codifica per la ciclina D1, due elementi che rivestono un ruolo chiave nella resistenza alla terapia ormonale.
 
Per questo, l’inibizione di CDK4/6 rappresenta un’importante strategia terapeutica nei tumori della mammella HR-positivi in fase avanzata sia in prima linea, che nelle forme che hanno mostrato progressione durante terapia ormonale.
Il ribociclib è un inibitore del CDK4/6 in formulazione orale, capace di bloccare la progressione del ciclo cellulare nella fase G1, esercitando così la sua azione anti-tumorale.
 
Maria Rita Montebelli

03 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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